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Dallo “sciopero delle lancette” al prossimo aprile 2020, il cambio d’ora mette in contrapposizione le necessità di chi lavora con un po’ di risparmio energetico.

Questa domenica le lancette torneranno indietro di un’ora, per la precisione dalle tre alle due di notte tra le giornate del 26 e del 27 ottobre. Il risultato saranno tramonti nel tardo pomeriggio e più luce al mattino quando vi svegliate. L’ora legale dovrebbe tornare domenica 29 marzo — o forse no. Il governo italiano ha infatti tempo fino all’aprile 2020 per decidere se tenere il cambio d’ora, oppure se rimanere con l’ora solare. 

Lo scorso 26 marzo 2019 il Parlamento europeo ha votato una risoluzione per invitare i Paesi membri a stabilire una volta per tutte il proprio orario annuale, senza disperarsi due volte l’anno a portare avanti e indietro le lancette.

È qualche anno che il massimo organo rappresentativo continentale ha messo nel proprio mirino il cambio d’ora. Già negli anni Settanta in Francia si è discusso se abolirla o meno. Questa volta, tutto è nato da una petizione promossa negli scorsi anni dalla Finlandia. Secondo diversi studi, infatti, non tanto l’ora legale in sé, quanto il ciclico variare degli orari sarebbe una causa attiva di varie patologie cardiache e nervose.

Dunque: nonostante una direttiva europea del 2000, che vieta agli Stati europei di abolirla, l’anno scorso l’ora legale è arrivata come non mai vicino ad essere abolita. Adesso spetterà ai vari Stati membri capire come muoversi. I più scontenti sono i Paesi dell’Europa meridionale, che durante l’estate beneficiano di serate più lunghe grazie al cambio d’ora — un problema non molto sentito al nord, dove le sere estive sono comunque lunghissime per ragioni geografiche. Su Change.org sono già fiorite tutte le petizioni del caso per difendere il nostro prezioso patrimonio tempo-culturale. Sapete che è una battaglia di quelle giuste perché anche il Codacons, nel 2008, aveva lanciato un’azione per far cessare l’alternanza tra ora legale e solare.

Per chi è cresciuto dagli anni Ottanta in poi, l’alternanza tra ora legale e ora solare è una abitudine così radicata che è facile non pensare nemmeno alla sua Storia, a parte il nervoso quella volta all’anno dato dal perdere un’ora di sonno. Al contrario, però, l’ora legale ha una storia abbastanza complessa, sia in Italia che nel resto del mondo. Basti pensare che l’inizio dell’ora legale è stabile soltanto dal 2010 (!) e che prima, dal 1966 al 2009, era il Presidente della Repubblica ad avere il potere di controllare il tempo, e decidere quando cambiava l’orario in tutto il paese. Prima del ’65 il passaggio non era ancora legge, e durante le Seconda guerra mondiale il cambio d’ora venne abolito e reintrodotto più di una volta — compreso un periodo dal 14 giugno 1940 al 2 novembre 1942, durante il quale rimase vincente sempre l’ora legale.

L’introduzione stessa dell’ora legale è stata fonte di una grande controversia tra datori di lavoro e operai.

Non bisogna infatti dimenticare che il cambio d’ora nasce da esigenze di produzione delle industrie dello scorso secolo, e venne introdotto nell’aprile 1920. L’ora legale fu la causa scatenante del cosiddetto “sciopero delle lancette,” una delle principali agitazioni operaie del biennio rosso, che portò all’occupazione di varie fabbriche nel nord Italia, principalmente a Torino ad opera di sindacati anarchici. Lo sciopero fallì, neanche a dirlo, per la divisione del fronte di lotta, in particolare per la diffidenza della CGL e del PSI verso gli anarchici, che vennero schiacciati dai padroni.

Secondo i sostenitori dell’ora legale, che permette di allineare in maniera più esatta le ore di veglia con quelle di luce, il risparmio annuo in termini energetici è attorno ai cento milioni di euro l’anno. Ma si potrebbe dire la stessa cosa, esattamente al contrario: ha senso costringere tutti i lavoratori a spostarsi alle prime luci dell’alba, far patire il jet lag a milioni di persone tutti gli anni, per solo cento milioni di euro l’anno? È il dibattito che dovrà avere la politica italiana nei prossimi mesi, e noi non vediamo l’ora.