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Abbiamo parlato con il sindacalista Luca Beccalli e alcuni pendolari per capire l’impatto dell’aumento dell’abbonamento integrato tra Milano e Monza — da 46,5 euro a 70.

Con l’inizio di ottobre è scattato inesorabilmente l’aumento del biglietto integrato di Trenord per il bacino di Milano e Monza. L’aumento è stato contestato da chi usa solo il treno, che sarà costretto a pagare come chi usa treno e mezzi ATM. Si tratta di un aumento sbalorditivo: da 46,50 € a 70. Nonostante la valanga di critiche, Regione Lombardia ha deciso di scaricare la responsabilità di gestire la situazione unicamente sul suo braccio ferroviario Trenord, che con grande nonchalance ha costruito una delle proprie macchine burocratiche perfette, da cui è quasi impossibile uscire. 

Tecnicamente, infatti, sì, sarà possibile per chi prende solo il treno chiedere un rimborso: ma solo tra tre mesi. Come? Il rimborso potrà essere chiesto solo “dai clienti (…) che acquisteranno a partire dall’abbonamento di ottobre almeno tre abbonamenti STIBM, esclusa la tariffa MI1-MI3, per un minimo di tre mesi consecutivi fino ad un massimo di nove su tessera IO VIAGGIO.” Del resto, è tutto spiegato sulla pagina “mitigazione” del sito dell’azienda.

Ci permettiamo di sottolineare il cavillo particolarmente raffinato dei tre mesi consecutivi, che impediranno di chiedere il rimborso agli studenti — che spesso fanno settimanali o carnet a dicembre e gennaio — almeno fino ad aprile 2020.

Se siete tra i fortunati che possono chiedere il rimborso, per ottenerlo dovrete compilare un modulo sul sito di Trenord fornendo “dati personali, certificato di residenza, una scansione di un documento di identità e della tessera sanitaria, un’autodichiarazione di non utilizzo dei mezzi del bacino, e una certificazione su carta intestata dal lavoro o un’autocertificazione di utilizzare solo il treno,” e il proprio IBAN, ovviamente, dove sarà effettuato il versamento. 

Sia chiaro che le autocertificazioni, e nemmeno la certificazione del datore di lavoro, basteranno: Trenord si riserva di verificare — presumiamo tracciando gli usi delle tessere elettroniche — gli spostamenti di chi chiede il rimborso, in modo da essere certi che non abbiano, nemmeno per sbaglio, nemmeno una volta per disperazione, preso un autobus. Ovviamente, nessun meccanismo per permettere di usare ad esempio i bus in caso di discontinuità nel servizio di Trenord è pervenuto.

Abbiamo raggiunto al telefono il sindacalista Luca Beccalli, del Coordinamento nazionale Or.S.A., per chiedergli come si è arrivati a questo punto di malagestione.

Riguardo agli abbonamenti integrati Trenord, come avete appreso la notizia, è stata trasmessa chiaramente alla vostra organizzazione?

Assolutamente no. Ci è stata riportata come un semplice avviso standard tramite l’albo dell’associazione. Ci è stato spiegato quello che si può leggere anche sul sito di Trenord e in aggiunta è stata mandata solo una comunicazione sulla multa da applicare, che tra l’altro è passata da 4,50 euro a 42,50. Sembra assurdo lo so: prima se viaggiavi senza biglietto, pagavi il prezzo del biglietto e il sovrapprezzo di 4,50 euro, adesso se ti trovano senza abbonamento la sanzione ammonta a 42,50 euro. 

Come avete agito appena vi hanno comunicato questi cambiamenti? Cosa avete già fatto di concreto?

