Tra jazz e elettronica: “All of Me” è il nuovo inizio di DayKoda
Qualche mese fa avevamo presentato in anteprima un suo singolo, “Wett Cream.” Abbiamo incontrato di nuovo DayKoda nella sua casa/studio di via Tucidide, a Milano, per parlare del suo nuovo lavoro All of Me pubblicato lo scorso 12 luglio per Beat Machine Records.
tutte le foto di Sebastiano Bonini
Qualche mese fa avevamo presentato in anteprima un suo singolo, “Wett Cream.” Abbiamo incontrato di nuovo DayKoda nella sua casa/studio di via Tucidide, a Milano, per parlare del suo nuovo lavoro All of Me pubblicato lo scorso 11 luglio per Beat Machine Records.
“Flying Lotus è il mio monarca, anche se l’ultimo disco mi ha gasato meno degli altri. Mi piace anche Mark de Clive-Lowe, tutta la corrente Brainfeeder, tutta la scena uk jazz. Tutta quella roba lì è il mio pane, anche se poi quando compongo cerco di non pensare a un sound in particolare ma di comporre a seconda di quello che mi viene in mente.”
All of Me racchiude una commistione di generi che si spostano dal jazz al rock passando per l’elettronica. Viene definito nu jazz, ma sarebbe sbagliato confinare la musica di DayKoda a un’etichetta specifica, parlare in modo esclusivo di “jazz” o “elettronica”. Più corretto sarebbe descrivere i brani come un incrocio di sonorità, una fusione piacevole, azzeccata, di generi e influenze che sfociano in un flusso musicale personale, una visione sonora diametralmente opposta al mainstream. “Volevo rappresentare me stesso musicalmente, sia il me stesso passato, sia il me stesso presente. Ho voluto fare un mash-up anche di generi passando dal post-rock al jazz all’elettronica un po’ più astratta” ci spiega Andrea Gamba, in arte DayKoda. All of Me è il secondo disco dell’artista e arriva a poco più di un anno di distanza da Lucid Dreams, ma dando un’occhiata al titolo di questo nuovo album è come se le lancette ripartissero dal principio: “questo disco è un fresh start, un nuovo inizio, anche dal punto di vista del modo di concepire la musica. In questo forse ha influito anche il conservatorio.” Ascoltando canzoni come “Transitions” verrebbe da chiedersi se ha ancora senso, oggi, costruire barricate tra i generi musicali, selezionarli in categorie necessariamente divisive. “Quando un disco racchiude un mix di generi ha senso parlare di una commistione di generi diversi… Il mio non lo voglio definire un disco jazz perché non lo è, e non voglio nemmeno definirlo in totum elettronica per lo stesso motivo. Lucid Dreams era molto più elettronico e aveva ben poco di jazz.”
DayKoda indossa camicia e maglione by FROY
Non c’è uno schema consolidato a cui aggrapparsi nella stesura di un nuovo pezzo, i brani non nascono mai da una routine. “Viene tutto dal flow del momento. Sono in studio, sto fumando un cannone e faccio quattro accordi con la chitarra, oppure faccio un beat che mi gasa. Non c’è uno schema.”
Nell’ultimo anno, ci spiega Daykoda, è cambiato anche l’approccio alla scrittura delle canzoni. “Sento di essere maturato dal punto di vista compositivo, sto un po’ di più sulle tracce e cerco di capire meglio che cosa sta bene e che cosa no. Con i dischi vecchi componevo più di getto, in questo album invece è stato tutto più ponderato, più pensato, anche dal punto di vista melodico.” In ogni album, poi, c’è sempre un pezzo più ostico, quello difficile da chiudere e su cui tocca ritornare più volte. “Sembra assurdo, ma anche se è solo due accordi ti direi ‘Transitions’. Ci sono stato veramente molto e mi sono anche confrontato con Beat Machine che mi dava dei consigli. Poi mi sono interfacciato anche con il mio batterista, ci siamo stati dietro parecchio pensando agli stacchi da fare, a dove fare il solo, a dove mettere la parte vocale. In realtà anche ‘Fresh Start’ e ‘Woman’ sono state complicate. In ‘Woman’ se non ci fosse stato Muta a darmi una mano probabilmente ci avrei speso molto più tempo.” La collaborazione tra i due artisti non nasce con questo lavoro, “lui in realtà lo conoscevo già perché ho una piccola etichetta (Kindly Rewind Records ndr) con la quale abbiamo pubblicato un suo disco un paio di anni fa. All’epoca mi innamorai del suo sound, col passare del tempo siamo rimasti in contatto così ho deciso di proporgli una collaborazione. Lui ha accettato e abbiamo lavorato al disco. Adesso tra l’altro Muta sta uscendo sull’etichetta di Skrillex, la NEST HQ. Quando l’ho saputo sono rimasto sbalordito.”
Beat Machine Records è l’etichetta che prima di lanciare l’artista ne ha compreso il progetto. “Il rapporto con loro è nato circa quattro anni fa, io lavoravo ancora a Brescia, ero dipendente in un ufficio di logistica e intanto facevo musica e mi era venuto lo schizzo di mandare il materiale a delle etichette discografiche italiane.” Per quanto riguarda i live “il mio sogno sarebbe di portarlo con un sacco di musicisti e quindi avere un trombettista, un sassofonista, un batterista, un pianista. Ora però lo stiamo portando in giro in due, io e il mio batterista (Matteo Gualeni ndr). Stiamo lavorando con l’elettronica, che sarà in cassa mentre io suonerò degli strumenti e Matteo suonerà la batteria. Riarrangeremo anche i pezzi vecchi.”
Non ti spaventa il fatto che possa essere data meno attenzione di quanto ti aspetti alla tua musica? “Mi spaventa tantissimo. Devo dire che se parliamo proprio di elettronica fusa a musica acustica, soprattutto con lo stampo che ha questo disco che è proprio un muro di suono, forse mi spaventa perché ho anche il timore che le persone non comprendano appieno quello che voglio fare.”
Sullo sfondo dei brani di DayKoda si muovono riferimenti importanti e ascolti tra i più disparati. Tra tutti spicca Flying Lotus, “è il mio monarca, anche se l’ultimo disco mi ha gasato meno degli altri. Mi piace anche Mark de Clive-Lowe, tutta la corrente Brainfeeder, tutta la scena uk jazz. Tutta quella roba lì è il mio pane, anche se poi quando compongo cerco di non pensare a un sound in particolare ma di comporre a seconda di quello che mi viene in mente.” Poi c’è Milano, “anche se quando sono qua sono molto bradipo e mi limito a rimanere in zona. Lambrate, Radio Raheem, che è il mio playground e quando sono lì metto di tutto, dall’ambient alla techno, all’hip hop, al jazz. Radio Raheem, Macao, Tempio, questi sono i miei luoghi. Milano anche se è un po’ caotica e dispersiva sicuramente mi ha aiutato molto a concentrarmi sul sound. Anche il fatto di essere stato a contatto con i miei compagni di conservatorio, che fanno roba diversa, mi ha influenzato e motivato un sacco, credo che anche questo mi abbia spinto a dare il meglio. Poi anche banalmente uscire di casa e passeggiare con le cuffie per me è ispirante.”
Potrete ascoltare dal vivo DayKoda, accompagnato da Matteo Gualeni, il prossimo 20 luglio a Parma. Il 21 luglio DayKoda sarà invece a Fano al Fano Jazz by the Sea 2019 mentre il 26 luglio si sposterà a Roma.