Nelle donne di origine afroamericana il rischio di cancro al seno legato all’uso di tinte per i capelli cresce del 45% rispetto a una donna bianca, del 60% se l’utilizzo è molto frequente.
Schiarirsi o tingersi i capelli è spesso vista come una decisione divertente, ragionata ma relativamente presa alla leggera, che riguarda unicamente l’ambito dell’estetica e non quello della salute. Tuttavia per tantissime donne l’uso di prodotti schiarenti o liscianti per capelli non è un divertimento, ma il frutto di una vera e propria imposizione sociale che pretende da parte loro un aspetto diverso nel contesto sociale in cui si trovano — che si tratti di capelli ricci considerati “ineleganti,” o capelli bianchi inaccettabili per i giovani.
Negli ultimi tempi però sono molte le persone che, tingendosi i capelli in modo sistematico, si chiedono se ci siano dei risvolti negativi per la salute. E c’è anche chi, pur di non rischiare, decide di ritornare al proprio colore naturale. La preoccupazione più diffusa è logica: tutte queste sostanze che ci mettiamo sulla testa sono cancerogene?
In alcuni casi, ad esempio per le persone bianche o per chi ha i capelli castano chiari, i motivi di preoccupazione non sono in realtà fortissimi — nella quotidianità di chi si tinge i capelli la sostanza chimica più pericolosa contenuta nelle loro formulazioni è l’ammoniaca, che può danneggiare il cuoio capelluto più fragile. Ma c’è anche chi, come Emma Marrone, dopo aver superato un cancro ha deciso di rinunciare a tingersi i capelli per non correre più alcun rischio.
Visitando il sito di Airc è infatti possibile notare come alcune sostanze presenti nelle tinture siano classificate come cancerogene. Queste sostanze però risultano veramente pericolose solo se utilizzate ad alte concentrazioni e per un periodo di tempo prolungato. Di fatto quindi dovrebbero preoccupare solo i professionisti — parrucchieri e operai — che, maneggiando i colori, sono più esposti alle sostanze. Ma allora perché il Guardian titola un suo approfondimento sulle tinture per capelli “There should be clear warnings?” — ci dovrebbero essere degli avvisi ben chiari? I dati che il quotidiano inglese rivela riguardano in realtà le donne di origine africana, perché le tinte ingegnerizzate per i loro capelli sembrano contenere degli agenti chimici più pericolosi: usarne con regolarità una di tipo permanente alza i rischi di cancro al seno del 45%, e più la si usa più si rischia. Se il consumo è continuo e frequente (ogni cinque/otto settimane), il rischio può salire al 60%. La ricerca citata dal Guardian, pubblicata in origine sull’International Journal of Cancer, si concentra sui prodotti chimici rivolti a capelli di bambini e afroamericani (per lo più tinture e liscianti) e mostra gli effetti che questi hanno su clienti e parrucchiere. I risultati mostrano che per chi si sottopone al trattamento non sono rare alopecia e vesciche, mentre chi mescola e applica le creme può accusare una sensazione di stordimento e di difficoltà a respirare.
Secondo il Silent Springs Institute, un’organizzazione no-profit statunitense, nell’80% dei 18 prodotti testati (scelti in base a sondaggi dei consumatori) ci sono agenti chimici che alterano il funzionamento del sistema endocrino, con rischi legati a cancro, asma, infertilità e obesità. L’apparato ormonale regola infatti la riproduzione, il metabolismo, il sonno e lo sviluppo dei tessuti, e se danneggiato può causare disturbi anche gravi a livello neurologico e di sviluppo, oltre che nella stessa riproduzione. Allora perché continuare a tingersi i capelli? Intanto bisogna dire che se si usano i prodotti indicati per bianchi, il pericolo è molto minore. Lo stesso pezzo del Guardian evidenzia un rischio molto basso legato all’uso di prodotti cosiddetti “normali.” Ma non è detto che gli utenti sappiano cosa stiano usando: l’84% degli agenti chimici rinvenuti, che possono essere anche 5 mila e includere carcinogeni noti come la formaldeide, non sono elencati sull’etichetta. E spesso se si ha carnagione scura e i capelli crespi non ci sono molte scelte. “Le donne afroamericane si lisciano per inserirsi: nessuna che porti le treccine lavora nelle aziende,” racconta una delle parrucchiere intervistate del Guardian. Una donna afroamericana su tre diagnosticata con il tumore al seno muore – il 40% in più rispetto alle donne bianche.
Da questo punto di vista l’Unione Europea è un passo avanti rispetto agli USA, qualunque sia il colore della pelle e dei capelli. Infatti se negli Stati Uniti i prodotti chimici vietati nei prodotti di bellezza sono 11, nell’Unione Europea sono oltre 1300.
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Sensibilizzare le persone rispetto ai prodotti che utilizzano per i propri capelli non significa mettere in discussione il modello di bellezza, non in un momento in cui le donne sembrano beneficiare di piccole giustificazioni da “donne in carriera.” Continuiamo a strappare, tirare e sbiancare i capelli. Il colore è sbagliato, la consistenza è sbagliata. Tutto deve essere biondo, oleato ma non oleoso, pulito ma non secco. Il discorso vale per le tinture per capelli come per gli sbiancanti della pelle che spopolano in India, Corea del Sud e in tutto il sud-est asiatico, oltre ai Paesi con alta immigrazione asiatica come il Canada. Il messaggio è: se l’aspetto è la prima cosa che si vede, sarà meglio che tu appaia omologata a un’immagine di donna occidentale bianca. Se hai i “nappies” sei ancora collegata a un mondo socialmente e culturalmente inferiore, figurati se puoi avere un posto lavorativo di rilievo. Guai ad avere anche i capelli grigi: se vuoi continuare a lavorare o avere una vita sessuale e non sei una influencer di vent’anni, non te li puoi proprio permettere. Dopotutto non esiste ancora qualcosa che la società faccia fatica a chiedere alle donne: basta essere belle, belle sempre, tutte uniche e tutte uguali.