Cosa c’è da vedere al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina
Alessandra Speciale, la direttrice artistica del festival, ha posto l’accento sull’importanza di un evento simile in un periodo in cui “si rischia di banalizzare questioni complesse.”
in copertina, un’immagine da Los Silencios, della regista brasiliana Beatriz Seigner
Alessandra Speciale, la direttrice artistica del festival, ha posto l’accento sull’importanza di un evento simile in un periodo in cui “si rischia di banalizzare questioni complesse.”
Il 14 marzo si è tenuta all’auditorium San Fedele la conferenza di presentazione della ventinovesima edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, preceduta dalla proiezione del lungometraggio di animazione Ancora un giorno di Raùl de la Fuente e Damian Nenow, tratto dal libro dal titolo omonimo, scritto da Ryszard Kapuscinski all’indomani del suo viaggio in Angola nel 1975, in piena Guerra Civile. Durante la successiva conferenza stampa Alessandra Speciale, direttrice artistica, ha posto l’accento sull’importanza di un festival simile in un periodo in cui “si rischia di banalizzare questioni complesse”.
L’opening night del festival sarà domenica 24 marzo, con la proiezione di Fiore Gemello di Laura Luchetti, favola nera che racconta l’incontro tra Anna, sedicenne in fuga da un traumatico evento violento, e Basim, un immigrato clandestino della stessa età. Una giornata degna di nota è quella di lunedì 25 quando, in collaborazione con Fondazione EDU, che si occupa di promuovere la formazione universitaria in Africa, si terrà una tavola rotonda intitolata Back to roots: agricoltura e alimentazione tra vecchi e nuovi saperi. Si parlerà di opportunità in campo agricolo tra Europa e Africa, formazione universitaria in Africa, biodiversità e promozione dei prodotti locali, con vari relatori tra cui John Kariuki, vicepresidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità e Stefano Liberti, giornalista e documentarista. A seguire verrà proiettato il film Thank You For the Rain della regista norvegese Julia Dahr. Il protagonista, Kisilu Musya, contadino kenyota, inizia a filmare la sua famiglia e il suo villaggio per denunciare l’impatto che il cambiamento climatico sta avendo sul suo territorio. Quando la sua casa viene distrutta da una tempesta, Kisilu dà vita ad un movimento di contadini e parte alla volta del Paris Climate Summit con il sogno di cambiare il mondo.
Durante la conferenza stampa le direttrici artistiche Alessandra Speciale e Annamaria Gallone hanno sottolineato la grande presenza di registe al festival. Tra i dieci titoli nella lista Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo troviamo Bulbul Can Sing, il secondo film di Rima Das, pellicola vincitrice al Festival di Mumbai e della Menzione Speciale della Giuria di Generation 14plus della Berlinale 2019. Jenna Bass porta in sala Flatland, la fuga di due Thelma e Louise alla scoperta di sé, tra western e poliziesco. Naziha Arebi, prima donna libica a girare un lungometraggio, con Freedom Fields, racconta la storia di una squadra di calcio femminile che deve fare i conti con il fondamentalismo islamico post rivoluzione.
Spostandosi verso l’America Latina, troviamo Los Silencios, della regista brasiliana Beatriz Seigner, sulla guerra civile in Colombia. Dal Messico ci sarà Lila Avilés con La Camarista, film che racconta la storia di Eva, cameriera in un hotel di lusso di Città del Messico che pur di lavorare nelle suite executive ai piani alti, si iscrive al programma di formazione per adulti dell’hotel. Tra i cortometraggi in concorso, spunta il nome di una giovane regista tunisina che ha vissuto alcune problematiche per rimanere in Italia, dopo aver frequentato la Civica di cinema a Milano, e già nota al pubblico per il suo ruolo da protagonista nel film La Bella e le bestie, del regista Kaouther Ben Hania, presentato a Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard. Al FESCAAAL Mariam presenta il suo ultimo cortometraggio, Omertà, realizzato con Mehdi Amnane, su un gruppo di ragazzi tunisini sconvolto dalla partenza improvvisa per mare di uno di loro. Sempre tra i corti spicca il pluripremiato Brotherwood, della scrittrice e regista tunisino-americana Meryam Joobeur, che racconta la tensione tra un pastore tunisino padre-padrone e il figlio tornato a casa dopo anni passati a combattere con l’ISIS.
Il week-end di fine festival si potrà concludere la giornata con serate nel quartiere di Porta Venezia, targate After pAAArty: si parte giovedì 28 alle 22 al Vinile di via Tadino, con il live di Bikutsi & Blues Band, per continuare venerdì e sabato tra Rainbow Café con dj set di Psychophono e Love in via Melzo, dove si terrà il final pAAArty con i vincitori e dj set di dj Face e terminare domenica sera a LUMe con il dj set di Philippe Noel, tra cumbia e calypso.
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the Submarine è web media partner del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina.