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tutte le foto di Elena Buzzo, dalla manifestazione di Mai piú lager – NO ai CPR dello scorso primo dicembre

La rete Mai più lager – NO ai CPR ha organizzato per domani una nuova manifestazione contro l’apertura del Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli, confermata pochi giorni fa dalla nuova ministra Lamorgese.

Nella giornata di domani, sabato 12 ottobre, avrà luogo una nuova manifestazione contro la prossima apertura del Cpr (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) di via Corelli a Milano, e contro i Cpr in generale. Il corteo partirà alle ore 14.30 in Piazzale Piola e proseguirà fino al centro di Via Corelli. La protesta, organizzata dalla rete Mai più Lager – No ai CPR, si rivolge anche contro i decreti sicurezza del governo gialloverde — finora lasciati intatti dal nuovo governo, nonostante gli annunci. In seguito all’invasione turca in Rojava, ci sarà anche uno spezzone del corteo in solidarietà con i combattenti curdi

La scelta della data di domani non è casuale ma simbolica: il 12 ottobre si celebra il Columbus Day, ovvero l’anniversario della scoperta dell’America, avvenuta il 12 ottobre 1492. Una “scoperta” che ha determinato uno dei più grandi genocidi della storia e che ha segnato l’inizio della colonizzazione da parte europea di gran parte del mondo conosciuto. 

La notizia dell’apertura del Cpr in via Corelli, invece, risale al luglio scorso, quando l’ormai ex ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva annunciato ufficialmente la chiusura dell’attuale Cas (Centro di Accoglienza Straordinaria) e la sua trasformazione in un centro d’espulsione per immigrati irregolari. Gli ultimi migranti ospitati nel Cas sono stati trasferiti a dicembre, e da allora sono in corso i lavori per adattare la struttura alla nuova funzione. Con il nuovo governo, l’orientamento non è cambiato: durante il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è tenuto nella prefettura di Milano lo scorso 4 ottobre, la nuova ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha confermato l’apertura del Cpr in via Corelli. 

“Abbiamo fatto gare e procedure per fare un Cpr e quindi le procedure si stanno concludendo. Credo che la linea sia quella e si procederà nei termini”: con queste  parole la Lamorgese ha risposto a una domanda al termine dell’incontro, dichiarando che il Cpr ospiterà circa 140 migranti da rimpatriare nei paesi d’origine. 

Contro la decisione si è schierato l’eurodeputato dem — ed ex assessore alle politiche sociali del Comune di Milano — Pierfrancesco Majorino, che ha commentato così su Facebook: “Il tutto senza che si rivedano minimamente le regole riguardanti l’utilizzo dei Centri stessi. Così diventerà un carcere temporaneo per immigrati (destinati in assenza di una vera rivisitazione degli strumenti in atto a rimanere mesi dentro quei luoghi) del nord Italia. Il consiglio comunale di Milano ha molto chiaramente detto il contrario. Chiedendo che quell’area venisse utilizzata per dare un tetto a chi non ce l’ha. Il fatto che il ministro ignori totalmente l’opinione del consiglio comunale è un pessimo segnale.” Ma il Pd metropolitano è da sempre piuttosto confuso sulla linea da seguire rispetto all’immigrazione: alla retorica della “Milano dell’accoglienza” fanno da contraltare dichiarazioni come quelle del sindaco Sala, che pochi giorni fa ha pensato bene di vantarsi del record di rimpatri della città.

D’altra parte la storia dei Cpr risale proprio a un governo di centrosinistra: la legge Turco-Napolitano, del 6 marzo 1998 — dai nomi dei ministri Livia Turco e Giorgio Napolitano dell’allora governo Prodi — istituiva con l’articolo 12 i Cpt (Centri di Permanenza Temporanea), che entravano in funzione quando non fosse possibile “eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera.” 

Quattro anni più tardi la legge Bossi-Fini dell’allora secondo governo Berlusconi rinominava i Centri di permanenza temporanea in “Centri di identificazione ed espulsione” (Cie), aumentando il periodo massimo di trattenimento coatto dei cittadini stranieri da espellere. L’attuale nome Cpr risale invece al decreto Minniti-Orlando del 2017, che prevedeva la costruzione di un centro in ogni regione. Attualmente quelli operativi sono 7, situati in 5 regioni, e sono spesso teatro di rivolte interne (come di recente al Cpr di Ponte Galeria, Roma) e di denunce per le condizioni disumane in cui sono trattenuti i reclusi — che, ricordiamo, si trovano in un regime di fatto carcerario senza aver commesso nessun reato, per la sola ragione di trovarsi senza documenti (per questo si parla di detenzione amministrativa).  

La manifestazione di domani, ad ogni modo, non chiede soltanto la chiusura dei Cpr, ma rivendica anche altri provvedimenti direttamente legati al tema dell’immigrazione:

  • No lager in Italia né in Libia;
  • Abrogazione dei decreti sicurezza;
  • “Aprire porti ed aeroporti” — ovvero, garantire libertà di movimento, e non limitarsi alla semplice “accoglienza.”
  • Chiusura e abolizione dei CPR;
  • Reintroduzione permesso umanitario;
  • No al daspo urbano;
  • Abolizione dei reati anti-protesta previsti dai decreti sicurezza;
  • Ius Soli incondizionato;
  • Residenza per tutte e tutti;
  • Sì ai migranti economici;
  • Una sanatoria per permettere ai migranti già presenti sul territorio italiano di regolarizzarsi. 

“In tale contesto, è sempre più evidente come non sia più possibile né lecito distinguere tra politiche restrittive dei diritti delle persone migranti, politiche securitarie e repressive, e politiche sociali restrittive,” spiegano su Facebook gli organizzatori della mobilitazione. “Non si tratta infatti più solo di dimostrare solidarietà alle persone migranti — che costituiscono solo il banco di prova e il pretesto — ma di presidiare i diritti conquistati da tutte e tutti con guerre e lotte negli ultimi decenni, o quel che di tali diritti ancora rimane.”

Alla manifestazione di domani aderisce una lunga lista di realtà dell’attivismo e della società civile milanese e lombarda, tra cui anche the Submarine. Per aderire, potete scrivere all’indirizzo noaicpr@gmail.com