L’arresto di Nicoletta Dosio è una vergogna, ma non per lei
Hello, World — È stata arrestata ieri sera a Bussoleno (in Val Susa) l’attivista No Tav Nicoletta Dosio, 73 anni, condannata in via definitiva a un anno di reclusione per una protesta del 2012 a un casello.
in copertina, foto via Twitter
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È stata arrestata ieri sera a Bussoleno (in Val Susa) l’attivista No Tav Nicoletta Dosio, 73 anni, condannata in via definitiva a un anno di reclusione per una protesta del 2012 a un casello (“violenza privata, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e imbrattamento” sono i reati contestati). Per ostacolarne l’arresto, gli attivisti No Tav e i cittadini di Bussoleno sono scesi in strada e hanno bloccato per quasi due ore l’auto dei carabinieri che la stava portando via. (il Fatto Quotidiano)
Foto via Facebook.
Guarda il video dell’arresto, tra le grida di “vergogna” dei presenti, pubblicato sulla pagina Facebook Notavinfo Notav.
Nicoletta Dosio era tra i 12 attivisti condannati dalla Corte d’Appello di Torino a ottobre 2018, per un ammontare complessivo di 18 anni di reclusione. Per cosa? Per aver svolto una dimostrazione al casello di Avigliana sull’autostrada Torino-Bardonecchia, facendo passare gli automobilisti senza pedaggio con lo slogan “oggi paga Monti.” Il danno economico per la società autostradale è stato di 770 euro. (Corriere della Sera Torino, 18/10/2018)
A novembre, Dosio aveva lasciato scadere i termini per chiedere misure alternative alla detenzione. “L’ho fatto perché, dopo tre gradi di giudizio che ribadiscono la criminalizzazione contro il Movimento, chiedere le misure alternative voleva dire chiedere scusa e adeguarsi al verdetto. Noi non abbiamo fatto nulla che non andava fatto. Abbiamo fatto il nostro dovere. È chiaro che il futuro non è una gita di piacere, però il timore del carcere è molto minore della gioia e della rabbia.” (Radio Onda d’Urto, qui l’audio con l’intervento di Dosio in conferenza stampa)
Intervistata dal manifesto, ribadiva di non essere intimorita dalla prospettiva del carcere e di averla ormai interiorizzata. Alla domanda più semplice (“perché fare questo a 73 anni?”) rispondeva così: “Voglio cercare di mettere il dito nella piaga, e ancora una volta dare visibilità a questa ingiustizia che perseguita chi lotta per il diritto di tutti. Questo mio gesto è contro i sepolcri imbiancati: per mettere in luce questo e riportare l’attenzione pubblica, che mi pare si stia adattando, agli orrori nei confronti di chi lotta, io andrò in carcere.” (il manifesto)
La notizia che l’arresto fosse imminente si è diffusa in mattinata, con la revoca della sospensiva di carcerazione, sancita dalla procura di Torino a novembre. A parte quella del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, non risultano al momento dichiarazioni di solidarietà nei suoi confronti da parte di personalità politiche di alto livello. (Fanpage / Twitter)
L’arresto di Nicoletta Dosio è solo l’ultimo atto di una lunga storia di repressione e accanimento giudiziario contro il movimento No Tav, equiparato dalla Procura di Torino addirittura a un gruppo terrorista, fino a una sentenza della Cassazione che nel 2017 ha fatto definitivamente cadere questa accusa. Da allora sono state numerose le condanne che si sono susseguite ai danni degli attivisti: Dosio era anche tra i 16 condannati in primo grado a un totale di 30 di carcere, sempre a ottobre 2018, per gli scontri del 28 giugno 2015 a Chiomonte. (il Fatto Quotidiano / il manifesto)
E si trova in carcere da settembre Luca Abbà, altro volto storico del movimento, condannato a un anno di “semilibertà” per fatti risalenti a dieci anni fa, peraltro non legati alla lotta No Tav. Il suo legale aveva chiesto la messa in prova ai servizi sociali o, in alternativa, i domiciliari, ma la richiesta è stata respinta. (Giap)
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Mondo
I governi iracheno, russo, siriano e iraniano hanno criticato l’operazione statunitense contro le basi delle brigate Kata’ib Hezbollah. Secondo il primo ministro pro tempore Adel Abdul Mahdi gli attacchi su suolo iracheno potrebbero avere “pericolose” conseguenze, e costringere il paese a riconsiderare il proprio allineamento con la coalizione statunitense contro lo Stato Islamico. Il portavoce del governo iraniano Abbas Mousavi ha dichiarato che i bombardamenti rivelano come gli Stati Uniti “rivelino il supporto statunitense al terrorismo,” sottolineando il ruolo delle brigate nella lotta contro lo Stato Islamico. (Al Jazeera)
