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tutte le foto di Elena Buzzo

La nuova versione del festival si appropria di un vero gioiello, un paese stupendo immerso nella dolcezza delle colline, poco fuori Casale Monferrato, a un’ora di macchina sia da Milano che da Torino. Tra un concerto e l’altro era possibile visitare il borgo, scoprire i cortili e degustare prodotti tipici.

Come vi avevamo anticipato, siamo andati al festival Jazz:Re:Found, che, per quattro giorni, 20,21,22,23 giugno, ha riempito e movimentato il comune di Cella Monte, piccolo borgo patrimonio dell’UNESCO nel cuore del Monferrato. L’atmosfera generale che si respirava era molto rilassata, ma anche molto amichevole. La quotidianità del paese non sembrava minimamente disturbata dalla presenza dei circa 5000 avventori spalmati sui quattro giorni, anzi. Arrivato alla dodicesima edizione il festival, che negli anni ha animato Vercelli e Torino, si è sistemato in un luogo piccolo e magico, tornando alle origini, quantomeno geograficamente, e puntando in alto.

La nuova versione del festival si appropria di un vero gioiello, un paese stupendo immerso nella dolcezza delle colline, poco fuori Casale Monferrato, a un’ora di macchina sia da Milano che da Torino.
Tra un concerto e l’altro era possibile visitare il borgo, scoprire i cortili e degustare prodotti tipici. I quattro giorni sono scorsi piacevoli, con una lentezza giusta, salutare. Relax, musica, cibo, tutto era in equilibrio. Mancavano forse nomi dal grosso richiamo di pubblico, ma è giusto così. Non siamo a Barolo in cui per i grossi nomi si sacrifica troppo spesso la qualità dell’esperienza festival. La selezione degli artisti è pensata, mirata, curata.

Venerdì al palco Molinari, il main stage situato su un grande prato, si sono susseguiti artisti molto diversi tra loro, ma tutti in grado di creare una buona alchimia col pubblico: Gilles Peterson ha aperto le danze, seguito da Tullio De Piscopo che ha saputo unire il pubblico in una “hola” collettiva di gioia e ritmo, a tratti commovente. A seguire, un potente cambio di stile manovrato da Noyz Narcos e Colle Der Fomento, che hanno sottolineato quanto essere fascisti, omofobi e razzisti sia da stronzi.

Sabato, altro giorno caldo in tutti i sensi, ha visto protagonisti KAOS E DJ CRAIM, YOUSSEF DAYES e KOKOROKO e, per i nostalgici degli anni Settanta, nello splendido cortile dell’Ecomuseo della pietra, Tony Esposito ha emozionato con la sua “Kalimba de Luna” e un sentito tributo a Pino Daniele. A seguire, gli Area, con Patrizio Fariselli e la sua nuova formazione, hanno eseguito, tra gli altri brani, “Song From Ugarit”, un suggestivo arrangiamento della più antica melodia a noi pervenuta in forma scritta, vergata in caratteri cuneiformi su una tavoletta d’argilla 3500 anni fa, cantata in lingua originale dalla cantante Claudia Tellini. Prima di loro, sul Molinari stage, una delle proposte italiane più particolari e interessanti dell’anno gli I Hate My Village, con una formazione che pesca da diverse band italiane, tra cui spiccano Alberto Ferrari e Adriano Viterbini, in splendida forma.

Che una delle carte vincenti dei festival italiani sia la (ri)scoperta della bellezza dei territori della nostra penisola è un dato di fatto.

Non abbiamo, o almeno non abbiamo più, una proposta di festival paragonabile ai grandi eventi europei e internazionali. Sappiamo senza dubbio contestualizzare e immergere l’evento musicale all’interno del paesaggio, naturale e culturale che, correndo il rischio di sembrare campanilisti, è davvero unico.
Così se il Viva Festival in Valle d’Itria continua a imporsi come realtà importante ormai non più emergente e mentre altri festival più piccoli, come il Siren, subiscono una battuta di arresto, ecco che il rinato Jazz:Re:Found è una boccata d’ossigeno per tutta la scena.

The Submarine è media partner di Jazz:Re:Found