in copertina foto di Non una di meno – Napoli, via Facebook
Esistono forme di violenza linguistica molto radicate nella società — che spesso sono campanelli d’allarme per la violenza fisica.
In questo periodo di drammatiche notizie circa le violenze sulle donne, le speaker di Chiamando Eva si interrogano e dialogano sulle tante forme di violenza che, in maniera implicita o esplicita, le donne affrontano nel quotidiano. Senza necessariamente incontrare lo stupro o la violenza fisica, esistono forme di violenza che passano dal linguaggio, da espressioni infelici, ma al contempo profondamente radicate nella mentalità e nella società. Tali forme di violenza si ripetono, crescono e creano paradigmi a cui sottostiamo senza farci troppe domande.
E se “le parole sono importanti”, per dare una citazione di Morettiana memoria, anche quando è una violenza esplicita, dalla cronaca di stupro al femminicidio, ad essere affrontata — dai giornali, dalla televisione, dalla politica— quanto, veramente, vengono pesate le parole? Quanto la ricerca di uno o una colpevole portano all’utilizzo di un linguaggio che è esso stesso violento?
Affrontando la questione in maniera trasversale, dai fatti cronaca a vicende personali, la puntata scava in diverse direzioni, alla ricerca di una nuova consapevolezza e anche, se possibile, di un nuovo modello dove non necessariamente le coscienze siano “schiave” della violenza, della paura.
Show notes
Di Circumvesuviana e altri stupri
Quando si è “troppo brutte” per essere violentate
Vedi alla voce “Femminicidio”, buona lettura
Quando il precedente della “tempesta emotiva” fa scuola
Si può dire cose intelligenti contro odio e violenza a 15 anni? Sì che si può
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Ai microfoni Elena D’Ali, Francesca Motta
Produzione: Francesca Motta
Redazione a cura di Giulia Pacchiarini