Abu Mahdi Al-Muhandes, il numero due delle Forze di Mobilitazione Popolare, la coalizione di milizie paramilitari figlia della guerra civile irachena, ha giurato che ci sarà una “dura risposta” contro l’operazione statunitense. Un altro gruppo paramilitare, Asa’ib Ahl al-Haq, ha dichiarato che l’azione militare segna la necessità del ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq: “La presenza militare americana è diventata un peso per lo stato iracheno, e costituisce una minaccia contro le nostre forze.” (Al–Araby Al–Jadeed)
Al–Shabab ha rivendicato l’attentato di sabato a Mogadiscio, che è costato la vita ad almeno 90 persone. Ma secondo l’intelligence somala l’attacco sarebbe stato pianificato da “un paese straniero,” non meglio specificato. Al–Shabab, che spesso rivendica attentati senza fornire prove del proprio coinvolgimento, potrebbe non aver agito da solo, o non essere del tutto responsabile di questo attacco. (Reuters / Twitter)
Tutto quello che vi serve sapere sulla destra statunitense: le conclusioni che i repubblicani hanno tratto dalla sparatoria che ha lasciato tre morti in una chiesa del Texas non è che si tratti di una tragedia perché sono morte delle persone, ma che due anni fa in Texas hanno fatto bene a votare una legge che permetteva di portare armi nei luoghi di culto, così i fedeli “si sono potuti difendere.” (the Washington Post)
Carlos Ghosn si è dato alla macchia: l’ex ad di Nissan e Renault ha annunciato di essere scappato in Libano, mesi prima che il suo processo iniziasse, per non essere “tenuto in ostaggio” dal sistema giudiziario giapponese. Non è tuttora chiaro come Ghosn sia riuscito a lasciare il paese, forse sotto falso nome e su un jet privato, ipotizza la tv giapponese NHK. L’imprenditore è accusato di aver nascosto fonti di reddito e di essersi arricchito grazie a pagamenti ricevuti da concessionarie mediorientali. (France 24)
Nella notte tra domenica e lunedì due uomini hanno vandalizzato il cimitero ebraico della cittadina tedesca di Geilenkirchen, rovesciando più di 40 lapidi e facendo graffiti. Episodi e aggressioni antisemite sono sempre più frequenti in Germania: secondo dati della polizia ci sarebbe stato un aumento di almeno il 20% rispetto al 2017. (DW)
Il commissario europeo per il commercio, l’irlandese Phil Hogan, ha attaccato pesantemente la decisione di Boris Johnson di rendere illegale l’estensione della fase di transizione oltre la fine del 2020. Secondo Hogan si tratta di uno “trovata propagandistica.” Il commissario ha sottolineato che finora l’elettorato britannico non è stato ben informato sulle conseguenze ormai imminenti della Brexit, ma riguardo all’estensione della fase di transizione non si è detto molto preoccupato, ricordando che, a parole, Johnson era stato duramente contro anche la scorsa estensione per l’approvazione della Brexit, per poi fare esattamente quello che aveva più volte giurato non avrebbe mai fatto. (the Independent)
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Crisi climatica
La situazione in Australia continua a peggiorare: sono attivi più di 100 incendi, più di metà ancora non sotto controllo. A Cobargo, un paesino nel New South Wales, ci sono stati due morti, e c’è un terzo disperso. Continua la diretta del Guardian.
A Mallacoota i fuochi, filtrati dalle polveri sollevate nell’aria, hanno inghiottito la cittadina in un cielo arancione e rosso scuro. (The Age)
Foto via Instagram
Italia
Un grosso incendio è divampato all’interno del cantiere per il nuovo ponte di Genova, avvolgendo la pila 13 della nuova struttura. Fortunatamente non ci sono feriti, e la situazione sembra tornata sotto controllo. (la Repubblica Genova)
L’Istat ha pubblicato ieri il tradizionale annuario statistico, che contiene una “fotografia” in numeri dell’anno appena trascorso (e, in realtà, anche dei precedenti). Tra i dati più importanti:
- La popolazione continua a diminuire, per la combinazione tra la denatalità e il saldo migratorio con l’estero, sempre positivo ma in calo. Contemporaneamente torna ad alzarsi la speranza di vita, rendendo l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo: ogni 100 persone con meno di 15 anni, ci sono 173,1 persone con 65 anni o più.
