La morte della camera doppia e gli affitti esagerati di Milano
Abbiamo parlato con un po’ di ragazz* per sapere cosa significa dividere l’intimità di una camera; e con l’assessore alla casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, per capire meglio come affrontare una vera e propria emergenza.
Abbiamo parlato con un po’ di ragazz* per sapere cosa significa dividere l’intimità di una camera; e con l’assessore alla casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, per capire meglio come affrontare una vera e propria emergenza.
Secondo dati ben verificabili da qualunque studente fuori sede — o semplicemente fuori casa, se milanese — i prezzi degli affitti delle camere a Milano hanno raggiunto prezzi stellari. Il capoluogo lombardo si conferma come il posto più caro d’Italia in cui vivere, visto che servono in media 573 euro al mese per permettersi una camera, in aumento del 6% rispetto al 2018. E la domanda che continua a crescere: +5% su base annua.
C’è un dato, tuttavia, molto interessante: è il crollo delle camere doppie. Secondo lo stesso studio di Immobiliare.it da cui sono stati ricavati queste cifre, infatti, la richiesta di camere doppie continua a essere in ribasso, seguendo un trend diffuso negli scorsi anni. Un trend confermato dai prezzi, che rimangono stabili o subiscono un abbassamento: a Milano il prezzo di una doppia rispetto al 2018 è aumentato in media del’1%, rispetto appunto al 6% di una singola.
Abbiamo parlato con un po’ di ragazz*, milanesi e non, per capire meglio cosa significa dividere non solo una casa, ma anche l’intimità di una camera; e con l’assessore alla casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, per capire meglio come si può affrontare quella che è una vera e propria emergenza.
FEDERICA
Sempre vissuto in doppia. Una gran rottura. Quando mi sono trasferita non avevo in mente un termine preciso per quanto avrei vissuto in doppia. Forse perché non avevo considerato gli aspetti ”negativi” del trovarsi a condividere una camera con una persona sconosciuta. Pensavo bastasse il “rispetto delle cose comuni”, ma non tutti hanno presente questo concetto, evidentemente.
Sì, in effetti io tengo molto ai miei spazi, rispetto quelli altrui e mi piacerebbe che ci fosse un certo rispetto dall’altra parte. Diciamo che non è facile trovare qualcuno con cui riesci a trovare un equilibrio già condividendo casa, figuriamoci una stanza.
Vivo a Torino da quattro anni. Ho iniziato prendendo una doppia perché non avevo un budget altissimo, e temo che mi toccherà rimanere in doppia visto che gli affitti sono lievitati in questi quattro anni. Decisamente non è a livello di Milano, ma oggi una doppia la prendi allo stesso prezzo a cui avresti preso la singola quattro anni fa.
Quando vivevo con la mia famiglia avevo una camera solo per me, quindi ero abituata ad avere i miei spazi e la mia privacy, ma inizialmente non mi dispiaceva l’idea di condividere.
Infatti la prima esperienza non è andata male, neanche la seconda a pensarci bene. Rispettavamo gli spazi comuni, ma sembrava che ci fosse sempre qualcosa che non andava. I soliti screzi fra coinquilini: io voglio così e l’altro vuole colà. La terza convivenza è quella che più mi sta spompando, perché questa persona non ha assolutamente il senso degli spazi altrui.
È un terno al lotto trovare qualcuno con cui condividere una stanza. Ti puoi adattare ai coinquilini, ma non a qualcuno che vive con te 24h, praticamente. È molto più difficile. È come vivere per anni fuori dalla casa dei tuoi e poi tornarci e dover rispettare le loro regole di casa.
Riguardo alla contrazione delle camere doppie, non so. Se si parla di età, secondo me è inevitabile: più cresci, più hai necessità di avere il tuo spazio. La condivisione diventa bella fino ad un certo punto. Io sto studiando ma non sono in fase di laurea. Non so se rimarrò in doppia, ma se avessi la possibilità, di sicuro, andrei in singola.
Fino a qualche anno fa, era molto chiaro che andare a vivere in coinquilinaggio in una città universitaria sarebbe stata una cosa temporanea, e di passaggio. Da qualche tempo invece c’è sempre meno certezza che appena finito il ciclo di studi uno possa trovare un lavoro con cui permettersi un alloggio più definitivo, dunque si cerca una soluzione che possa essere alla peggio non del tutto provvisoria, come avere una camera propria.
GIULIA
Allora, le mie esperienze sono due. Prima sono stata in doppia un anno con una mia amica e siamo state bene, è stata un’esperienza che ci ha avvicinate molto. Poi sono stata praticamente 4 anni in doppia con un’altra ragazza. Fondamentalmente lei da semi sconosciuta è diventata come una sorella (conta che dormivamo con i letti attaccati).
