Questa è Hello, World!, la nostra rassegna mattiniera di attualità, cultura e internet. Tutte le mattine, un pugno di link da leggere, vedere e ascoltare.
In quella che ogni giorno assomiglia sempre di più a una guerra, le forze del governo di unità nazionale (GNA), riconosciuto dall’ONU, hanno annunciato una controffensiva militare per difendere la capitale Tripoli dall’aggressione delle milizie di Haftar. Il governo ha affidato la missione al colonnello Mohamed Gnounou, che ha dichiarato in tv che mira a “eliminare la presenza di aggressori e forze illegittime da tutte le città della Libia.” L’operazione, che ovviamente ha un nome, si chiama VULCANO DI RABBIA. (Al Jazeera)
Mentre il segretario di stato statunitense Mike Pompeo ha chiesto uno stop immediato alle operazioni militari, gli scontri che hanno lambito la capitale hanno già lasciato sul campo una ventina di morti, secondo le fonti del governo Serraj. (BBC News)
La controffensiva del GNA ha riconquistato l’aeroporto di Tripoli, ma Haftar ha risposto con una pioggia di razzi sulla città. Il generale “traditore” non ha trovato nemmeno il supporto delle città militari di Misurata e Zintan. Proprio da Misurata è partito un attacco alle forze di Haftar da Est, a 50 km dalla capitale. (la Stampa)
L’Eni ha deciso di evacuare il proprio personale italiano dal paese. (the Libya Observer)
Oltre a Eni tutte le imprese italiane che fanno riferimento a FederPetroli hanno fatto evacuare tutto il personale per ovvie misure di sicurezza. In realtà, molte aziende di dimensioni medie e piccole avevano iniziato a chiudere gli uffici già venerdì, quando una escalation della violenza era già chiara a tutti, tranne che a Roma. (HuffPost)
Sabato il consiglio presidenziale del GNA ha convocato l’ambasciatrice francese in Libia Béatrice du Hellen per protestare contro il presunto collegamento tra Haftar e la Francia. Secondo fonti del Libya Observer il governo sospetta che dalla Francia ci sia stato il diretto via libera all’operazione di Haftar. (the Libya Observer)
Ieri il presidente del consiglio italiano Conte è tornato a dire la propria sul conflitto, auspicando che si potesse evitare il conflitto armato. Conte già quattro giorni aveva espresso la speranza per una “soluzione politica.” Ma è impossibile, perché quella in Libia non è un’esplosione di violenza, ma un’operazione militare ben pianificata e con sostegno internazionale importante, dalla Francia all’Egitto. (Linkiesta)
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Mondo
Dopo più di un mese di “stato di emergenza,” le proteste in Sudan continuano, e l’esercito continua ad usare forza anche letale per reprimere i manifestanti. Nelle giornate di sabato e domenica più di 500 mila persone si sono organizzate in un sit-in di protesta fuori dal comando dell’esercito nella capitale Khartoum. Ma malgrado la manifestazione fosse autorizzata, nel corso del pomeriggio l’esercito ha comunque aggredito i cittadini che protestavano. Solo negli ultimi due giorni sono state uccise sei persone, di cui cinque contestatori e una donna in visita a un centro per rifugiati nel Darfur centrale. (Al–Araby Al–Jadeed)
La segretaria alla Sicurezza interna nominata dall’amministrazione Trump, Kirstjen Nielsen, ha annunciato le proprie dimissioni. Nielsen era sotto attacco sia da parte dei democratici — per la separazione delle famiglie di migranti, in particolare — sia da parte della Casa bianca, che l’ha usata come capro espiatorio per tornare a seminare il panico sulla presunta emergenza al confine con il Messico. (the New York Times)
Il capo dello staff della Casa bianca Mick Mulvaney si è sbilanciato annunciando che i democratici — ma si potrebbe dire anche il pubblico — non vedranno mai le dichiarazioni dei redditi del presidente. Secondo Mulvaney quello dei democratici è uno “stunt politico,” ma la richiesta all’IRS ormai è ufficiale, e Trump dovrà trovare una buona ragione per non rispettarla — se non vuole causare un vero caso istituzionale. (BBC News)
Mentre cresce la tensione in Israele in vista delle elezioni di domani, la posizione degli Stati Uniti sul conflitto israelo-palestinese sembra destinata a essere uno dei punti centrali dalla prossima campagna elettorale presidenziale. Secondo più di un gruppo di interessi repubblicano, infatti, l’argomento sarebbe un “punto debole” dei democratici, e un’occasione per strappare al partito la propria base nella comunità ebraica statunitense. (the Hill)
