in copertina, foto dalla pagina Facebook di Luigi Di Maio
Tra scandali legali, compromissioni ideologiche costanti, obiettivi mancati, il partito di Casaleggio supera la fase della delusione, interiorizzando la sconfitta — o meglio, l’essere parte della politica che disprezzava.
In questo momento, in cima al Blog delle Stelle — che è il nome del sito ufficiale di quella che era fino a pochi mesi fa la prima forza politica d’Italia — ci sono due articoli che, insieme, inquadrano perfettamente la situazione del partito di Casaleggio. In particolare, mostrano lo stadio finale della sua metamorfosi, il cui passaggio “istituzionale” non è riuscito, con una drastica perdita del consenso – e un fallimento politico sostanzialmente totale. In meno di un giorno, infatti, il partito si è trovato a dover sterzare la propria carica giustizialista, partita all’assalto del nuovo segretario del Pd Zingaretti, per giustificare l’epurazione del vecchio leader romano De Vito.
Siamo al momento in cui l’elettorato sta realizzando che il re è nudo. Nel corso dello scorso anno abbiamo più volte sottolineato come, uno a uno, ogni supposto elemento identitario del partito si sgretolava, come si sgretolano solo le cose che non sono mai state vere: il Movimento non è un buon partito digitale, ha firmato un contratto di governo in cui non ha praticamente contribuito con niente, se non con la volontà di andare finalmente al governo, a comandare (ma cosa?), ha sacrificato completamente le proprie ambizioni ambientaliste, ha abbandonato in tutto tranne le parole la propria guerra ai condoni. La situazione è così vecchia, ormai, che mentre scriviamo queste righe ci chiediamo se sia davvero una notizia. Che la maschera popolare, se non populista, del partito si fosse squagliata ne scrivevamo già il 28 gennaio 2017, commentando le visioni di “cambiamento negativo” lamentate dai dissidenti interni.
Il filo conduttore, in questa serie di fallimenti e sconfitte, è la costante maldestrezza con cui il Movimento si muove. Una goffaggine così tragicomica che è difficile non parlare anche di sfiga, perché proprio nel momento in cui il Movimento si preparava a dare l’assalto a Zingaretti, il suo nuovo nemico numero uno — perché i nemici del Movimento 5 Stelle sono da sempre solo a sinistra — è scoppiato il caso Marcello De Vito.
Così, poche ore dopo aver scritto “Sono affamati di soldi! Nel Pd non è cambiato assolutamente nulla, è vergognoso.” (attenzione, link al Blog delle Stelle) i ghostwriter della Casaleggio Associati si trovano costretti a firmarsi come Di Maio nell’annunciare che De Vito sarebbe “fuori dal Movimento,” scrivendo “De Vito non lo caccio io, lo caccia la nostra anima, lo cacciano i nostri principi morali, i nostri anticorpi. Ciò che ha sempre distinto il MoVimento dagli altri partiti è la reazione di fronte a casi del genere. De Vito potrà e dovrà infatti difendersi in ogni sede, nelle forme previste dalla legge, ma lo farà lontano dal MoVimento 5 Stelle” (di nuovo, scusate).
I due post, che condividono il tono giustizialista ma ops ops, uno riguarda il factotum del partito a Roma, rivelano che quella che il Movimento spacciava, e spaccia, come anima, in realtà è un automatismo. Per il partito transumanista e futuribile di Gianroberto Casaleggio il termine può anche far sorridere, ma la sostanza è quella. Se fosse l’anima del Movimento 5 Stelle a cacciare De Vito, si sentirebbe. Invece tutto è realizzato con la precisione chirurgica, fredda ma frettolosa di un social media manager: lo stesso post che è pubblicato sul Blog delle Stelle è pubblicato sulla pagina Facebook di Luigi Di Maio, parola per parola, copia–incollato. Non è un comunicato stampa, o una lettera da pubblicare in prima sul Corriere, solo perché la dimensione mediale propria del Movimento è questa, di pura finzione digitale.
Sotto il post, bot o umani indistinguibili da bot ripetono quella che è chiaramente la linea di partito: se non possiamo essere quelli onesti, almeno saremo quelli che cacciano i disonesti dal circolo in cui i disonesti erano stati ammessi.
Ma non è così semplice: Marcello De Vito non è un militante del Movimento sconosciuto all’amministrazione, ma un fedele della prima ora. È stato il primo candidato del partito a sindaco di Roma, ed è stato sconfitto — incassando il 12,4% dei voti — da Ignazio Marino. De Vito si è ripresentato poi alle successive primarie, per essere sconfitto, questa volta da Raggi. Dopo le primarie, da buon uomo dell’apparato 5 Stelle, non si è inabissato, ma continua a lavorare per il partito.
Per quello che resta del Movimento 5 Stelle non importa nemmeno se De Vito sia colpevole o innocente. L’espulsione serve per cercare di mantenere l’illusione che il Movimento sia altro dal resto della politica. Ma ogni giorno ci credono in sempre meno, è inevitabile. Se le accuse a De Vito sono così gravi da meritare un’espulsione automatica, cosa dobbiamo desumere della considerazione dei piani alti dei 5 Stelle sulla gestione dell’opposizione durante la giunta Marino? Cosa dice della gestione attuale del Movimento 5 Stelle?
Il Partito democratico, che rivendica comunque il proprio garantismo, chiede le dimissioni di Raggi, che però sembra non aver la minima intenzione di battere ciglio. È una pretesa ovvia da parte di un’opposizione, ma che manca di sollevare un dubbio oserei dire filosofico sulla natura del Movimento: ammessa l’ipotetica colpevolezza di De Vito, quante persone disoneste devono esserci nel Movimento 5 Stelle perché l’organizzazione non sia più onesta? Ovvero: può il partito continuare a spacciarsi come onesto e non colluso con elementi criminali malgrado gli scandali? E soprattutto, a chi la vuole raccontare?
Mentre la crisi identitaria del M5S si fa sempre più evidente anche tra l’elettorato i suoi senatori si trovano oggi a dover eseguire fisicamente l’ordine di salvare l’alleato di governo Salvini, che poco fa in Senato ha dichiarato di “amare la patria” e ha ringraziato “dio, gli italiani” e un po’ dopo anche “i colleghi 5 Stelle, perché le cose si fanno in due, evidentemente.”
Per osservatori da sinistra, e per il Partito democratico, che sta cercando il sorpasso — almeno nei sondaggi — del Movimento 5 Stelle, la coincidenza tra questo momento della verità del partito di Casaleggio e la posizione di forza della Lega deve fare enormemente paura, perché crea un immediato, quasi automatico percorso che alimenta la conversione dell’elettorato grillino in elettorato leghista.
Il Movimento 5 Stelle non è mai stato altro, e non è mai stato diverso da come è oggi. C’è stato un momento in cui poteva diventare qualcosa, almeno, nel momento in cui entrava nella fase “di governo.” Si è scelto, al contrario, di rimanere un contenitore, peraltro il più opaco possibile. Ma ora, sotto pressione della Lega e non poco per propria completa inadeguatezza, le finzioni del Movimento 5 Stelle sono sotto gli occhi davvero di tutt* — il re è nudo.