in copertina, foto via Flickr
Abbiamo fatto una chiacchierata via Skype con Simone Sproccati e Iacopo Sinigaglia, due produttori giovani e promettenti che ci hanno dato qualche dritta raccontandoci come portano avanti il loro lavoro anche durante la quarantena.
Di come questo isolamento stia impattando anche sul mondo dell’intrattenimento e in particolare della musica ne abbiamo già ampiamente discusso. Ma come si fa a produrre musica a distanza? Registrare è molto difficile. Altrettanto complicato è realizzare dei live decenti, per via delle distanze che spesso rendono i collegamenti problematici. Invece si può tranquillamente mixare e comporre e in molti si sono già adattati a questa situazione continuando a lavorare più o meno con la stessa facilità di prima.
L’isolamento forzato potrebbe essere inoltre una buona occasione per stimolare la propria creatività e comporre nuova musica. Oggi tra l’altro è sempre più facile raggiungere standard elevati lanciando canzoni in classifica direttamente dalla propria cameretta, ma l’aiuto di professionisti è ancora un valore aggiunto fondamentale. Ne abbiamo parlato con Simone Sproccati e Iacopo Sinigaglia, due giovani produttori.
Spoiler: sono quasi tutti trucchi un po’ nerd e da addetti ai lavori, ma provare a rubare qualche segreto non può che far bene.
Allora ragazzi, voi seguite tutta la filiera produttiva che va dall’arrangiamento alla registrazione per poi passare a mix e master. Sono tante cose, ognuna con livelli di difficoltà diversi da affrontare a distanza, come avete approcciato questo periodo?
Iacopo: Io di base come ho capito che la situazione si stava evolvendo in questo modo ho iniziato ad attrezzarmi. Fondamentalmente per tutto ciò che è un aspetto un po’ più tecnico come post-produzione, mix e altro non cambia molto l’approccio. Il cosiddetto mix in the box — senza cioè l’ausilio di hardware esterni ma fondamentalmente solo con computer e scheda audio — ormai è una pratica più che diffusa, anzi è quasi la norma. Quantomeno per me. Difficile invece sopperire alla fase di registrazione. Lì l’hardware la fa ancora da padrone. Si può invece ragionare su come interfacciarsi e lavorare a distanza nella fase di composizione e pre-produzione.
Simone: Concordo, io poi personalmente amo approcciare il lavoro, soprattutto di post produzione e mix in solitudine, incontrando gli artisti poi in una fase già avviata del lavoro. Quello che trovo più difficile è proprio la parte compositiva perché la distanza dilata i tempi, toglie l’empatia e quel mood che si instaura in sala di registrazione mettendo banalmente insieme le mani sul pianoforte.
Ok, parliamo quindi di quali “trucchi” state usando.
Iacopo: Una cosa che ho trovato funzionare abbastanza bene al momento è condividere lo schermo del mio computer con l’artista e affidarmi a un plugin che si chiama Audiomoovers. Questo plugin, che è a pagamento ma con un prezzo assolutamente abbordabile, funziona con quasi tutte le principali Digital Audio Workstation e permette di generare un link che riproduce in tempo (quasi) reale il canale audio sul quale il plugin è caricato. Io banalmente lo metto sul master in modo da far ascoltare in diretta, con una minima latenza, il mix. Ovviamente con la qualità audio non compromessa da compressioni.
Esiste invece la possibilità di lavorare in qualche modo in Cloud?
Simone: Che io sappia con Pro Tools è possibile avviare progetti collaborativi che sono alloggiati in cloud. Non è però un vero e proprio modo per collaborare in diretta. Ogni volta che chiudi il programma, questo si aggiorna sul cloud ed è pronto per essere aperto dall’altra persona. Insomma è un po’ un Dropbox evoluto.
