Rogoredo è lo specchio di Milano
Quartiere di passaggio per eccellenza, Rogoredo è il luogo perfetto per osservare le disparità sociali della città: dall’emarginazione del “boschetto” della droga alle speculazioni immobiliari in vista delle Olimpiadi invernali
Quartiere di passaggio per eccellenza, Rogoredo è il luogo perfetto per osservare le disparità sociali della città: dall’emarginazione del “boschetto” della droga alle speculazioni immobiliari in vista delle Olimpiadi invernali
Nella prima puntata della serie Netflix Curon la protagonista Daria (Margherita Morchio) dice al suo gemello Mauro (Federico Russo) che sente talmente tanta nostalgia di Milano che le manca persino Rogoredo. In un episodio successivo, in piena crisi vede il proprio futuro a drogarsi nel “boschetto.” Se chiedessimo a un abitante di Milano cosa pensi di Rogoredo, la risposta molto probabilmente includerebbe le parole “brutta zona,” “boschetto,” “droga.” La realtà, tuttavia, è più sfaccettata e forse anche più crudele.
Rogoredo è anzitutto una soglia urbana. Con un occhio guarda alla provincia e con l’altro alla metropoli. Come molte soglie, quindi, è una zona di interscambio frenetico: da Rogoredo, infatti, ogni minuto transitano corse della linea gialla (M3) dirette a Duomo e in Centrale, partono treni nazionali e regionali, bus che connettono migliaia di lavoratori al centro, pullman con tratte peninsulari, taxi.
Il quartiere si trova a sud-est di Milano, ma nella narrazione mediatica è banalizzato e, trovandosi fisicamente al margine, non riesce a smarcarsi dall’etichetta di “luogo della morte,” il cui simbolo è il famoso boschetto. Bonificato e rinato in loop, sempre brutalmente e fatalmente frequentato. A guardare più in profondità, si scopre un luogo in cui — droga compresa — è possibile vedere nitidamente la convivenza delle disparità della nostra società. Costruito di fatto su due strade (via Rogoredo e via del Futurismo), il quartiere rappresenta, in pochi metri quadri, il mondo.
Il suo “tratto somatico” più evidente è il movimento. Quello dei militari che girano tutto il giorno sulle loro camionette; quello dei passanti (studenti e lavoratori) che transitano sui marciapiedi per prendere bus, treni o metropolitane; e quello dei senzatetto che sono per lo più persone che trovano rifugio nelle droghe a cielo aperto che circolano nel boschetto. Bevono acqua dai tubi incustoditi all’interno della metropolitana di fronte allo sguardo schifato o impaurito della gente. Molti hanno cani sedati da compagnia e pochi chili sulle ossa. Ho ben in mente un ragazzo che vedo da sette anni, sempre con un cane: aveva i capelli ricci, tanta pancia e un sorriso contagioso; avrà più o meno la mia età (27) e gli è rimasto solo il cane.
Ci sono poi quelli che chiedono l’elemosina: un’anziana che si inginocchia sulla banchina della metropolitana quasi tutti i giorni e tre uomini che da almeno cinque anni stazionano negli stessi posti. Uno è accanto all’ingresso dell’M3, l’altro vicino al Bar Tabacchi Rogoredo, l’altro ancora lungo via Monte Cengio. Queste persone sono ormai parte integrante dell’urbanistica di Rogoredo. Appoggiate ai muri, salutano e dispensano sorrisi in cambio di una moneta. Poi ci sono gli ambulanti all’ingresso della metropolitana: quello saltuario con gli hot dog e quelli fissi con scarpe, vestiti e accessori vari.
Si possono quindi individuare tre macro-anime economiche all’interno del quartiere, con le rispettive eccezioni, che stonano con la narrazione più in voga: quella meno abbiente abita la zona vecchia di Rogoredo, tra l’omonima via costeggiata dal raccordo Autostrada del Sole e il centro sportivo ex Redaelli. È composta principalmente da anziani milanesi che vivono lì da sempre, famiglie del sud arrivate fino a vent’anni fa, famiglie straniere arrivate dalla fine degli anni Novanta. Qui troviamo anche la Coop, la chiesa, quindi l’oratorio e la scuola primaria. A dominare l’urbanistica ci sono le case popolari con i muri scorticati e numerose piccole attività che si rincorrono sulle vie. Sono frequentate dalle stesse persone che si danno il cambio tra bar, farmacie, trattorie, dentisti, edicole, ferramenta, ristoranti, pizzerie, panifici, pasticcerie, kebab, rosticcerie, biciclettai, calzolai, sartorie, fiorai, market 24h, centri scommesse e giocattolai.
L’anima economicamente benestante, invece, abita più distaccata nell’adiacente Santa Giulia, non a caso definito come quartiere a sé stante, che cresce di fianco a via del Futurismo. Santa Giulia è stato il primo quartiere certificato LEED Neighborhood in Italia con palazzi moderni e relativi spazi verdi. Nei primi giorni post lockdown, poi, l’ho scoperto anche luogo capace di aggregare molte persone tra il pub Carpe Diem e la birreria 09 Cafe Nuova Milano. C’è, infine, l’anima ricca che oggi è rappresentata da Sky. Il colosso fondato da Murdoch ha scelto Rogoredo dal 2003 (quando è nata Sky Italia) come sede principale, essendo stato tra l’altro il primo quartiere cablato in fibra ottica di Milano. Situata tra via Monte Penice e via Luigi Russolo, la sede di Sky da un paio di anni svetta anche con un secondo palazzo contemporaneo (Building 3): di fatto c’è un mini-quartiere di Sky che ospita migliaia di dipendenti.