Ma il candidato alle primarie presidenziali democratiche O’Rourke non havoluto sprecare eufemismi, dichiarando che Netanyahu “è un razzista” e “un ostacolo per la pace.” (CNN)
Il primo ministro cinese Li Keqiang è tornato a sottolineare che la Cina supporti “un’Europa unita.” La dichiarazione arriva alla vigilia della firma di un contratto tra Croazia e Huawei, e di una visita di Li a Bruxelles, per il proprio incontro annuale con i leader dell’Unione europea. Ma la tattica di firmare accordi con i singoli stati europei intrapresa dalla Cina, in particolare dopo l’accordo con l’Italia, malvisto da Francia, Germania e Stati Uniti, fa sospettare all’Unione europea che il gigante economico sia tacitamente applicando la strategia del “dividi e conquista.” (South China Morning Post)
Italia
Al sesto giorno di navigazione, la nave di Sea-Eye Alan Kurdi si trova al largo di Malta ancora senza un porto sicuro in cui approdare, nonostante il peggioramento delle condizioni meteorologiche. Il governo maltese ancora non ha dato una risposta all’appello della Ong. (la Repubblica)
Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, invece, ha chiamato direttamente i rappresentanti di Sea-Eye per invitarli a fare rotta verso i porti della Sicilia, ma è chiaro — data l’opposizione del ministro dell’Interno e la “direttiva” firmata per dichiarare illegali di fatto le Ong — che la via italiana non è praticabile, a meno di palesi forzature. (il Giornale di Sicilia)
La Alan Kurdi è stata abbandonata a se stessa sin dal momento del salvataggio dei naufraghi — ma non perché, come ha accusato il ministro Toninelli, abbia voluto fare “tutto da sola,” ma perché nessuna autorità ha risposto alle sue richieste di aiuto: né la Libia, né la Tunisia, né Malta, né l’Italia. (il Fatto Quotidiano)
Ospiti contemporaneamente in due diversi programmi televisivi, Salvini e Di Maio si sono trovati d’accordo sulla necessità di “chiudere i campi rom.” Non solo una simile affermazione, dopo le rivolte razziste di settimana scorsa, le giustifica implicitamente (la colpa comunque è dei rom), ma come al solito non si fa parola di soluzioni abitative alternative. (la Repubblica)
Per il resto, i due alleati sono impegnati a battibeccare sulla flat tax, di cui Salvini è tornato a ribadire la priorità. In serata, Di Maio ha convenuto che la “flat tax va fatta, ma non deve aiutare i ricchi.” Un po’ come dire che una ruota non deve rotolare. (Rai News)
Sono stati presentati i primi simboli delle liste che intendono candidarsi alle Europee, e come al solito c’è molto folclore, tra Forconi, Sacro Romano Impero e Poeti d’Azione. (la Repubblica)
Ma il folclore non manca neanche tra i partiti che (purtroppo) hanno già una consistenza parlamentare, come Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che ha avuto l’ottima idea di candidare il pronipote di Mussolini, Caio Giulio Cesare. (AGI)
Cult
Oggi la Corte suprema indiana si pronuncerà sul ricorso contro la pubblicazione di un biopic sul primo ministro Narendra Modi, che secondo i ricorrenti interferisce con le prossime elezioni parlamentari. (the Economic Times)
Andrew Liptak consiglia l’ascolto di Unwell, nuova serie nel sempre più fiorente angolo di internet dei podcast narrativi dell’orrore. La serie,una storia gotica ambientata nel sud degli Stati Uniti, è un’esplorazione esistenzialista su “cosa significhi” essere americani. (the Verge)
La Mongolia si è unita alla International Surfing Association, anche se ha esattamente zero metri di coste: grazie all’utilizzo di macchine per le onde, infatti, ora è possibile surfare al chiuso. L’annuncio arriva in vista della formazione da parte del paese di una squadra che parteciperà alle competizioni internazionali. (the Asahi Shimbun)
Animali
Gran parte degli animali dello zoo di Rafah, nella striscia di Gaza, sono stati evacuati e portati in Giordania. Le condizioni dello zoo, aperto nel 1999, erano diventate insostenibili — anche a causa delle poche risorse disponibili sotto l’embargo israeliano. (BBC News)
#SaveGazaAnimals: YES! The cages are empty!
We have achieved the impossible and managed to get the 47 animals out of Rafah zoo. Now we are ready for the trip to their new home. Thanks to everyone who supported this mission. pic.twitter.com/u8jW5GTL0o— FOUR PAWS (@fourpawsint) 7 aprile 2019
Allevare i polpi? Presto potrebbe essere la norma, ma la questione pone seri problemi etici ed ecologici. (Quartz)
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