Riforma della filiera agricola, edilizia residenziale, abolizione dei decreti sicurezza: le proposte della piazza di Aboubakar Soumahoro uniscono braccianti agricoli e rider metropolitani. Ma qualcuno li ascolta?
“È un nome di fantasia, ma la mia storia è vera.” Gli Stati popolari, guidati dal sindacalista della USB Aboubakar Soumahoro, iniziano così in un’assolata piazza San Giovanni, con le testimonianze dei braccianti, dei lavoratori dello spettacolo, passando dagli operai della vertenza Whirlpool all’emergenza abitativa. Poi i rider, immigrati di seconda generazione, precari della scuola e di Alitalia. “Questa non è una piazza di contrapposizione ma di proposizione – dice Soumahoro – una piazza che vuole mandare un messaggio di condivisione, che vuole rispondere alle ingiustizie e alle disuguaglianze”. Una piazza trasversale, insomma, in cui parlano molte realtà diverse, che si considerano invisibili.
Invisibili come le lavoratrici del call center dell’Inps, considerate durante la pandemia come lavoratrici essenziali, e quindi costrette a lavorare gomito a gomito in grossi uffici senza un impianto di areazione decente. “Il distanziamento sociale non era un nostro diritto” dice una loro rappresentante dal palco. Il governo non ha riconosciuto le loro esigenze, e inoltre “il nostro è un ambiente in cui dobbiamo scegliere se lavorare o avere una famiglia, perché non possiamo fare entrambi.” Solo nel 2019 sono state 37 mila le donne in Italia che sono state costrette a lasciare il posto di lavoro perché diventate madri, secondo gli ultimi dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
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Nelle campagne del foggiano invece, “dove non manca il cibo, ma mancano i diritti” dicono dal palco, la sanatoria per i braccianti agricoli è stata un fallimento. Servono i documenti per regolarizzare il lavoro, perché altrimenti i braccianti sono costretti a lavorare in nero, a non avere una residenza, e di conseguenza non riescono ad avere accesso alle cure di base. Il filo sottile unisce tutti sotto il sole di San Giovanni: “Vogliamo essere liberi di lavorare, di essere felici – dicono – siamo stanchi di essere imprigionati nella trappola dell’assistenzialismo.”
La richiesta di maggiori diritti e tutele unisce, ancora una volta, i braccianti agricoli alle lotte cittadine dei rider. “Quando siamo in bici siamo tutti uguali” dice Tommaso Falchi, rappresentante del sindacato Riders Union di Bologna. “Siamo anche noi braccianti, ma metropolitani.” Pagati a cottimo 3 euro l’ora, senza assicurazione, senza malattie e senza nessun tipo di indennità. Falchi si trova in questa piazza perché pensa sia importante stare con altre realtà. “Il lockdown ha reso evidente la necessità di un movimento unico che possa catalizzare istanza diverse in un’unica voce.”
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Aboubakar Soumahoro ascolta tutti gli interventi seduto in un angolo del palco e, quando sono terminati, si alza e fa il suo discorso. Ormai è quasi sera, ma quando inizia a parlare la piazza si rianima, come se non fosse stata fiaccata dal caldo.
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“Abbiamo cercato di essere noi stessi, ma come possiamo esserlo se dentro di noi cova lo spirito dell’avidità, dell’egocentrismo e dell’individualismo? Dobbiamo uscire da questa condizione di invisibilità.” Parafrasando Camus, “non abbiamo tempo per essere noi stessi, ma abbiamo il tempo per essere felici. Quella di oggi è una piazza politica e abbiamo delle proposte da fare. Per questo abbiamo invitato la classe politica.” Poi annuncia il manifesto degli stati popolari per giustizia, libertà e felicità.
- Emergenza lavoro.
- Piano nazionale di edilizia popolare e per l’emergenza abitativa.
- Riforma della filiera alimentare.
- Un piano per l’ambiente, perché “non c’è giustizia sociale, senza giustizia ambientale”.
- Abolizione dei decreti sicurezza, e in generale una riforma delle politiche dell’accoglienza.
Ma che politica sta ascoltando? Agli stati popolari è presente Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna di Bonaccini ed ex europarlamentare. Parlando del futuro di questa piazza pensa che “starà alle persone che l’hanno animata e organizzata, a partire da Aboubakar, mandarla avanti”. Questa crisi sta aumentando le disuguaglianze che già c’erano, ma sta creando anche dei nuovi bisogni. Per questo, dice Schlein, “è con gli occhi puntati a questa piazza che bisogna capire come fare le prossime scelte, che saranno cruciali, soprattutto quelle sulle risorse che arriveranno dall’Europa.”
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