Cosa deve fare il prossimo governo per dimostrare che il problema è Salvini
Il programma del nuovo governo non deve solo accontentare i due partiti di coalizione, ma dimostrare che i limiti dello scorso governo erano interamente responsabilità di Matteo Salvini.
Il programma del nuovo governo non deve solo accontentare i due partiti di coalizione, ma dimostrare che i limiti dello scorso governo erano interamente responsabilità di Matteo Salvini.
L’impensabile non è stato solo pensato, ma sarebbe anche lì lì per accadere: il Movimento 5 stelle e il Partito democratico, i grillini e il partito di Bibbiano, sarebbero pronti a formare un governo. Fino a qui, non c’è niente che debba sorprendere — e nemmeno niente di fondamentalmente sbagliato: dialoghi e alleanze tra forze elette dai cittadini sono parte integrante di una democrazia come quella italiana, in cui il Parlamento ha vasti poteri e il capo del governo può essere chiunque — come si è visto.
Lo scopo principale di un eventuale nuovo governo — oltre a provare ad andare d’accordo — dovrà essere dimostrare al paese che il problema, il vero intoppo allo sviluppo e al benessere comune, è Matteo Salvini. Dove c’è Salvini c’è pastoia, propaganda neofascista, sproloqui inquietanti sulla flat tax: senza si sta molto, molto meglio.
Ecco quelli che potrebbero essere dei punti costruttivi per questo obiettivo, punti che se realizzati potrebbero far sorgere il dubbio che, ehi, non abbiamo bisogno di un fascistello al governo.
Istituire il salario minimo
Sembra incredibile, ma quella che potrebbe formarsi potrebbe essere una coalizione di governo che si autodefinirà di centrosinistra. E in effetti c’è già un punto di contatto tra i due partiti: il salario minimo.
Negli scorsi anni, su questo argomento, il Movimento 5 stelle ha ampiamente superato a sinistra il Partito democratico. La proposta pentastellata, attualmente impaludata in parlamento a causa dell’opposizione della Lega, è piuttosto semplice: un salario minimo di 9 euro all’ora per tutti, in tutto il paese.
La proposta del Pd, invece, a ben guardare non si può nemmeno definire un vero e proprio salario minimo: si baserebbe sugli attuali salari minimi concordati dai vari contratti nazionali di categoria (sono circa 900) e riserverebbe una retribuzione minima ai lavoratori rimasti fuori da questi vari cappelli. In più, la proposta prevede l’istituzione di una “cabina di regia” per controllare il tutto.
In ogni caso, l’Italia è uno degli ultimi paesi dell’area Euro ad essere sprovvista di un salario minimo, e una riforma completa in questo senso sarebbe fondamentale per far rinascere nei cittadini un minimo di fiducia verso un centrosinistra con una credibilità oggi prossima allo zero in materia di tutela dei diritti dei lavoratori, fattore essenziale per fermare la conquista dell’elettorato lavoratore da parte della destra populista.
Revocare la concessione di autostrade ad Atlantia
È ormai passato un anno dalla tragedia del Ponte Morandi. I monconi del viadotto sono ancora lì, a testimoniare il fallimento del governo gialloverde nell’affrontare gli strascichi del dramma. In particolare, fin dalle prime ore dopo il crollo del ponte, il Movimento 5 Stelle era stato molto esplicito nel proporre di revocare la concessione della gestione ad Atlantia, società controllata da privati, in particolare dal gruppo Benetton.
Dodici mesi dopo la concessione è ancora lì: Atlantia gestisce ancora una grossa fetta delle reti autostradali italiane. Luigi Di Maio era tornato alla carica alla fine di giugno, ma la sua foga revocatrice si era scontrata con il silenzio della Lega, sempre piuttosto scettica quando bisogna interferire con gli interessi privati.
La revoca della concessione ad Atlantia potrebbe non essere solo, eventualmente, giusta: sarebbe anche un’ottima mossa politica per mostrare a tutto il paese che il problema — l’amico dei poteri privati, quelli che davvero hanno detto di no alle cose fatte nell’interesse comune — era la Lega. Detto questo, non ci spingiamo a sperare in una rinazionalizzazione di Autostrade — ma potrebbe non essere una cattiva idea.
Operazione Mare Nostrum 2
Una abrogazione del decreto sicurezza potrebbe essere impossibile, o per lo meno sembra impossibile in un governo in cui resti presente Luigi “più espulsioni” Di Maio. Ma sul fronte della gestione delle migrazioni qualcosa sarà da fare per mostrare discontinuità con il governo precedente. Una soluzione pratica per abbassare gradualmente i toni di criminalizzazione nei confronti delle Ong senza apparire in piena contrapposizione con l’attività di governo fino a letteralmente la settimana scorsa può essere un inquadramento di una nuova missione della Marina militare in ottica securitaria.
Dall’opposizione, Salvini rilancerà letteralmente la notizia di ogni singolo sbarco sulle coste italiane. Organizzare una missione di salvataggio coordinata, che renda gli arrivi il organizzato e meno vistoso possibile.
Al contrario, per dimostrare discontinuità, firmare l’accordo europeo per la ridistribuzione dei migranti potrebbe permettere al governo di raccontare di essere riusciti a ottenere quello che Salvini ha strepitato servisse per un anno e mezzo, senza mai ottenere nessun risultato.
Per evitare ulteriori fughe di consenso verso la Lega, il Movimento 5 Stelle ha una necessità urgentissima di normalizzare la gestione dei migranti, in modo che la propaganda di Salvini sembri progressivamente sempre più lontana dalla realtà. La combinazione di una missione di salvataggio, insieme al meccanismo di ridistribuzione europeo,
Superamento del Jobs Act
Il governo avrà anche bisogno di proteggersi dalle accuse di essere un governo di Renzi e Boschi. Per farlo, sarà necessario irrevocabilmente picconare almeno una delle misure bandiera di quel governo, per mostrare non solo discontinuità con il governo Conte I, ma anche dalla gestione del “vecchio Pd.” È evidente che un governo comunque a forte — anche se non esplicitata — trazione di destra come questo non potrà mai tradursi in un nuovo articolo 18. Ma: proprio ieri il tribunale di Milano ha rinviato alla Corte di giustizia dell’Unione europea la parte del Jobs Act che disciplina i licenziamenti collettivi per verificarne la compatibilità con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.
La notizia offrirebbe al nuovo governo la possibilità di aprire i lavori per una riforma che moderi la riforma di Renzi, senza eccessi che spaventino gli amici industriali dei due partiti, permettendo di coprire argomenti progressisti senza esporsi oltre quanto sia credibile per le forze di governo.
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Le critiche di trasformismo — e di poltronismo — saranno estremamente insidiose per il prossimo governo. Solo con una agenda di governo attentissima nel dimostrare che non si tratti di evitare le elezioni, ma di arginare un personaggio politico, e il suo partito, che hanno impedito “il cambiamento.” Al contempo, sarà necessario inquadrare l’alleanza con il Pd in un percorso di discontinuità dal “partito di Bibbiano.” Le difficoltà elettorali del Movimento 5 Stelle e il grigiore istituzionale del Partito democratico sono elementi che dovrebbero garantire grande stabilità ad un governo di coalizione — ma iniziarlo non sarà facile.
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