Semplificare le regole sugli appalti è un regalo alle mafie
Le attività delle organizzazioni criminali in Italia sono in crescita, e guardano agli appalti pubblici come terzo polo d’affari, dopo il traffico di droga e armi
Le attività delle organizzazioni criminali in Italia sono in crescita, e guardano agli appalti pubblici come terzo polo d’affari, dopo il traffico di droga e armi
Semplificare o regalare? Il Decreto Semplificazioni ormai è in dirittura d’arrivo, e la maggioranza sta discutendo sugli ultimi dettagli del contenuto. Questi dettagli però sono tutt’altro che trascurabili. In particolare, il Pd sembra essere scettico sull’opportunità di “snellire” la procedure dell’assegnazione degli appalti. “Per semplificare, le leggi si possono migliorare, non sospendere o abrogare,” ha detto il capogruppo Pd alla Camera Delrio.
Alleggerire troppo il codice degli appalti, infatti, significherebbe preparare un vero e proprio regalo all’articolata criminalità organizzata italiana. Lo scorso gennaio, nell’ultima relazione semestrale presentata dalla DIA al Parlamento — qui il pdf completo — veniva infatti spiegato molto chiaramente che le attività delle organizzazioni criminali sono in crescita e guardano agli appalti pubblici come terzo polo d’affari, dopo il traffico di droga e di armi. Insomma: se esiste un codice per gli appalti, un motivo c’è, e non è mettere i bastoni tra le ruote agli imprenditori onesti.
Ieri Conte ha incontrato Zingaretti in un vertice durato un’ora. Il vertice è servito a ribadire la “piena convergenza” tra i due sui contenuti generali del decreto, ma resta ancora da risolversi il nodo principale — appunto, se e come semplificare le procedure di assegnazione degli appalti. Conte ha provato a fare da mediatore tra le posizioni dei due fronti, proponendo l’affidamento diretto per gli appalti fino a 150 mila euro ma un’articolazione della trattativa ristretta per quelli superiori, fino a 5,2 milioni. Il decreto era atteso per oggi, ma vista la distanza tra le parti del governo slitterà quasi certamente a settimana prossima.
“Non possiamo applicare il principio per cui in Italia non facciamo o facciamo lentamente per paura di infiltrazioni mafiose e episodi di illegalità. È un atteggiamento che non è accettabile. Dobbiamo rafforzare i presìdi e dobbiamo correre,” ha detto Conte durante un punto stampa improvvisato a passeggio per via del Corso a Roma. Sono affermazioni quantomeno discutibili, sia per il contenuto che per la forma con cui sono state pronunciate.
Anche l’Autorità nazionale anticorruzione ha avvertito il governo del rischio di applicare indiscriminatamente il “modello Genova”: “Ben vengano tutte le semplificazioni per aiutare amministrazioni e imprese, ma non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio; al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione, i responsabili del procedimento e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa,” ha detto ieri alla Camera il presidente Francesco Merloni, presentando la relazione annuale sull’attività svolta nel 2019. I dati presentati da Merloni — che certificano una crescita record del valore degli appalti nel 2019 — sono molto importanti perché smontano sia le dichiarazioni di Conte che la voglia di liberalizzazione in generale, dimostrando che il Codice degli appalti non blocca i cantieri. Gli interessi di chi spinge per meno regole sull’assegnazione dei lavori, si può dedurre, evidentemente sono altri.
Se non fossimo ormai abituati a non doverci stupire più di nulla, sarebbe sorprendente constatare che la forza di governo che più preme per fare un sostanziale regalo a mafie e imprenditori “audaci” sia il Movimento 5 stelle, che ha fatto dell’onestà e della virtù morale i propri punti ideologici, che gli hanno permesso di risultare il primo partito italiano alle elezioni del 2018. Che anche questa voglia di liberalizzare gli appalti sia uno strascico nostalgico della mai superata rottura con la Lega salviniana?
La liberalizzazione delle norme sugli appalti, infatti, è da sempre un chiodo fisso della destra in Italia — chissà perché. Pochi giorni fa Salvini ha definito il Codice degli appalti “una boiata che rallenta lo sviluppo del paese.” Il governo giallo-verde, presieduto dallo stesso Conte, aveva già dato una spallata notevole alle regole sugli appalti con il decreto “Sblocca cantieri,” che ha innalzato gli importi per gli affidamenti sotto-soglia e sospeso fino al 31 dicembre 2020 alcune norme del Codice.
Di certo, il dibattito sul codice arriva in un momento di grande confusione all’interno del Movimento 5 Stelle — ammesso che ci siano stati momenti, nell’ultima legislatura, in cui il movimento non sia stato in grande confusione. Al Senato è in corso un certo viavai di senatori che potrebbero mettere in crisi la maggioranza, già risicata dopo gli ultimi fuoriusciti del Movimento 5 Stelle. A sparigliare le carte è arrivato Silvio Berlusconi, che due giorni fa si è detto pronto a “verificare una maggioranza diversa” in cui ritagliare un posto anche per Forza Italia. Forse non ci sono ancora le condizioni per una crisi di governo — ma senza dubbio, molte forze parlamentari sono attualmente favorevoli a fare un grosso regalo alla criminalità organizzata.
in copertina, foto via Facebook