Tutte queste anime convergono nel rimodernato largo Redaelli antistante all’ingresso della metropolitana: un ampio punto di transito che sorge tra i palazzi di Sky e incrocia via Luigi Russolo (la prosecuzione di via del Futurismo) con via Rogoredo. Quel punto è tecnicamente un “non luogo”. Il neologismo coniato dall’antropologo Marc Augé negli anni Novanta descrive principalmente posti marginalizzati dove molte persone di estrazione sociale differente convergono senza realmente incontrarsi. Ovvero: aeroporti, autostrade, stazioni, ma anche centri commerciali e fast food.
Lì, se vi fermaste alle 8 del mattino in un normale giorno feriale d’autunno, notereste un gran via vai di persone che si sfiorano senza mai toccarsi. Hanno vestiti ed età molto differenti: c’è chi ha valigie con computer, chi ha zaini o sacche per andare a scuola, chi trascina trolley per partire, e c’è chi stringe borsoni che contengono tutta la vita. Guardando la stazione: a destra si dirigeranno i lavoratori di Sky, al centro convergerà chi utilizzerà i mezzi, a sinistra i senzatetto cammineranno sotto a un ponte fino a raggiungere il famoso boschetto. Il tutto di fronte al corpo militare che presiede la zona e che fisicamente rappresenta lo Stato.
Accanto a Sky, inoltre, sta sorgendo un vero business district, grazie alla joint venture tra il gigante australiano LendLease e l’italiana Risanamento, che rimpiazzerà il vuoto lasciato da Montedison alla fine degli anni Ottanta. Le due aziende, infatti, stanno costruendo i due complessi ipertecnologici “Spark One” e “Spark Two” che occuperanno un’area di 52 mila metri quadri: la maggior parte sarà occupata da Saipem (si presume entro il 2021), la società fondata da Enrico Mattei che opera nell’intero globo prestando servizi per il settore petrolifero. La sede italiana di San Donato (comune vicino a Rogoredo) porterà con sé oltre 2500 dipendenti provenienti da tutto il mondo.
Sempre adiacente a questo spazio, nei mesi di febbraio e di marzo del 2026 si disputeranno i XXV Giochi olimpici invernali e i XIV Giochi paralimpici. È prevista proprio a Rogoredo la costruzione del Pala-Italia, un’arena da 15 mila posti progettata e realizzata sempre da Risanamento e Lendlease con la Ogv Europe Limited. Il completamento previsto entro il 2024 potrebbe slittare di un anno a causa del Covid-19 che ha rallentato anche i lavori di costruzione dello Spark One.
Il progetto di riqualificazione denominato Montecity-Rogoredo insieme agli analoghi progetti previsti per Milano-Cortina 2026 (ex scali ferroviari di Porta Romana e Lampugnano) rientrano a loro volta nel più ampio Piano di Governo del Territorio (PGT) “Milano 2030” firmato nel marzo del 2019. L’obiettivo madre sarà quello di avvicinare il centro alle periferie con una visione più sostenibile e a portata d’uomo. Una necessità che il Covid-19 ha evidenziato in maniera ineluttabile, quando le zone periferiche e le piccole cittadine intorno a esse si sono dovute “riscoprire” sole.
La mission è quella di creare porte ultramoderne verso il centro che sappiano garantire l’equità sociale attraverso l’implementazione e la sburocratizzazione riguardante l’Edilizia Residenziale Sociale (ERS) e l’edilizia convenzionata. Lo stesso PGT evidenzia, tuttavia, come l’incremento degli affitti sociali per una Milano più equa sia un nodo debole e che si raggiungerà l’esito sperato solo “quanto più coraggiosamente l’edilizia popolare viene considerata dal punto di vista normativo come un vero e proprio servizio e l’edilizia sociale (solo se in affitto calmierato) promossa e facilitata agendo sulle leve fiscali” (pag. 69).
La costruzione del nuovo business-district di Rogoredo, però, appare remare contro questa logica del PGT, strizzando gli occhi ai soggetti più facoltosi piuttosto che alle famiglie e agli individui meno abbienti che già abitano il quartiere o potrebbero abitarlo.
Ed è a suo modo emblematico di questa tendenza QUI, il progetto fotografico di Francesco Jodice con la direzione artistica di Sky Arte e ArtsFor. Le foto che si susseguono lungo il perimetro del cantiere Spark One sono gli scorci di Rogoredo-Santa Giulia con i volti dei suoi abitanti. La mostra-filamento rappresenta un paesaggio umano e urbano in continuo mutamento composto da ragazzi che vanno a scuola, lavoratori, famiglie, edifici in costruzione e l’area del boschetto ripresa anonimamente dall’alto. Mancano, tuttavia, la rappresentazione degli anziani (a parte un signore ben vestito) e dei clochard che sono tra le fisicità più tangibili del quartiere.
Non è quindi un caso che sia stato lanciato, come contraltare, il bando “Abitare il bordo” per architetti under 33, da parte di Confcooperative Habitat e Fs Sistemi urbani, con il patrocinio del Comune e dell’Ordine degli architetti per la quinta edizione del concorso “AAA architetticercasi”.
Alessandro Maggioni, promotore del concorso, ha spiegato così al Corriere della Sera il concept del concorso e la scelta dei sei vincitori: “La spinta innovativa di questi giovani architetti è il vero patrimonio da tutelare. Il loro pensiero collettivo fa da controcanto agli annunci roboanti delle archistar, urli solitari nel vuoto. In Italia sarà importante recuperare l’umiltà, la misura e la consapevolezza delle proprie competenze espresse dalle idee di questi giovani.”
E sarà in questa cruciale “lotta” tra archistar e senso della misura che il futuro di Rogoredo — e di molte zone soglia (o bordo) di Milano — si svilupperà a favore o a discapito dell’equità sociale. Un’equità che, oggi, a Rogoredo appare molto lontana.
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