Iacopo: Ne parlavo proprio ieri. La mia esigenza è quella di lavorare in tempo reale sullo stesso progetto con una persona che ovviamente non è fisicamente con me. La cosa sembrerebbe essere impossibile, o quasi. Esiste un programma che si chiama ohm-Studio che ti permette di lavorare in tempo reale e legge anche Vst — plugin musicali — di terze parti. Ne esiste uno anche della Microsoft che si chiama Musiclab ma sul quale non puoi caricare nulla di esterno. Questo della Ohm Force l’ho provato e in effetti funziona bene. Quando mi sposto all’interno del progetto anche chi è dall’altra parte si sposta. Ovvio è che se suono un plugin che l’altra persona non ha sulla sua macchina, non sentirà quel suono. Necessita quindi che i due sistemi siano piuttosto allineati come strumentazione software.
Ovviamente in questo periodo tutti si stanno lanciando nei live e nelle dirette. C’è un modo per poter suonare a distanza senza che la latenza — il ritardo — renda tutto impossibile?
Simone: Il discorso delle dirette online è ancora una chimera. Soprattutto se penso che mezzo secondo di latenza a oggi è già un risultato ottimo, ma per chi suona è un ostacolo insormontabile da gestire. Quanto meno non con le tecnologie di utilizzo comune e con i limiti che la banda larga continua ad avere. Basta un nodo che perde segnale che il risultato finale viene influenzato. Anche solo pochi millisecondi di ritardo influiscono su una performance.
Iacopo: Che io sappia a oggi esistono due programmi che offrono questa possibilità: JamTaba2 e NINJAM, che è un plugin per Reaper. Forse questi programmi permettono di jammare senza latenza ma in tutta onestà non li ho mai provati veramente. Sono strumenti che permettono di fare qualcosa di professionale, ma ovviamente non consentono di registrare veramente una session a distanza con una buona qualità.
Se vuoi ti dico anche questa, l’anno scorso il Conservatorio di Milano ha lavorato a un progetto che si chiama Intermusic con dei fondi europei proprio per studiare questa cosa, e cioè riuscire a mettere insieme due orchestre in parti diverse del mondo e farle suonare contemporaneamente. Loro però usavano la rete GARR — un’infrastruttura basata sull’utilizzo della fibra ottica che collega università, biblioteche, scuole, musei. Sembra ci siano riusciti.
Chiudo con la domanda meno nerd. All’inizio mi avete parlato di quanto la fase di mix ormai non sia più un problema gestirla da remoto, sempre più spesso infatti si mixa in digitale, potenzialmente da qualsiasi luogo. Ma è proprio così o c’è ancora una gap tra analogico e digitale?
Simone: Guarda sarò sincero, per me non c’è proprio alternativa. Solo ed esclusivamente mix in the box. Negli anni mi sono completamente convertito. A oggi il livello dei plugin virtuali è tale da rendere il mix analogico un vezzo. Si ottiene sicuramente qualcosa di diverso ma non è detto che sia meglio o peggio. È diverso. Ma il rapporto qualità/prezzo/comodità oggi è completamente sbilanciato.
Iacopo: Sì concordo pienamente con Simone, poi ovviamente l’hardware ha la sua importanza, ad esempio negli ascolti. Come dicevo prima in fase di cattura del suono, microfoni, preamplificatori, negli strumenti. Però per la fase di mix il digitale è a oggi la soluzione migliore.
Iacopo Sinigaglia è un produttore e sound engineer. Ha lavorato al disco “Scudetto” di Galeffi, al disco “Zama” dei Mòn e all’album “EX VOTO” di AIELLO. Fra i progetti a cui sta lavorando attualmente c’è il secondo disco di AIELLO e il quinto disco di Alessandro Mannarino. È autore e compositore per Sugar.
Simone Sproccati è produttore di numerosi progetti indipendenti (Zibba, I Segreti, Meli) ma anche sound engineer per dischi di successo, tra cui “Playlist” di Salmo. Da sempre a Milano, collabora all’interno degli studi di Michele Canova e dello studio mobile Red Bull. È inoltre attivo come musicista (Coma Cose e Officina Della Camomilla).