in copertina, elaborazione da foto via Facebook
Sarebbe una grande idea se l’intero centrosinistra non si arenasse su ogni capriccio di Renzi, e parlasse di qualcosa che riguarda le persone del mondo reale.
Se oggi avete avuto la sfortuna di aprire i giornali potreste aver letto la notizia di Zingaretti che dichiara, riferendosi ai parlamentari di Italia Viva: “Dicevano di essere moderati: sono diventati estremisti.” Il segretario del Partito democratico, però, purtroppo non parlava di diritti dei lavoratori, ma di prescrizione.
Un breve riepilogo: con la riforma Bonafede, entrata in vigore lo scorso 1 gennaio, nei procedimenti penali la prescrizione si blocca infatti dopo il primo grado di giudizio. Il Pd ha proposto però un emendamento che introdurrebbe alcune sospensioni dei blocchi della prescrizione nei tre gradi di giudizio. La critica alla riforma si basa sul fatto che in Italia i processi siano già molto lunghi, e che questa riforma potrebbe rendere ancora meno prevedibile il loro percorso. Italia Viva è sostanzialmente contraria a entrambe le soluzioni, sia alla riforma del ministro della Giustizia Bonafede, sia all’emendamento proposto dal Pd.
La discussione su questo argomento, per quanto legittima, è diventata però rapidamente ipertrofica — letteralmente l’unica questione politica di cui si discute al governo. Da settimane infatti, mentre faticosamente si portava avanti il Milleproroghe, e il ministro della Salute Roberto Speranza incassava l’interesse morboso del Paese sul nuovo coronavirus, l’azione politica dell’esecutivo è rimasta paralizzata di fronte al veto posto dagli scissionisti del Partito democratico guidati da Matteo Renzi. Un veto durissimo, per il quale Italia Viva è effettivamente disposta a spezzare la maggioranza di governo, arrivando a minacciare di sfiduciare Bonafede.
Ma quanto è seria la minaccia di Renzi? Tra tutte le battaglie possibili da scegliere per far schiantare il governo Conte bis, è difficile immaginarne una meno popolare. Non perché sbagliata, o ingiusta ma perché riguarda la vita di una strettissima minoranza di persone. Se l’obiettivo è aprire una crisi di governo a tutti i costi, quale elettorato sarebbe attratto dal partito che ha fatto cadere il governo sulla prescrizione?
Una lettura dei fatti velenosa potrebbe vedere nel polverone sollevato da Italia Viva una trovata pubblicitaria per La mossa del cavallo, che purtroppo è il nuovo libro di Matteo Renzi che esce a fine mese, e che purtroppo parlerà di come l’eroico condottiero fuggiasco dal Pd è riuscito a sconfiggere Salvini.
Nella eNews di ieri Renzi scriveva, ci permettiamo di dire, minacciosamente:
“Manca poco ormai. Manca veramente poco. ‘La Mossa del Cavallo’ è in arrivo. E spero che possa far discutere. Mi piacerebbe tanto che si entrasse nel merito delle cose che scriverò. Anche perché alcune — lo so — faranno molta polemica.”
Speriamo che gli orizzonti politici di Renzi si allarghino presto oltre la polemica, verso il fare cose. Sulla prescrizione Renzi si è giocato tutto, cercando di presentare la propria come una battaglia di civiltà, al punto da estendere un paragone che definiremmo forzato con la pena di morte. Sempre dalla eNews di ieri:
“Ve la faccio breve: il 59% si dice favorevole alla cancellazione della prescrizione. E tutto sommato ci sta, pensando al taglio giustizialista che funziona molto meglio del taglio riflessivo (se chiedete chi è favorevole alla pena di morte, in Italia, resterete sorpresi, altro che civiltà giuridica). Qual è il punto interessante, però? Che solo il 5% dichiara di conoscere l’argomento di cui si sta parlando. Lì sta la tragedia e la commedia del nostro dibattito. Chiunque si esprime, anche e soprattutto su cose che non conosce. Non ne faccio una colpa, sia chiaro: la prescrizione è un tema molto tecnico, oggettivamente difficile. Ma chi si aggrappa ai sondaggi – senza rendersi conto che, nel merito, solo il 5% sa di cosa stiamo parlando — fa pensare.” (enfasi nostra)
Presentare la battaglia della prescrizione come una battaglia di civiltà — anche contro il “popolo ignorante” — è una pesante deformazione dei fatti: la riforma avviata dallo scorso governo e che questo governo dovrebbe portare a casa, infatti, si limita ad allineare la disciplina della prescrizione agli altri Paesi europei. Questa è una cosa che per ovvie ragioni non sentirete dire dal Movimento 5 Stelle, ma è così: in Francia, Germania e Spagna la prescrizione è interrotta da specifici atti di istruzione o di azione giudiziaria, secondo i locali codici penali. Quello che è vero è che in Italia i processi sono già decisamente più lunghi rispetto alla media europea — ma questo vuol dire che servono investimenti e riforme del settore della giustizia, non che la riforma sulla prescrizione sia necessariamente sbagliata.
L’impatto, per altro, è relativamente contenuto, al contrario di quanto si vorrebbe far pensare: in Italia si definiscono circa un milione di processi all’anno, e di questi per prescrizione sono circa 126 mila (dati 2017). Ma di questi 126 mila casi, meno di 29 mila sono interessati dalla riforma, avvenendo dopo il primo grado. In sostanza, secondo questi dati — i più recenti — la riforma influisce in totale su meno del 3% dei processi.
Il problema, ovviamente, non è solo Renzi. Il problema resta il vuoto ideologico strutturale del Partito democratico, incapace di dettare l’agenda politica anche all’interno di un governo in cui è l’unica forza con una base elettorale comunque solida, e che ha qualche possibilità di ottenere qualcosa da un eventuale ritorno alle urne, vista la picchiata del M5S e le percentuali minime degli altri membri della coalizione. Dopo il successo elettorale in Emilia–Romagna e con il futuro delle sardine ancora tutto da chiarire, il Partito avrebbe bisogno di un calendario fitto di proposteche idealmente parlino a una parte vasta della popolazione dei temi su cui un partito di centrosinistra può lavorare per erodere il consenso delle destre — lavoro, politiche per la casa, questioni di genere. Solo così il partito — e il centrosinistra italiano — possono sperare di avere un futuro che vada oltre il mantenere con le palpitazioni una regione in cui si era abituati a vincere con percentuali schiaccianti.
Essere stati capaci di fare quadrato sul lodo Conte con M5S e Leu dopo l’abbandono da parte di Italia Viva all’ultimo vertice di maggioranza è stato un passo avanti importante per il partito, che è però ancora evidentemente impantanato nella gestione del rapporto con Renzi. Non si può pretendere che l’elettorato aspetti paziente mentre si consuma il lento divorzio del centrosinistra: invece, Zingaretti sembra intenzionato a continuare a tenere i piedi sul tavolo.
Segui Alessandro su Twitter