“Re Mida” dimostra che Lazza è cresciuto
“Re Mida”, il nuovo album di Lazza prodotto da 333 Mob e distribuito da Island Records/Universal Music è un disco maturo costruito sulla cifra artistica unica e distintiva dell’autore.
“Re Mida”, il nuovo album di Lazza prodotto da 333 Mob e distribuito da Island Records/Universal Music, è un disco maturo costruito sulla cifra artistica unica e distintiva dell’autore.
Lazza non è un rapper e nemmeno un trapper. È un’artista che chiude le rime con la stessa confidenza con cui pigia i tasti del pianoforte. Ha studiato per molti anni al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, “oggi però ho suonato come uno che ha studiato alla civica” scherzava ieri l’artista dopo aver eseguito un paio di brani su un pianoforte bianco predisposto sul palco del Teatro Elfo Puccini di Milano.
Tre ore di sonno alle spalle, viso teso e un sacco di ansia dovuta all’attesa spasmodica di quello che sarebbe stato uno dei giorni più importanti della sua vita. “A livello emotivo me la vivo molto male”, racconta Lazza percorrendo in lungo e in largo il palco e incespicando qua e là nelle parole, come se non si fosse abituato a dover raccontare la genesi di un potenziale successo – quello del suo disco – ancora in rampa di lancio, almeno per poche ore. “Spero di alzare l’asticella, di andare oltre il primo disco… Spero che la gente capisca il mio tentativo di diventare il più possibile versatile”.
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Il primo album dell’artista milanese, “Zzala”, nel 2018 ha centrato l’obiettivo della certificazione d’oro. I traguardi di “Re Mida” sono più ambiziosi e lo dimostrano, tra le altre cose, le tante collaborazioni “pesanti” con artisti che sbancano quotidianamente lo streaming e attraversano più generazioni di ascoltatori. Come sottolinea Lazza, però, in tutti i casi i featuring sono nati da un rapporto personale e non da uno scambio di favori. Dall’amicizia con Tedua e Izi arrivano Catrame e Cazal, dalla condivisione di un certo immaginario zarro e cafone è nato il featuring con Guè Pequeno, Gucci Ski Mask, pubblicato lo scorso gennaio. Ma c’è anche un pezzo, Iside, con il king del momento, Luchè, e uno con Fabri Fibra intitolato Box Logo.
“Re Mida” è un album di quindici brani – più altri due, No Selfie e Netflix Remix, già disponibili in streaming e per chi acquisterà la deluxe edition. Da un lato le canzoni continuano a marcare il solco del filone rap attuale farcito di autotune e bassoni, ma la scelta di Lazza di partecipare attivamente alla produzione del disco assieme a Low Kidd ridefinisce anche il suo ruolo all’interno delle canzoni ampliandone responsabilità e margini di influenza.
Se “Zzala” iniziava con un Ouverture al piano, non è strano pensare a una versione del nuovo disco accompagnata in futuro, magari, proprio dal pianoforte. Ma questo si vedrà più avanti, spiega Lazza. Non si sa nemmeno se il pianoforte sarà presente sul palco durante i live. Per il momento lo strumento, su consiglio (e pressione) di Dj Slait, è ricomparso alla presentazione ufficiale dell’album, così come nel video di Netflix. C’è perché ha contribuito a formare il background musicale di Lazza, la sua formazione classica. Ora lo distingue e lo fa emergere da una scena che in generale continua ad avere poca confidenza con la preparazione musicale tradizionale. Ma in fondo il pianoforte nella musica di Lazza c’è sempre stato, non è quindi un sofismo dell’ultimo secondo, un tentativo velleitario di infiocchettare un prodotto dozzinale. “Re Mida” è un passo in avanti pesato, un prodotto strutturato e più “ragionato” del primo disco, con un sistema di pesi e contrappesi che gli impediscono di suonare come l’ennesimo album trap – basta ascoltare Gucci Ski Mask per fare una bella scorta di rime fresche.
I numeri sembrano confermare la forza dei nuovi brani: Porto Cervo ha raccolto più di 20 milioni tra ascolti Spotify e visualizzazioni YouTube, Gucci Ski Mask si avvia verso i 3 milioni di ascolti su Spotify. Lazza ha raccontato di essersi tatuato sulla mano “Re Mida” prima che il titolo del disco fosse ufficializzato. La macchia d’inchiostro si aggiunge agli altri tatuaggi, tra cui quello di Chopin, il suo pianista preferito, sul polpaccio. Chi continua a intravedere un contrasto, uno scontro tra mondi inconciliabili, anche questa volta ha perso un’occasione per capirci qualcosa.
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