in copertina, foto CC BY Amstead23
Un nuovo report firmato dall’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano inquadra tutti i settori dell’economia legale in cui si manifestano gli interessi della mafia.
“La Lombardia non è più la bella addormentata che nega la presenza della mafia,” spiega Francesco Terragno, collaboratore della commissione regionale antimafia, introducendo la presentazione del rapporto di ricerca “Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia”, redatto dall’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano (Cross), diretto dal professor Nando dalla Chiesa.
Il report, commissionato anche da Giunta e Consiglio regionale, che indaga sull’infiltrazione delle mafie nell’economia legale, è stato presentato ieri al Pirellone. Un tentativo da parte delle istituzioni regionali di porsi in contrasto con le vicende che hanno coinvolto la politica lombarda solo pochi anni fa. Si pensi all’arresto, nell’ottobre del 2012, dell’allora assessore regionale Domenico Zambetti (Pdl), accusato di aver comprato voti di preferenza da uomini della ’ndrangheta in occasione delle elezioni regionali del 2010 (Zambetti è stato condannato in secondo grado, a 7 anni e 6 mesi nel Maggio 2018).
A presentare e commentare le risultanze del report sono intervenuti Monica Forte, Presidente della commissione antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità, Carlo Borghetti, Vice presidente del Consiglio regionale lombardo, Nando dalla Chiesa, direttore di Cross e professore dell’Università degli Studi di Milano, Fulvio Matone, direttore generale di Polis, Renato Saccone, prefetto di Milano, e i ricercatori di Cross che si sono occupati del monitoraggio, Federica Cabras, Mattia Maestri e Roberto Nicolini.
Il report
Quella ufficializzata ieri è la pubblicazione delle seconda parte relativa al Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia. La prima parte, presentata il 19 Luglio 2018, aveva come oggetto la storia, dell’infiltrazione prima e del radicamento poi, delle mafie sul territorio. Una sorta di cartina al tornasole della presenza mafiosa utile sia a ricostruire la cronistoria della conquista mafiosa del nord, diversificata per ogni organizzazione criminale, sia a metterne in luce le evoluzioni nel tempo. La ricerca odierna invece, in estrema sintesi, non risponde più al quesito del “c’è la mafia al nord?”, ormai dato di acquisizione storica, sociologica e giudiziaria, ma alla domanda “come si muove sul territorio e che forma assume?”. L’approfondimento vuole sviscerare “il ruolo che le organizzazioni mafiose giocano e tendono sempre più a giocare nell’ambito dell’economia legale, indicando dunque sia le attività economiche di loro più larga e tradizionale infiltrazione o capacità di condizionamento sia i settori che esse hanno sottoposto a maggiori pressioni e penetrazioni negli anni più recenti.” Una analisi dei core business mafiosi afferenti al “ciclo del cemento,” al settore turistico, all’industria del divertimento e al commercio per arrivare all’interesse delle mafie nel redditizio settore della sanità regionale, del ciclo dei rifiuti, con un occhio d’attenzione in merito all’anatomia dei sempre presenti, seppur diversificati sul territorio, fenomeni dell’estorsione e dell’usura che risultano funzionali a comprendere le interazioni delle organizzazioni criminali con l’economia legale.
Il ciclo del cemento, della terra e dei rifiuti
“Il settore edile è considerato uno degli interessi per vocazione delle mafie nostrane stabilizzatesi al nord”, ’ndrangheta in primis, racconta Maestri. Il “comparto costruzioni,” oltre a fungere da copertura fittizia per i boss che spesso figurano come semplici manovali, consente loro di intessere una serie di rapporti e di dipendenze personali. Il malavitoso offre lavoro e acquisisce consenso sociale, oltre che profitti. Si controlla poi il territorio e si riciclano i proventi illecitamente accumulati dall’organizzazione. L’attenzione dell’analisi di monitoraggio si posa poi sull’infiltrazione delle cosche nel settore degli appalti. Concessioni pubbliche aggiudicate dai clan grazie all’utilizzo del metodo del “massimo ribasso,” all’affidamento di subappalti e favorite dai “ristretti margini temporali fissati per la consegna dei lavori.”
Dal cemento all’analisi dei reati ambientali e, in particolare, dello smaltimento illecito di rifiuti che vede protagonista principale la Lombardia occidentale. La ’ndrangheta pare essere il principale soggetto attivo in questo settore d’investimento al nord. Dinamiche che “vedono coinvolte imprese legate ai clan attive nel movimento terra, settore tradizionale dell’economia legale mafiosa” che rispetto allo smaltimento dei rifiuti svolge una funzione propulsiva» scrive Cabras nel documento. La regione come nuova “terra dei fuochi”, le discariche date alle fiamme, anche più volte, come riportano le interessanti tabelle presenti nel report, inquietanti fenomeni dietro ai quali con ogni probabilità si staglia la presenza dei clan.
Il commercio, il turismo e l’industria del divertimento
Dall’Ortomercato di Milano, di recente risultato essere nella quasi completa disponibilità di Antonio Piromalli, giovane rampollo di uno dei casati di ’ndrangheta più potenti, per arrivare agli interessi delle famiglie all’interno del mondo della grossa e piccola distribuzione, spingendosi fino al commercio al dettaglio. Dai bar, utilizzati in particolare dalla malavita calabrese come punti di ritrovo strategico, fino ad arrivare al redditizio, e in espansione, settore del turismo, della vita notturna e dell’industria del divertimento, sport compreso.
Sanità
Altro elemento che emerge dal report riguarda una delle eccellenze lombarde, il settore sanitario. Un comparto che pare essere particolarmente esposto alle pressioni mafiose. “Rappresenta una parte preponderante del bilancio regionale” ha sottolineato dalla Chiesa “è quindi un settore molto esposto. Sono emerse delle evidenze sul fatto che le acquisizioni in questo settore vengono talvolta stabilite direttamente in Calabria.” Un’infiltrazione multilivello che può arrivare a toccare un’azienda sanitaria locale (Asl) come un singolo ospedale e che può riguardare tanto il personale medico quanto quello infermieristico. “È infatti in questa regione, più che in altre, che i clan hanno mostrato di volere cogliere e sfruttare l’ampio orizzonte di opportunità economiche, sociali e impunitarie che il settore offre fisiologicamente.” Focus specifico poi sull’interesse attuale quanto inesplorato delle ’ndrine calabresi nelle farmacie. Presidi del sistema sanitario che hanno attirato, complice anche la carenza di controlli, le mire dei clan interessati, ad esempio, sia a riciclarvi il denaro sporco sia a utilizzarle come centro di distribuzione illecita.