Per Bernie Sanders ormai la missione è quasi impossibile
Malgrado una campagna elettorale disastrosa, Biden ha ormai la nomination in tasca. Ma cosa è successo a Sanders, che fino a due settimane fa era dato per favorito?
Malgrado una campagna elettorale disastrosa, Biden ha ormai la nomination in tasca. Ma cosa è successo a Sanders, che fino a due settimane fa era dato per favorito?
Joe Biden ha vinto le primarie in Idaho, Michigan, Mississippi, e Missouri. Mentre scriviamo è ancora in corso lo spoglio nello stato di Washington e in North Dakota, dove Sanders è in vantaggio. La vittoria di Biden in Michigan è particolarmente dura per Sanders: il senatore del Vermont aveva strappato lo stato a Clinton nelle scorse primarie, e non solo sperava di ripetere l’exploit — ma sul risultato in Michigan dipendeva grande parte della retorica per la nomination di Sanders: che fosse l’unico candidato in grado di recuperare i voti dell’elettorato che i democratici hanno perso nella “rust belt.”
Le vittorie di Biden continuano ad avere una chiara matrice: sono figlie della mobilitazione degli elettori moderati del 2018, spesso benestanti, che vivono fuori dalle aree metropolitane. Per Sanders la vittoria non è ancora matematicamente impossibile, ma ha ormai pochissime possibilità di riconquistare il ruolo di favorito. Celebrando la propria vittoria, Biden ha teso la mano a Sanders — e soprattutto ai suoi sostenitori — dicendo che “sconfiggeranno insieme Donald Trump.” Biden ha continuato il discorso promettendo di “ricostruire il ceto medio.” I sostenitori di Biden stanno chiedendo con clamore a Sanders di ritirarsi, in modo da porre effettivamente fine alle primarie. Tulsi Gabbard non si è ancora ritirata, anche se non è riuscita a raccogliere consensi nemmeno ora che il numero di candidati si è drasticamente ristretto.
Perché Biden sta vincendo
Secondo Jonathan Chait la performance deludente di Sanders si spiega facilmente: i numeri non supportano la tesi che ci sia una “maggioranza nascosta,” almeno non all’interno dell’elettorato mobilitato dal partito democratico, pronta a un candidato più radicale. Il problema di Hillary Clinton non era essere troppo moderata, era la diffusa misoginia nell’elettorato statunitense, e il suo essere genuinamente impopolare. Per quanto Biden sia un candidato debole, per lo meno non è detestato da larga parte dell’elettorato.
È possibile spiegare seccamente la cattiva performance di Clinton con la misoginia? Probabilmente sì — ma il problema è più complesso, e nello specifico si riassume in una domanda: come mai negli Stati Uniti non c’è un partito di centrosinistra di ispirazione socialdemocratica?
Il “liberalismo” democratico costituisce nel mondo una effettiva unicità, e anche dove sono state proposte soluzioni ad esso allineato — in Europa, ad esempio — non hanno mai esaurito lo “spazio politico” di partiti di ispirazione più chiaramente progressista. Una spiegazione, per questa unicità, c’è: esattamente come il partito democratico è sostanzialmente unico nel proprio posizionamento politico, così lo è il partito repubblicano, assurdamente radicale per essere un partito maggioritario nel contesto del bipolarismo. Il peso a destra del partito repubblicano trascina la finestra di Overton in modo drastico nel dibattito politico statunitense, soffocando lo spazio a sinistra, e lasciando il partito democratico in un posizionamento politico peculiare, effettivamente come unico partito progressista di centrodestra al mondo.
Perché Sanders sta perdendo
È difficile non vedere Biden come un miracolato: l’ex vicepresidente ha condotto una campagna elettorale fallimentare, che da candidato favorito l’aveva fatto schiantare nei sondaggi, mentre il dibattito pubblico principale attorno alla sua figura era se fosse abbastanza lucido per il lavoro che voleva svolgere. Ryan Grim presenta critiche più specifiche al comitato elettorale di Sanders, colpevole in particolare di essersi giocato male il South Carolina, da dove è scaturita la scintilla della resurrezione di Biden, preferendo concentrarsi sul Massachusetts, dove sperava di sconfiggere Warren nel suo stesso stato. Un altro fattore del risultato deludente di Sanders è indubbiamente la mancanza di un afflusso di voti da parte degli elettori di Warren. La senatrice del Massachusetts non solo non ha mai dato il proprio endorsement al candidato socialista, ma ha passato gran parte della propria prima intervista attaccandolo. Oggi, sembra che una parte sostanziale dei suoi elettori abbia preferito Biden a Sanders.
Eppure Sanders era dato come il candidato più forte
Ovviamente i repubblicani sono solo contenti della situazione in cui si trova il Partito democratico. Durante la campagna elettorale, Trump aveva dichiarato a modo suo di preferire una corsa contro Sanders rispetto a una contro Biden. L’establishment democratico ha indicato la supposta “ineleggibilità” di Sanders come uno dei motivi principi per scegliere l’ex vicepresidente come candidato alla Casa bianca. Le cose però non stanno necessariamente così: anzi, diversi sondaggi e proiezioni indicavano Sanders come il miglior candidato per sconfiggere l’estrema destra trumpiana. Speriamo che a novembre le cose siano cambiate.