Commissariare la sanità in Lombardia: perché no?

Dall’hashtag #CommissariateLaLombardia a una petizione su Change.org, la richiesta non è più soltanto fantapolitica: ne abbiamo parlato con una delle attiviste di Milano 2030, da cui è partita l’iniziativa.

Commissariare la sanità in Lombardia: perché no?

Dall’hashtag #CommissariateLaLombardia a una petizione su Change.org, la richiesta non è più soltanto fantapolitica: ne abbiamo parlato con una delle attiviste di Milano 2030, da cui è partita l’iniziativa.

Nel corso degli ultimi quindici anni non sono mancate le occasioni per mettere in discussione il sistema sanitario lombardo — come quando l’ex presidente Formigoni è andato in carcere per vicende legate a scandali di corruzione nella sanità. La cattiva gestione dell’emergenza Covid-19 da parte della giunta Fontana, però, è stata così clamorosa e grave che la discussione sta tornando a venire affrontata sul serio. Tra la sconcertante delibera dell’8 marzo che chiedeva alle case di riposo di accogliere pazienti positivi al virus e la gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo, la proposta di togliere le leve della sanità dalle mani della giunta regionale non è più fantapolitica, ma viene avanzata da sempre più cittadini.

– Leggi anche: Nella gestione dell’emergenza la Lombardia continua a sbagliare tutto

Ma cosa si intende di preciso con “commissariare”? Nella Costituzione italiana, all’articolo 120, si legge:

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso […] di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Ciò significa che il governo ha il potere di sostituirsi alle giunte regionali in situazioni di particolare gravità. Ieri, mentre Gallera tornava in diretta con la propria “conferenza stampa,” su Twitter è diventato trending topic l’hashtag #CommissariateLaLombardia, una campagna che ha come bersagli principali proprio l’assessore al Welfare e il suo presidente Attilio Fontana. Nelle ultime settimane, i due hanno sfruttato la crisi a fini mediatici e politici, rendendosi protagonisti di uno scontro fortissimo con il governo centrale e diventando tra i volti politici più noti nel paese.

Questo protagonismo, tuttavia, ha portato anche a un contraccolpo: nelle scorse settimane sono stati numerosissimi gli scandali della gestione lombarda della crisi, mentre i responsabili cercavano passaggi quotidiani in tv. L’hashtag non è stata l’unica manifestazione di sdegno verso l’operato della giunta: sta crescendo, in queste ore, una petizione su Change.org che chiede a sua volta il commissariamento della sanità lombarda — e quindi, non di tutta l’amministrazione regionale.

La petizione è stata organizzata e promossa da Milano 2030, “una rete di associazioni, partiti e movimenti politici della sinistra milanese che, nonostante le differenze, le divisioni e i punti di vista non sempre coincidenti, hanno scelto di provare a lavorare insieme su alcuni temi e progetti.”

“Non siamo in consiglio regionale, ma siamo cittadini pensanti,” spiega Elena Comelli, un’attivista tra gli animatori di Milano 2030. L’abbiamo raggiunta al telefono per capire meglio in cosa consiste la campagna. “Per prima cosa abbiamo scritto una lettera aperta ai consiglieri di opposizione, che incontreremo nei prossimi giorni. Il nostro orizzonte iniziale era milanese, ma stare zitti davanti a quello che sta succedendo in questi giorni è semplicemente impossibile.”

Perché la sanità lombarda dovrebbe essere commissariata? “Il lavoro nasce dal confronto quotidiano con medici, esperti e operatori della sanità che stanno vivendo e analizzando sui dati quello che succede. Bisogna mettere insieme quello che sta accadendo oggi — come i fatti nelle Rsa o all’ospedale di Alzano — con tutto quello che in Lombardia è successo negli anni: a partire dalla famosa riforma della sanità che toglie centralità al medico di base, l’indebolimento di medicina del lavoro e della sanità privata a scapito di quella pubblica. Sono scelte precise che hanno caratterizzato le politiche di regione Lombardia negli ultimi 20-30 anni e che oggi portano al disastro che stiamo vivendo.”

Commissariamento, però, significa la nomina dall’alto di un commissario, piuttosto che una revisione del sistema attraverso un processo elettorale. Perché scegliere proprio questa modalità per la sanità lombarda? “La scelta non è stata quella di chiedere le dimissioni perché in questo momento sarebbe scellerato restare senza governo regionale,” fa notare Comelli, “e fa parte di una ritualità politica che non ci interessa. Chiediamo che venga applicato quello che la Costituzione prevede all’articolo 120, ovvero la possibilità di commissariare una funzione specifica nel caso non funzioni.”

Come funzionerebbe in concreto il commissariamento? “Ci stiamo lavorando: stiamo coinvolgendo un gruppo di giuristi e avvocati per capire come si articolerebbe, lavorando anche per costruire il sostegno giuridico a questa azione. Non basta lanciare una petizione su Change. Così come per la parte sanitaria stiamo lavorando con compagni che sono medici e operatori, per la parte giuridica stiamo portando avanti lo stesso percorso. Gli esempi non mancano: lo scorso anno il governo ha stabilito un commissariamento di 18 mesi per la sanità calabrese.”

È evidente che il commissariamento di una regione dovrebbe essere solo il primo passo verso una revisione più profonda del funzionamento del sistema regionale italiano, di cui l’emergenza Covid-19 ha mostrato tutti i difetti e le fragilità. “L’auspicio è che su scala nazionale si smetta di parlare di regionalismo differenziato, che l’epidemia ha dimostrato non avere nessun senso,” conclude Comelli. “Il modello lombardo è un modello su cui la destra che ha governato la regione ha costruito la propria impronta politica; noi siamo convinti che questo modello sia fallimentare e che oggi sia evidente. Ci auguriamo un ritorno alla centralità del ruolo del pubblico e la ricostruzione della medicina territoriale: ad esempio dando più peso ai medici di base, che — non per colpa loro — in questa emergenza lombarda sono stati tra chi ha potuto contribuire meno, a differenza di quanto accaduto in altre regioni come l’Emilia-Romagna.”

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