Evo Morales teme un colpo di stato in Bolivia
Hello, World! — Evo Morales ha accusato la polizia di aver preso parte a un “colpo di stato”: i militari si sono rifiutati di contenere le proteste, disertando i propri posti.
in copertina, foto via Twitter
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Il presidente boliviano Evo Morales ha accusato la polizia di “colpo di stato”: i militari si sono rifiutati di contenere le proteste, preferendo rimanere sostanzialmente “imparziali” tra governo e opposizioni. In Bolivia ci sono precedenti di repressioni militari delle proteste, nel corso della crisi del 2003: è possibile che le forze armate vogliano vedere chi prenderà il sopravvento nella crisi prima di allinearsi, in modo da evitare le accuse di violazione di diritti umani a cui erano andati incontro 15 anni fa. Oltre alla polizia, i contestatori hanno privato il governo di un’arma fondamentale: la tv di stato, Television Boliviana. Gli attivisti hanno assaltato la sede dell’emittente, costringendo i dipendenti ad abbandonare la sede. La tv ha interrotto le proprie trasmissioni, generalmente pro-governative, e sta trasmettendo repliche di vecchi documentari. (the New York Times)
Morales ha scritto su Twitter che la democrazia nel paese è a rischio, denunciando “alla comunità internazionale questo attentato allo stato di diritto.”
La comunità internazionale, però, non ha finora dimostrato vicinanza a Morales. Sia gli Stati Uniti che l’Unione europea sono a favore di un secondo turno di elezioni, una soluzione che significherebbe ammettere che le elezioni sarebbero state manipolate, dato che secondo le istituzioni boliviane Morales avrebbe ricevuto abbastanza voti per vincere al primo turno. (DW, 25/10/19)
Luis Fernando Camacho, una delle voci più importanti dell’opposizione, ha twittato ringraziando la polizia per essere “dalla parte del popolo.”
La situazione della presidenza è molto instabile: questa notte è iniziata a circolare la notizia che anche le guardie di polizia del palazzo presidenziale abbiano disertato i propri posti. Per ora sembra fuori discussione un intervento dell’esercito contro le proteste e la polizia. Il capo dell’esercito, il generale Williams Kaliman, ha garantito che non ha nessun piano per un intervento: “Non ci confronteremo mai con le persone con cui viviamo: questo è un problema politico, e va risolto in quel reame.” (Associated Press)
Morales ha convocato le altre tre forze politiche che hanno ottenuto i risultati più alti alle scorse elezioni — quelle contestate, da cui sono scaturite le proteste — per cercare di trovare una piattaforma comune che possa riportare alla calma il paese. Comunidad Ciudadana e Bolivia Dice No hanno rifiutato il dialogo, lasciando a Morales solo la possibilità di discutere con Partito Democratico Cristiano, che però avrà bisogno di speciali “condizioni” — di fatto una terza risposta negativa. (El Diario, in spagnolo)
I sostenitori del MAS hanno attaccato i bus con cui altri contestatori stavano cercando di raggiungere La Paz per protestare contro il governo. Página Siete, un quotidiano tradizionalmente anti-Morales, parla di un’imboscata in cui i masisti avrebbero sostanzialmente preso in ostaggio alcuni contestatori. (Página Siete, in spagnolo)
Secondo la Patria de Oruro le persone prese in ostaggio sarebbero state liberate immediatamente. Ma lo scontro ha causato immediatamente ulteriori violenze: i contestatori hanno appiccato il fuoco alla residenza del governatore di Oruro, considerato uno dei “mandanti” dell’imboscata. (El Deber, in spagnolo)
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Mondo