Abbiamo scritto immediatamente all’azienda, ormai quasi due mesi fa, chiedendo spiegazioni sulle modifiche e cercando di capire come queste sono state trasmesse e spiegate al personale di servizio Trenord. Non ci hanno minimamente ascoltato. Il personale deve essere formato al riguardo. Gli addetti ai lavori non sanno come agire, perchè neanche a loro la notizia è stata data in modo chiaro. Sanno solo che devono aumentare le eventuali multe, e questo mette a repentaglio la loro sicurezza, perché il pendolare, confuso anche lui, se la prende con loro. 

A proposito di questo, come hanno organizzato le aree coinvolte, noi abbiamo provato a studiare la mappa ma non abbiamo capito: è vero che sulla stessa linea ferroviaria l’integrazione parte solo da una determinata stazione  e quelle prima non sono coinvolte? Se è così è abbastanza facile aggirare il sistema, no?

Esatto! È una cosa inaudita, o lo fai per tutti o non lo fai. Così questa organizzazione perde automaticamente la sua definizione di “norma,” come la chiamano loro. Se, ad esempio, prendi il treno a Venegono Superiore e non hai l’integrazione, ma il tuo collega di Saronno (qualche fermata dopo) sì, allora questa è pura discriminazione. Anche su questo abbiamo chiesto spiegazioni ma non abbiamo ottenuto risposta. 

Parlandoci chiaramente, dove e a chi vanno questi soldi in più? Perchè sono così importanti se poi vengono rimborsati? Forse cambiano il servizio, possiamo sperare in qualche miglioramento?

Assolutamente no. A parte che ancora non sappiamo a chi effettivamente andranno i soldi delle integrazioni, probabilmente a Trenord che si sarà messa in contatto e avrà preso accordi con ATM, ma non è sicuro. 

La verità è che stanno scaricando sui pendolari un costo non proporzionato al servizio, che rimane sempre lo stesso: scadente e con strutture inadeguate di fronte al numero di persone che ne usufruisce. L’aumento non ha motivo di esistere a mio avviso. 

E riguardo alla trafila burocratica per chiedere il rimborso, ha senso per lei? Come fa un pendolare ad autocertificare che non è mai stato su un mezzo ATM? Sul sito si dice infatti che prerogativa per richiedere il rimborso è l’“aver viaggiato esclusivamente sui soli treni Trenord.”

Ecco, riguardo a questo non è chiaro come si può autocertificare una cosa così. Posso immaginare qualche sistema con la tessera elettronica, ma per chi ha il cartaceo non saprei. Non ci sono spiegazioni adeguate. Forse è la tua parola contro la loro, e in questo caso nessuno ti può contestare. 

Per concludere, mi dia un suo giudizio riguardo a questa ennesima vicenda che coinvolge e mette in cattiva luce l’azienda Trenord. 

Guardi, le riporto le parole esatte di un dipendente Trenord che ho sentito di recente: “La situazione è drammatica.” Lui e altri addetti ai lavori non sono stati formati per fronteggiare questi cambiamenti, si trovano esposti a rischi inutili. Infatti, non avendo chiaro il sistema, subiscono richiami dai dirigenti se sbagliano con le tariffe, le aree di integrazione, eccetera, e in più sono esposti alla furia dei pendolari, che giustamente se la prendono con loro, non avendo modo di rivolgersi a chi è il vero responsabile di tutta questa storia. 

* * *

Eppure, fino a pochi giorni fa, sembrava che una soluzione alternativa fosse alle porte, almeno secondo l’assessorato lombardo ai trasporti.

Un video del 17 settembre, invecchiato molto bene, dell’assessora lombarda ai trasporti, Giulia Maria Terzi.

È utile a questo punto ricordare, come dice Beccalli, chi è il vero responsabile di questo disastro: i vertici di Trenord, direttamente legati ai vertici di Regione Lombardia. Trenord, infatti è nata nel 2011 a partire da due aziende che ancora oggi la controllano: Trenitalia e Ferrovie Nord Milano. Queste due aziende oggi controllano ciascuna il 50% di Trenord. A sua volta, FNM è controllata dalla Regione Lombardia: di fatto dunque, oggi Trenord è controllata per metà dalle FS e per metà dalla giunta di Attilio Fontana. L’amministratore delegato, Marco Piuri, è un fedelissimo del governatore. Con il dominio incontrastato delle giunte di destra sulla Lombardia, l’azienda si è sentita sostanzialmente impunibile.

