Basta con “Io sono Giorgia,” Ok Boomer e gli altri meme tossici

I meme “Io sono Giorgia” e Ok, boomer tradiscono un problema della cultura pop “di sinistra”: un cedimento generale verso i modelli mentali della destra.

Basta con “Io sono Giorgia,” Ok Boomer e gli altri meme tossici

I meme “Io sono Giorgia” e Ok, boomer tradiscono un problema della cultura pop “di sinistra”: un cedimento generale verso i modelli mentali della destra.

Da Pepe the frog agli NPC, la destra internazionale ha capito che un meme può essere un’arma retorica potente almeno quanto un comizio televisivo, e che può essere efficace non solo per radicalizzare giovani maschi bianchi, ma anche per influenzare in modo rilevante l’orientamento elettorale di un Paese. Meglio ancora: i meme e più in generale la propaganda online possono essere un vero e proprio strumento di egemonia culturale.

I giorni scorsi l’internet italiano è stato dominato da un meme (?) sulla segretaria di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Il meme nasce dal remix di un suo discorso, in cui Meloni dice amenità come “Io sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana,” etc. — no, non metteremo qui il link al video — e ha dato vita a un florilegio di variazioni. La maggior parte di chi si è lanciato nella condivisione virale di questo meme l’ha fatto in buona fede e nella maggior parte dei casi si è trattato di persone che si identificano come “di sinistra”, convinte di ridere alle spalle di una politica neofascista.

Nell’internet anglosassone, invece — e quindi, di riflesso, anche nella bolla anglofila del nostro — è circolato ieri il video di una parlamentare neozelandese, appartenente al partito dei Verdi, che zittisce con “ok, boomer” un parlamentare avversario che prova a interromperla durante un suo intervento. La parlamentare citava un meme che da giorni imperversa sugli account social statunitensi.

PERCHÉ QUESTI MEME SONO CONTROPRODUCENTI

GIORGIA

Questo meme è stato sostanzialmente un grande aiuto alla perenne campagna elettorale di FdI — come peraltro ha riconosciuto smaccatamente in questo post la stessa Giorgia Meloni. Il problema principale di questo meme è che è figlio di una concezione distorta, fuorviante, del concetto di satira. L’equazione che sta alla base di questo ragionamento è: c’è Meloni che fa una cosa che fa ridere, dunque è un meme contro di lei, ridiamo e condividiamolo. Non necessariamente questo però equivale a satira: la figura mediatica di Giorgia Meloni non viene in alcun modo abbassata, svelata, demistificata da questo bombardamento mediatico. Anzi.

Per capire che non è una buona idea usare questo video come “satira” contro qualcuno basterebbe realizzare che le cose che dovrebbero essere svilite sono in realtà la parte centrale della figura che Meloni si è costruita: di destra, ma dal volto umano, anzi, materno, che non si vergogna di essere fascista conservatrice. E che quindi ha tutto l’interesse a diffondere, con qualsiasi mezzo — figuriamoci poi: tramite un remix divertente. Non è la prima volta che Meloni è al centro di meme di questo tipo, come quello di “Ollolanda” di qualche mese fa, in cui il brillante spunto era consistito nel remixare la politica che parlava di arrestare gli equipaggi delle ONG e affondare le rispettive navi.

Creare meme da questi spunti, e renderli virali, è particolarmente inquietante in quanto è sintomo di un vero e proprio arretramento culturale. Facciamo un esempio al contrario. Mettiamo che domani un politico di sinistra esca con la proposta di una confisca di tutti i patrimoni sopra i 5 milioni di euro, e che poi il remix di lui che dice “espropriare i ricchi” finisca letteralmente su ogni telefono del paese. Sarebbe o non sarebbe conveniente per quel politico? Oggi, però, una proposta del genere sembra del tutto inimmaginabile.

OK BOOMER

Il caso di Ok boomer è leggermente diverso, perché, fortunatamente, non gioca a vantaggio di nessuna forza politica di estrema destra. Tuttavia, anche questo meme condivide problematicità legate all’arretramento della cultura progressista. In particolare, è ageist.