Oggi si vota in Spagna, per la quarta volta in quattro anni. Il primo ministro uscente Sánchez era stato costretto a indire nuove elezioni dopo il fallimento della coalizione con Unidas Podemos. Ma secondo i sondaggi il ritorno alle urne dovrebbe riprodurre sostanzialmente le stesse dinamiche tra le forze di centrosinistra. In un’intervista a El País Sánchez rivendica le riforme realizzate malgrado tutto nei mesi scorsi, ogni volta con una maggioranza diversa. Il Primo ministro dichiara seccamente che la finanziaria non è passata “perché la destra e i partiti indipendentisti catalani si sono alleati per impedirlo,” ma ammette che sulla situazione in Catalogna “bisogna lasciare alle spalle soluzioni giudiziarie e concentrarsi su un percorso politico.” (El País)
Altre sette persone sono state uccise durante la repressione delle proteste in Iraq, portando il conto totale dei morti a oltre 300. Gli episodi più violenti sono stati registrati a Baghdad e a Bassora, dove le forze di sicurezza hanno di nuovo utilizzato proiettili veri contro i contestatori disarmati, oltre che gas lacrimogeno e bombe sonore. In piazza Tahrir, a Baghdad, un attivista ieri urlava: “Le forze di sicurezza ci hanno detto che le proteste sono finite e tutti dovremmo tornare a casa. Abbiamo eretto più barricate, per cui non entreranno in piazza. Domani, nessuno va a lavorare.” (Al Jazeera)
La minaccia dei militari è due volte più pesante perché, secondo fonti di AFP, l’alleanza politica che sostiene Adel Abdel Mahdi ha deciso che il Primo ministro non si dimetterà, e che le forze di sicurezza devono “mettere fine” alle proteste. Secondo l’accordo, Mahdi dovrà guidare i lavori per un piano di riforme anti–corruzione e nuovi emendamenti alla Costituzione, e in cambio potrà conservare la poltrona. Intanto, il governo ha smesso di pubblicare aggiornamenti sul numero di morti e feriti causati dalla repressione. (Al–Araby Al–Jadeed)
L’autorità elettorale tunisina ha confermato il risultato delle elezioni parlamentari dello scorso 6 ottobre. Il partito conservatore Ennahda ha conquistato il numero più grande di seggi, 52 su 217, ma comunque molto distante dai 109 voti necessari per formare un governo da solo. Le possibilità di formare una coalizione non sono incoraggianti. Rachid Ghannouchi, il leader di Ennahda, non vuole allearsi con il Qalb Tounes, il partito populista del magnate televisivo Karoui, e nemmeno con il Partito costituzionale, rispettivamente la seconda e la terza forza in parlamento. Il paese potrebbe dover andare incontro al governo di un tecnocrate per risolvere l’impasse. (Al–Monitor)
Trump ha preannunciato che verrà pubblicata la trascrizione di una seconda telefonata al presidente ucraino Zelensky. La prima data di pubblicazione possibile dovrebbe essere dopodomani, martedì. Il contenuto della telefonata non è ancora noto, ma evidentemente Trump conta possa aiutare a disinnescare le crescenti pressioni causate dall’indagine per l’impeachment. (Reuters)
Le indagini sull’omicidio di due giornalisti in Indonesia hanno portato all’arresto del titolare di un’azienda che produce olio di palma: avrebbe pagato 3000 dollari a 4 sicari per commettere il delitto. I due giornalisti stavano difendendo gli abitanti locali contro le mire di espansione dell’azienda. (the Guardian)
Internet
Middle East Eye continua a coprire i rapporti tra Arabia Saudita e Twitter. Dania Akkad ha ricostruito che Jack Dorsey, fondatore e amministratore dell’azienda, ha incontrato Mohammed Bin Salman nel giugno 2016, mesi dopo che Twitter aveva scoperto che uno dei propri ingegneri spiava le conversazioni e i tweet privati degli utenti per l’Arabia Saudita. (Middle East Eye)
Italia
5000 esuberi per il governo erano stati definiti “inaccettabili,” ma 2500 evidentemente vanno bene. È uno dei “tre punti” che il presidente del Consiglio Conte dovrebbe mettere sul tavolo per convincere ArcelorMittal a non abbandonare l’ex Ilva, in un nuovo incontro con i vertici dell’azienda previsto forse già domani. Gli altri due? Il ripristino dello scudo penale e un maxi sconto da 180 milioni di euro sull’affitto delle acciaierie. (Quotidiano.net / HuffPost)