Abbiamo parlato più volte dei disservizi dell’azienda: dalle corse soppresse per la vera e propria mancanza di treni alle vere e proprie tragedie come quella di Pioltello, in cui l’azienda regionale è stata chiamata direttamente in causa. Il nostro fatto di cronaca preferito, però, rimane l’acquisto con i conti di Trenord di film porno e quadri per l’ex presidente della regione, Formigoni, durante una delle precedenti gestioni dell’azienda — quella con presidente Norberto Achilli. Anche se pure l’ex amministratore delegato Biesuz che viene arrestato a Linate mentre prova a scappare a Londra non è male. Vale la pena fermarsi anche un attimo su Biesuz: arrivato alla gestione dell’azienda nel 2008 con una laurea falsa, se n’è andato nel 2012 dopo una bancarotta fraudolenta, con contestate cose come “un’eccessiva discrezionalità nella scelta delle auto aziendali” — come delle ultralussuose Porsche Cayenne.

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Abbiamo chiesto ad alcuni pendolari interessati dall’aumento di prezzo se non sia necessario intervenire con azioni politiche contro Trenord, e quindi secondo la regione. 

C’è chi ha risposto battagliero: “Credo proprio di sì. La regione e Trenord hanno preso questa misura (quasi di nascosto) senza considerare assolutamente l’impatto che avrebbe avuto sui pendolari che utilizzano solo il treno. E sono corsi ai ripari solo all’ultimo minuto, dopo che sono stati sommersi di proteste, inventandosi il rimborso della differenza che si può ottenere dopo tre mesi presentando una quantità di documenti spropositata.”

Ma anche chi resta sostanzialmente nello sconfittismo: “Pendolo da anni, prima come studente e ora come dipendente, e non ricordo sia mai cambiato niente — non dopo scioperi, non dopo proteste, nemmeno dopo degli arresti.”

Ancora: “In qualsiasi altro settore, per qualsiasi altro servizio, un aumento così pesante è praticamente impensabile. È ancora più grave perché arriva praticamente senza nessuna promessa di miglioramento o novità. Dobbiamo pagare di più e basta, perché sì.”

Il pendolarismo è una delle caratteristiche della nostra società postindustriale. Con i prezzi del centro città che diventano sempre più impraticabili per chi ha uno stipendio normale e i cambiamenti del tessuto economico italiano, abitare nell’hinterland e spostarsi verso l’ufficio quotidianamente è una scelta quasi obbligata. Negli ultimi 4 anni, i pendolari italiani che prendono un treno per andare a lavorare sono aumentati del 7,4% secondo Legambiente. Le linee ferroviarie lombarde sono le più battute, con 735.000 viaggiatori al giorno e 1773 km di rotaie. 

Pendolare non è per forza un male. I pendolari di Lombardia, però, sono costantemente funestati dal comportamento di un’azienda che dovrebbe occuparsi di fornire un trasporto pubblico efficiente e puntuale sul territorio regionale e in varie altre zone del Norditalia. 

L’inefficienza trenordesca è praticamente un meme per chiunque abiti in Lombardia. Nonostante le vanterie delle ultime giunte lombarde, convinte che essere a capo della regione più ricca del paese li renda automaticamente dei sovrani illuminati, la situazione dei trasporti regionali sembra mantenere uno standard universalmente basso, con occasionali sprofondamenti nell’indecoroso. Come è successo all’inizio di questo mese, con l’introduzione delle nuove tariffe.


Stefano Colombo e Alessandro Massone hanno partecipato alla stesura di questo articolo