- I delitti denunciati sono complessivamente in diminuzione, ma aumentano le denunce per violenze sessuali e frodi informatiche. Cresce il numero dei detenuti, con un indice di affollamento pari a 117,9.
- Dopo nove anni, i salari tornano timidamente a salire (+1,5% nel 2018). Le famiglie in condizione di povertà assoluta sono 1 milione e 822 mila (il 7%), per un totale di oltre 5 milioni di individui poveri.
(Istat, qui una sintesi in pdf)
“Dopo questo mio intenso coinvolgimento, non vedo un futuro senza politica.” Con un’intervista pubblicata ieri su Repubblica (dietro paywall) Giuseppe Conte ha confermato che non ci libereremo così facilmente di lui non intende ritirarsi a vita privata dopo l’esperienza di questo governo, anche se non si sbilancia su cosa farà esattamente: “Qualsiasi contributo mi troverò a dare sarà comunque in linea con la mia inclinazione che sabato ho esplicitato: sono un costruttore, non sono divisivo.” (HuffPost)
Gif di Staatsloterij.
Il senatore Mario Giarrusso è tra i “dissidenti” del M5S più esplicitamente critici nei confronti di Luigi Di Maio. In questa intervista al Corriere della Sera spiega di aver smesso di versare parte della propria indennità al partito per pagarsi varie spese legali, che a quanto pare il Movimento 5 Stelle non copre, e dice senza mezzi termini che Di Maio dovrebbe lasciare: “È lui il responsabile di tutto.”
Chi invece ha lasciato è l’ex ministro Fioramonti, che passa dal M5S al gruppo misto. Su Facebook spiega le ragioni di questa scelta: “Il Movimento 5 Stelle mi ha deluso molto. So che esiste un senso di delusione profondo, più diffuso di quanto si voglia far credere. È come se quei valori di trasparenza, democrazia interna e vocazione ambientalista che ne hanno animato la nascita si fossero persi nella pura amministrazione, sempre più verticistica, dello status quo.” (ANSA / Facebook)
Ci sono cinque indagati per la valanga che ha causato la morte di tre persone su una pista da sci in Val Senales, sabato scorso. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo e disastro colposo. (ANSA)
Milano
A pochi giorni dal guasto alla rete elettrica in Porta Garibaldi, anche ieri è stata una mattinata difficile per i pendolari da e per Milano: due diversi guasti hanno causato la cancellazione di oltre 70 corse, mentre circa 150 treni hanno viaggiato con ritardi fino a 60 minuti. (Corriere della Sera Milano)
Cult
Da Redacta, un’inchiesta condotta da un’associazione di freelance, emerge un quadro di sfruttamento generalizzato nel settore dell’editoria libraria: paghe orarie bassissime, ritardi nei pagamenti, contratti irregolari o assenti. “La passione cede terreno all’opportunismo, all’omertà e all’egoismo, che avvelenano le relazioni fra lavoratori. Tanti stanno pensando a un modo per cambiare vita,” spiegano gli autori dell’inchiesta su Lavoro Culturale.
Chiariamo questa cosa una volta per tutte: sta veramente finendo il decennio, o bisogna considerare il 2020 ancora come parte degli anni Dieci? La faccenda è più complicata di quello che sembra. (il Post)
È morto a 62 anni Vaughan Oliver, il designer responsabile di alcune delle copertine di album più visionarie della storia della musica contemporanea: da Doolittle e Surfer Rosa dei Pixies a Treasure dei Cocteau Twins. (the Guardian)
Internet
Protonmail, il servizio di posta elettronica che offre la possibilità di criptare le proprie conversazioni senza troppi mal di testa, ha lanciato un servizio di calendario, ma anche lui criptato, e ha annunciato che è sta sviluppando un’alternativa a Google Drive. (Inverse)
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Gif via Giphy
Hello, World! si prende una pausa per brindare alla fine del mondo imminente festeggiare l’arrivo del 2020. Ci vediamo giovedì 2 gennaio! ?