Inizialmente no, non avevo un vero e proprio termine, più che altro perché non avevo un’idea precisa di come sarebbero andate le cose — quindi non immaginavo nemmeno quanto sarebbe durata.
L’idea era “se funziona e tutto fila rimango fin che non finisco l’università.” Alla fine sono rimasta anche un annetto in più — ora però sono in partenza per l’Inghilterra quindi l’esperienza in doppia è finita.
Sinceramente non saprei dirti perché le camere doppie sono in calo. sicuramente stare in una stanza singola ha i suoi vantaggi, soprattutto perché ti può capitare di tutto, ho sentito storie abbastanza assurde. Però ecco visti i costi di Milano pensavo che la doppia rimanesse ancora piuttosto richiesta
JACOPO
Posso raccontarti due mie esperienze: una a Roma in doppia e una a Torino in singola — che paradossalmente è stata quella più problematica. A Roma eravamo in 5 in casa, stavamo nella periferia di Colli Aniene, ma lavoravamo tutti nello stesso posto, in centro, come esecutivo del sindacato studentesco, quindi c’era un alto livello di condivisione nella casa. C’erano una singola, dove c’era una ragazza di Campobasso, e due doppie, in una due campani, nell’altra io e un barese: provenienze molto varie. La questione più divisiva a livello di casa era la contesa degli spazi per fumare. Io contrario assoluto, ma in minoranza: alla fine stabilimmo che si poteva fumare in salotto non più di una sigaretta alla volta. Col mio compagno di stanza non avevo problemi perché non fumava troppo. Con loro sono rimasto molto amico, al di là di quei due anni.
A Torino abito in un quartiere abbastanza popolare, a una decina di minuti di bici da dove studio — altra cosa rispetto ai tempi romani dove spostarsi prendeva circa un’ora a tratta. Mentre a Roma eravamo un gruppo, a Torino ho affittato la stanza senza conoscere gli altri due. Qui però ho deciso di stare in singola, e non sarei più disposto a vivere in doppia, si cresce le esigenze di autonomia e spazi personali crescono.
Il primo anno tutto bene: un coinquilino è il figlio della padrona di casa, gamer, l’altra è una studentessa della magistrale come me. Il secondo anno arrivano nuovi coinquilini. Apparentemente non cambia molto: la ragazza viene sostituita da un’altra studentessa, di un altro corso, ma sempre di magistrale. Il figlio dei proprietari viene invece costretto dai suoi ad abbandonare il campo e a tornare a Ivrea per far posto ad un erasmus francese più giovane ancora, studente di storia, e, manco a farlo apposta, gamer anche lui. Al momento del cambio ero riuscito ad avere voce in capitolo sulla scelta della nuova coinquilina, ma il francese era stato deciso dai proprietari. E questo si è rivelato un disastro.
Era evidente che l’Erasmus lo faceva con l’unico obiettivo di farsi i cazzi suoi lontano dalla famiglia, ossia giocare ad libitum e fare festa — a volte fuori, a volte in casa. E dal momento che il suo inglese era molto stentato e il nostro francese ancor di più, si parlava una lingua tipo inglese semplificato, con pennellate di italiano o di francese. E le difficoltà di comunicazione possono essere letali. Avevamo dei turni di pulizia cucina-bagno-pavimenti, ma lui non era affatto in grado di fare nulla più del minimo, e diverse volte faceva finta di fare le cose (ad esempio puliva un piano, ma non puliva i fornelli) e le sue ‘corvée’ le faceva sempre in ritardo di vari giorni, fino ad incasinare i turni della settimana dopo.
Le modalità di gestione erano le stesse dell’anno prima, ma le cose non hanno funzionato. Il problema fondamentale è che non avevamo un comune modo di vedere la casa. Per me è uno spazio da curare, tenere bene, ospitale per chi ci vive e accogliente per eventuali ospiti; per gli altri due, e soprattutto per il ragazzo francese, assolve più a una funzione di sopravvivenza.
Ovviamente una parte di questi problemi sarebbe potuta essere mitigata da rapporti umani, che erano mediamente piuttosto poveri. Il nuovo anno sarà nuovamente una sorpresa: una camera sarà occupata dal figlio minore dei proprietari (una matricola, ahia), ma nell’altra camera arriverà un mio compagno di università. La ragazza si è trasferita perché ha cercato casa assieme a due sue amiche, e in realtà ero anch’io in procinto di fare lo stesso. Per ora incrocio le dita.
BARBARA
Stavo in una camera doppia che pagavo 250 al mese utenze escluse, abbastanza basso per gli standard milanesi. La casa era in zona Gambara, non particolarmente bella, piuttosto abbastanza vecchia. A me non è dispiaciuto stare in doppia: una singola senza dubbio è meglio, ma a questo punto anche un monolocale è meglio della singola.