Ageism è una parola di cui non esiste una traduzione secca in italiano: significa prendere in giro o discriminare qualcuno facendo leva sulla sua età. Non si può discutere che zittire qualcuno con “ok boomer” sia più o meno un equivalente di dirgli “taci, vecchio:” qualcosa che di fatto andrebbe evitato da parte di chiunque, e a maggior ragione da parte di un esponente politico di un partito a carattere progressista.

Se non sapete cosa vuol dire “ok, boomer,” citiamo la giovane testata Il Post:

“Ok, boomer” è in pratica un’espressione usata da adolescenti e giovani per zittire o prendere in giro cose percepite come lamentele paternalistiche della generazione dei cinquanta-sessanta-settantenni, e ritenuta — con una generalizzazione spesso criticata — responsabile dei principali disastri contemporanei, dalla crisi finanziaria a quella climatica.

Si possono provare ad addurre molte giustificazioni alla legittimità della parola “boomer” come arma politica. In particolare, chi usa questo termine in questo modo è teso a difendersi sostenendo che in effetti i boomer abbiano effettivamente goduto e abusato delle risorse del pianeta in modo semi-criminale, e che oggi abbiano in mano la maggior parte dei mezzi di produzione in occidente. Partiamo dal far notare, se ce ne fosse bisogno, che non tutti i boomer sono di destra a livello sociale e ambientale — anzi, si tratta di una generazione che ha avuto un ruolo centrale nel grande cambiamento della società occidentale tra gli anni ‘60 e ‘70.

Facendo un passo oltre questa osservazione, però, si arriva a capire che questo meme è fuorviante in maniera molto più profonda. Innanzitutto, non è vero che i boomers abbiano in mano tutte le risorse o la ricchezza di questo pianeta. Se è vero che molte persone nate prima del 1970 hanno avuto una vita professionale ed economica più agiata rispetto ai loro figli, non si può in alcun modo generalizzare questo assioma. Oltre a essere fondamentalmente discriminatorio, dunque, è un termine inesatto, in maniera subdola.

Prendere una caratteristica di alcune persone appartenenti a un certo raggruppamento sociale ed estenderla a tutto quel raggruppamento, per usarla poi come arma politica, è una strategia di destra — la strategia che ha dato vita, ad esempio, al razzismo. Sarebbe utile evitare di ricadere in questo errore da sinistra, a maggior ragione se la questione è delicata e riguardante tutti come l’ambientalismo. Inoltre, anche nella peggiore delle ipotesi, le persone di una fascia di età più avanzata non sono avversari ma elettori da convertire: difficile che qualcuno decida di sposare una causa se vengono insultati dai suoi promotori.

È utile anche ricordare che per quanto i cosiddetti boomer abbiano guidato macchine più inquinanti di quelle in giro oggi, non le hanno costruite loro: erano semplicemente quello che gli veniva offerto dal mercato in quel momento. La maggior parte delle emissioni di gas serra a partire dalla rivoluzione industriale non è stato emesso dai privati ma, appunto, dalle industrie e dalla produzione di beni.

E diciamo poi una volta per tutte che quella di dividere le persone per “generazioni” con nomi precisi è una mania statunitense, ipertossica, che risiede tra le cose che non dovremmo in nessun caso importare dagli USA. L’unico scopo di affibbiare categorie arbitrarie alle persone è metterle l’una contro l’altra, così che non facciano caso al fatto che l’unica vera grande divisione sociale del mondo è tracciata dall’economia in chi può permettersi di non lavorare per vivere e chi invece non può farlo — tra chi ha i beni, i capitali, e chi invece dipende da un salario.

In conclusione: questi due meme non sono uguali, non sono in cattiva fede, ma sono lo stesso entrambi tossici perché figli di una sudditanza culturale spessa e pervasiva da parte della destra; il fine ultimo di questa ironia, satira, la si chiami come si vuole, non è deridere il potente ma semplicemente fare qualcosa per il lol: una strategia che — oltre a essere un motto dei troll online intruppati dall’alt-right non si può definire in alcun modo costruttiva. Finché non ci si libererà da questa cappa e si riuscirà a pensare — e ridere — con schemi mentali differenti da quelli dei troll di estrema destra, difficilmente si potranno portare avanti discussioni serie sulle politiche fondamentali per il futuro del nostro Paese — e non solo.