Edulcorare gli elementi più forti e viscerali di Torino priva Microchip Temporale, la riedizione dello storico album dei Subsonica, di un’anima indispensabile.
Il 22 novembre è uscito Microchip Temporale, il nuovo disco dei Subsonica che celebra il ventennale di quello che è senza dubbio il loro miglior lavoro: Microchip Emozionale.
In questi vent’anni, come il buon vino, Microchip Emozionale è migliorato. Ma soprattutto è un album che, nonostante l’enorme successo riscosso — quando uscì collezionò un disco di platino e un tour di oltre 150 date sparse per l’Italia —, negli ultimi anni se possibile ha saputo convincere definitivamente il pubblico, consacrandosi come uno degli album italiani più importanti della sua epoca e rivelandosi un’opera attuale e tuttora stimolante per i giovani e gli artisti.
Questa riedizione, a cui collaborano nomi noti della scena musicale contemporanea — Coma Cose & Mamakass, Achille Lauro, Willie Peyote, Nitro, Elisa, Motta, Lo Stato Sociale, Coez, Cosmo, Ensi, Fast Animals and Slow Kids, M¥SS KETA, Gemitaiz — è però un’operazione che sta a metà tra la nostalgia e la voglia di strizzare l’occhio ai nuovi trend.
Ma andiamo con calma
I primi a mettersi in gioco nel disco sono proprio i Subsonica, che rielaborano quasi completamente le canzoni, risuonandole. Ascoltandolo salta all’orecchio un elemento fortissimo, nelle nuove versioni dei brani quello che emerge infatti è una veste decisamente più live. I nuovi arrangiamenti, le batterie, le melodie della voce, tutto è mutuato da questi ultimi vent’anni in cui Microchip Emozionale ha percorso in lungo e in largo l’Italia in centinaia di live. Come dire, visto che è impossibile rimaneggiare un album che ancora oggi suona moderno — ovviamente i suoni sono “vecchi,” ma le idee e la capacità espressiva rimangono indubbiamente all’avanguardia — allora diamo al pubblico quello che in questi anni siamo riusciti a fare meglio: i live.
È un’idea condivisibile. Il rischio più grande però se lo sono presi gli artisti che hanno deciso di accettare l’invito. E l’ansia da prestazione si nota.
Non voglio passare per fanboy, lo sono stato, ma i Subsonica sono Torino. Microchip Emozionale è Torino. E Torino non è un abito facile da indossare, non sta bene su tutti. Quel disco trasudava elementi così forti, così viscerali — quasi sporchi — che edulcorare tutto ciò priva il nuovo album di un’anima indispensabile. Certo c’è la musica, innovativa e rivoluzionaria per l’epoca, la commistione di generi oggi più che mai attuale. Ma in quel disco c’erano i Murazzi, il dolore della morte, l’eroina e un mondo che non esiste più ma che vive in un album che è stato bandiera di un periodo storico importante, quantomeno per chi l’ha vissuto.
Per questo a farsi male sono più che altro gli artisti che prendono parte al progetto. Prendete Fausto Zanardelli dei Coma Cose che in “Aurora sogna” stecca: i giochi di parole che caratterizzano il suo stile qui sono deboli e l’artista per lo più si appoggia alla canzone. O Motta, che è un autore bravissimo, ma pecca di interpretazione in “Tutti i miei sbagli.” La nuova versione proprio nuova non è, poiché praticamente identica a quella presente in Terrestre live e varie altre disfunzioni. Serviva una verve più personale per aggiungere qualcosa di nuovo a quello che è il brano più famoso dei Subsonica. Paradossalmente ne esce bene Achille Lauro (“Il mio D.J.”) che grazie al suo distacco è talmente lontano da tutto da rimanere autentico.
Chi ne esce bene
Samuel porta a casa un bel voto, vedi alla voce “Lasciati” — ancora migliore dell’originale — che in effetti all’epoca era forse un brano troppo intenso per la sua poca maturità. I Fast Animals and Slow Kids, pur non intervenendo in maniera determinante sul pezzo, arricchiscono il ritornello con la voce di Aimone che graffia quanto deve. Molto bene Lo Stato Sociale. Di loro si può dire tutto il male che volete ma di palchi ne hanno visti parecchi, i centri sociali li hanno allevati, dal loro credo politico non si sono mai nascosti e, diciamolo, “Liberi tutti” è forse il pezzo che avrebbero sempre sognato di scrivere e per questo il loro è forse il brano migliore del disco. “Strade” è forse il pezzo che viene più piegato alla collaborazione ma, superato l’imbarazzo iniziale, diventa molto piacevole. Certo, manca l’assolo di synth di Boosta e per i fan accaniti questo potrebbe suonare come un peccato mortale. Benino Cosmo. Dalla sua gioca il non aver cambiato i 7/4 del pezzo originale, non scontato e apprezzatissimo. Di contro, il mio personalissimo gusto poco vicino all’elettronica di Cosmo, un po’ troppo tamarra e sempre poco ricercata. Ma questi sono gusti personali, l’idea e l’intento sono giusti.
In generale Microchip Temporale è un’operazione che niente aggiunge e niente toglie alla grandezza di un disco che rimarrà importantissimo. Si potevano fare cose diverse, come hanno fatto ad esempio i Verdena, più intime. Si poteva dare qualche chicca in più ai fan storici. Ma i Subsonica sono così, sempre pronti a mettersi in discussione, a provare ad evolversi incuranti del prezzo da pagare. E noi che gli si vuole bene, glielo si vuole anche per questo.