Alla fine mi sono adeguata abbastanza bene, ho avuto due compagne di stanza che non conoscevo ma erano tutto sommato tranquille — una non tanto socievole, mentre con l’altra, nel periodo in cui eravamo insieme in camera, siamo anche diventate amiche. Ci sono i soliti svantaggi: lo sbatti più che altro è che non puoi neanche lasciare i vestiti sulla sedia, non puoi fare neanche il più piccolo disordine, O bisogna sempre guardare un film al pc/ascoltare musica con le cuffie perché altrimenti dai fastidio. Noi poi in realtà avevamo un bagno privato in ogni stanza, quindi lo dividevamo in due e non in quattro: però, ecco, con la tua compagna di stanza avevi un altro grado in meno di privacy.
Io in generale non mi sono trovata malissimo, ma sono stata fortunata. La mia coinquilina che stava nell’altra stanza invece aveva come compagna di stanza una matta che abbiamo dovuto cacciare tutte insieme, quindi è stata tutt’altra cosa.
Quando ho preso la camera avevo programmato di starci sicuramente fino alla fine della triennale, poi però non sapevo se sarei rimasta o no, perché non sapevo ancora cosa avrei fatto dopo. Dal 16 settembre tornerò a stare in una doppia.
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Abbiamo parlato con l’assessore alla casa del Comune di Milano, Gabriele Rabaiotti, per capire meglio come si può affrontare quella che è una vera e propria emergenza — ma non solo.
Il mercato degli affitti di Milano è rimasto “indietro.” Visto che il segmento più colpito dagli affitti è quello studentesco, non si potrebbe studiare una soluzione che parta dallo stato, magari passando dall’università?
Potrebbe essere interessante: qualcosa che sia riservato solo alle città universitarie, da destinare agli studenti meritevoli che hanno bisogno di un sostegno. La misura ideale forse sarebbe un contributo da erogare se lo studente è meritevole, e se viene scelto da parte del proprietario il mercato agevolato.
La mia preoccupazione però è questa: se non diamo un segnale al mercato dei prezzi che i proprietari “sparano” siano improponibili, il messaggio potrebbe non passare. Il Fondo sostegno affitti, ad esempio, ha drogato il mercato.
A Berlino è stato posto un calmiere ai prezzi degli affitti. Non potrebbe essere una misura utile anche qui, a Milano?
Il canone concordato è una mossa non di imperio ma che va in questa direzione. Secondo me una mossa come quella del calmiere correrebbe il rischio di essere incostituzionale.
Però, come la costituzione tedesca, anche quella italiana difende sì la proprietà privata, ma ne determina i limiti allo scopo di “assicurarne la funzione sociale.”
Nel caso degli alloggi studenteschi si potrebbe anche ragionarci; mi sembra però un percorso molto in salita.
Lei si occupa di case e affitti da molti anni, anche da prima di diventare assessore. Ha notato un cambiamento nell’approccio degli studenti e dei giovani al mercato degli affitti dopo la crisi del 2008?
Sì, l’ho notato. Non so dirle se è partito strettamente col 2008 o è più associato a modelli entrati nel mondo giovanile dopo la crisi. Il tema dell’affitto ha a che fare con quello dello sharing — macchina, bici, anche casa. È una cultura che sta avanzando, e sono contento. Io sono un sostenitore dell’affitto, io stesso vivo in affitto.
Secondo lei la diminuzione della popolarità della camera doppia è in qualche modo legato a questo diverso modo di vedere l’affitto?
Sì, è un segnale di come l’affitto stia emergendo come soluzione abitativa. Ci stiamo ancora misurando a un modello convivenza più diffuso e pervasivo, e si sente l’esigenza di cosa più individuale, esclusiva.”
Un fattore di transizione, insomma.
Sì. Anche i dormitori delle università sono passati da modelli a quattro-sei letti verso un modello più orientato verso le stanze singole.
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I prezzi in crescita, per quanto siano il problema di più immediata gravità, non sono dunque gli unici aspetti degni di nota dell’evoluzione del mercato degli affitti contemporaneo, in particolare in città. La crisi economica e la generale precarizzazione del mercato del lavoro giovanile hanno infatti avuto un ruolo evidente nel modificare il modo di guardare il futuro di chi oggi ha dai 20 ai 35 anni. In questo momento, a trarre i maggiori vantaggi da questa situazione è chi possiede beni, come i proprietari di case, che hanno da guadagnare sui prezzi in aumento grazie al libero mercato: un argomento che abbiamo trattato già molte volte, e di cui torneremo a occuparci presto.
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