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in copertina, foto di Non Una Di Meno – Milano

Ieri le attiviste di Non Una Di Meno hanno ottenuto un incontro con il Presidente dell’Odg lombardo, dopo due settimane da incubo per la rappresentazione della donna sui media nazionali. Ci siamo fatti raccontare com’è andata.

Nelle scorse settimane, i media nazionali hanno dato il peggio di sé nella rappresentazione della donna e nel racconto della violenza di genere. Tre episodi, in particolare, che hanno ben mostrato tutto il campionario dell’arsenale retorico patriarcale: la copertura del femminicidio di Elisa Pomarelli, l’intervista inqualificabile di Bruno Vespa a Lucia Panigalli, e le dichiarazioni aberranti di Fabio Volo sulle proprie figlie e Ariana Grande.

Tutti e tre questi fatti hanno messo in luce come una larga fetta di chi ha un grande potere di comunicazione, in Italia, sia ancora responsabile della diffusione di una vera e propria narrazione tossica. Il caso di Elisa Pomarelli è stato forse quello più eclatante: testate come il Giornale — ma non solo — hanno raccontato il femminicidio empatizzando con l’assassino e implicitamente giustificando il fatto, con quantità di parole del tutto non necessaria sui retroscena della vicenda: l’assassino diventa un “gigante buono,” comprensibilmente accecato da “un amore non corrisposto.” 

Per protestare contro questa situazione intollerabile, ieri Non Una Di Meno ha tenuto un flash mob davanti alla sede dell’Ordine dei giornalisti della regione Lombardia. “Abbiamo tappezzato il selciato di fronte all’Ordine dei giornalisti con pagine di giornali che abbiamo selezionato nel tempo — contenenti articoli particolari — e abbiamo scritto sui giornali le frasi che ci hanno colpito di più,” ci racconta Elena, un’attivista di NUDM.

“Nel corso dell’estate c’è stata in sequenza una serie di episodi particolarmente gravi, e sono stati raccontati in articoli che cancellano completamente la agency della donna, con una patologizzazione degli uomini violenti che occulta il tema di strutturalità sociale del problema, e apre pure le porte a una giustificazione. Non Una Di Meno ha promosso su scala nazionale un mail bombing alle principali redazioni, con una lettera che evidenzia questi problemi. Il mail bombing è stato corredato con una lettera all’ordine dei giornalisti della Lombardia e ha avuto un ottimo risultato — le interazioni social sono state sopra le 20 mila.”

Il fatto che Bruno Vespa possa intervistare una donna sopravvissuta a un tentato femminicidio minimizzando, di fatto, l’effettivo rischio corso dalla vittima, o che Fabio Volo si lasci andare a commenti volgari su un personaggio pop internazionale e sulle proprie figlie, testimoniano come ci sia da affrontare una profonda revisione sia ideologica che lessicale. Il compito della stampa e di chi scrive di mestiere dovrebbe essere proprio questo.

“Bisogna dire che anche nel mondo giornalistico c’è chi si muove, c’è Giulia ad esempio, l’associazione di giornaliste che ha scritto il Manifesto di Venezia. Inaspettatamente ieri l’ordine dei giornalisti ci ha risposto, per cui il flash mob non è stato soltanto un flash mob: abbiamo incontrato il direttore, il vicedirettore e la presidente del comitato per le pari opportunità. Noi abbiamo portato essenzialmente due richieste:

  • che il Manifesto di Venezia sia assunto all’interno dello statuto dell’Ordine dei giornalisti, che abbia insomma un valore vincolante;
  • che vengano messi a punto interventi di formazione — e vorremmo che non fossero puramente volontari.”

Va detto che non c’è bisogno di arrivare all’estremo del femminicidio per poter osservare la profonda arretratezza dell’editoria e della politica italiana nel modo di trattare il genere femminile. Il mese scorso abbiamo scritto di come la stampa, ad esempio, sia completamente raccontare Greta Thunberg senza ridicolizzarla o minimizzarla.

“Sappiamo che anche all’estero il tema c’è. Abbiamo fatto proprio sul finire dello scorso anno un’assemblea internazionale, prevalentemente europea, a Verona. In realtà questo tema non è sottolineato come in Italia. Per esempio, nel contesto dell’America Latina ci sono situazioni molto differenti, dove spesso l’aborto è illegale o fortemente criminalizzato, si va direttamente in carcere, senza passare per i domiciliari, e quindi le attiviste hanno problemi molto più impellenti. Nel resto dell’Europa francamente non ho sentito parlare del problema in maniera così stringente, che mi fa pensare che l’Italia si contraddistingua in maniera particolare. Proprio ieri con la presidente delle pari opportunità dell’ordine discutevamo come fino a qualche anno fa il problema da combattere fosse l’invisibilizzazione, come è ora in altri paesi. Poi un passo in avanti è stato fatto — ora almeno se ne parla, ma resta il problema di come se ne parla, e dove se ne parla, sempre nel contesto della cronaca e non in un inquadramento sociale.”

Il presidente dell’Odg Galimberti ieri ha parlato per più di un’ora con le rappresentanti del collettivo, ascoltando le loro richieste.  “Ci è stato risposto che l’Ordine dei giornalisti della Lombardia è già sensibilizzato su questo tema, e fa attività di formazione, circa 42 eventi all’anno, il 10% del totale — non è male, in assoluto, ma chi va a questi eventi è già sensibile a questi temi.” 

“Assumere le carte come vincolanti non è solo una questione di burocrazia, per esempio Bruno Vespa può essere perseguito per la sua trasmissione perché la Rai ha integrato nel contratto nazionale il Manifesto di Venezia. Questo vuol dire che Bruno Vespa non può dire certe cose proprio per statuto deontologico. Ci sono già strumenti per perseguire queste persone, strumenti per cui il tribunale dell’ordine può prendere provvedimenti. Secondo il presidente dell’Ordine per fortuna fanno parte di una minoranza, ma molto rumorosa. Spesso abbiamo notato anche che gli articoli di giornale anticipano le tendenze della difesa giudiziaria.” 

L’incontro è stato comunque costruttivo, dal punto di vista delle ragazze di NUDM: “Noi siamo usciti da questo incontro positivamente, rispetto a quello che ci potevamo attendere: ovviamente non c’è la promessa di tagliare le penne a tutti quelli che scriveranno, ma ci sono state dette due cose: la presidenza e il comitato si impegnano a portare al consiglio lombardo del prossimo ottobre, una proposta relativa alla presa di parola pubblica rispetto al linguaggio usato per la narrazione della violenza e la diversità di genere, e si impegnano a portare al consiglio nazionale la proposta di incorporare il manifesto di Venezia, o una sua versione rielaborata, all’interno dello statuto deontologico, con attenzione anche al tema della formazione. Per noi da questo incontro era il massimo che potevamo aspettarci, per cui siamo molto felici di questo — poi si vedrà naturalmente.”