Insomma, le parole dure dei giorni scorsi contro la multinazionale franco-indiana sono state già sostituite da una mezza resa e dalla promessa di ulteriori favori e vantaggi. Sulla questione degli esuberi si è espressa anche Confindustria: secondo Vincenzo Boccia “è un errore madornale” pretendere che un’azienda in crisi debba “mantenere i livelli di occupazione.” Gli ha replicato a stretto giro il segretario della Cgil Landini, ricordando che ci sono degli “accordi da rispettare.” (il Secolo XIX)
Dopo quattro roghi intimidatori in sei mesi, i cittadini di Centocelle chiedono che il quartiere non diventi un nuovo “caso San Lorenzo,” riferendosi alle conseguenze della morte della sedicenne Desirée Mariottini un anno fa. Si teme, in particolare, che l’unica risposta da parte delle istituzioni sia la militarizzazione delle strade. (HuffPost)
“Non sappiamo nemmeno con chi combattere. Non ho nemici. Noi siamo qui solo da un mese,” ha detto Marco Nacchia, proprietario del Baraka Bistrot, dato alle fiamme nella notte di ieri. “Non riapriamo più. Si faccia avanti qualcun altro.” (Corriere della Sera / video)
“Non ho mai chiesto la militarizzazione della città,” ha specificato la sindaca Raggi, che ieri ha fatto visita a Centocelle per portare solidarietà ai proprietari dei locali incendiati. “Siamo impegnati a lavorare sull’illuminazione pubblica a supporto delle rete economica culturale che si è creata nel quartiere.” (Roma Today)
Secondo Mara Carfagna, l’ipotesi di “Forza Italia Viva” è suggestiva, se Renzi abbandonasse la maggioranza di governo. Da tempo Carfagna cerca una via per smarcarsi da quella che definisce “sudditanza psicologica nei confronti del sovranismo,” e convergere verso il centro renziano sembra l’unica opzione percorribile. Renzi — che con Italia Viva guarda proprio all’elettorato storico di Forza Italia — ha detto che le porte sono aperte a tutti, ma Berlusconi non l’ha presa bene: “Mara Carfagna decida se restare o andare via.” (AGI / TGCOM 24)
Il proprietario della cascina esplosa a Quargnento (Alessandria) ha confessato: voleva truffare l’assicurazione. Resta però anche l’accusa di omicidio plurimo volontario: non avrebbe infatti avvertito i pompieri arrivati sul posto della presenza di altre bombole pronte a esplodere. (la Repubblica Torino)
Milano
Intervenendo al festival di Linkiesta al teatro Franco Parenti, Beppe Sala ha definito come “molto solida” l’ipotesi di ricandidarsi sindaco. “Io al momento non ho risposte, penso a Milano e non mi muoverei, perché il potere per il potere non è una cosa che mi attrae.” (Corriere della Sera Milano)
È stata lanciata una raccolta fondi solidale per permettere di riportare dalla sua famiglia in Gambia la salma di Abdou Secka, un richiedente asilo ospitato per un certo periodo nel Cas di Abbiategrasso, stroncato a soli 30 anni da un tumore al fegato incurabile. (il Giorno)
Cult
Siamo tristissimi di informarvi che un uomo di 32 anni ha accoltellato Baby Trump, il grande gonfiabile a forma di Trump neonato che accompagnava le proteste contro il presidente statunitense. Il responsabile è stato arrestato, ma non è chiaro se Baby Trump sarà riparabile. (NBC News)
Il nostro momento preferito nelle celebrazioni per i 30 anni dalla caduta del muro di Berlino è senza dubbio questo corteo di Trabant, le automobili tipiche della Germania dell’Est, che ha percorso a Berlino il vecchio tracciato del muro. (video su Twitter, via DW)
A proposito, qualcuno ha avuto l’idea bellissima di inviare a Trump un pezzo da 2,7 tonnellate del muro di Berlino, con un messaggio che ricorda al presidente che “nessun muro dura per sempre.” (Insider)
https://www.youtube.com/watch?v=gHRTte_V3rU
Giornalismi
Ai Macchianera Awards il premio come miglior sito di news è andato a ANSA.it.
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Gif di Sherchle
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