La battaglia per la libertà di internet è quasi finita, e internet la sta perdendo
Il testo della direttiva per il copyright resta oppressivo. E probabilmente, stavolta, c’è una maggioranza per approvarlo.
Il testo della direttiva sul diritto d’autore è uscito dalla fase di trilogo e resta semplicemente oppressivo. E c’è una maggioranza parlamentare per approvarla prima del voto alle europee.
Più volte rimbalzata, morta e resuscitata, la direttiva europea sul diritto d’autore è ora in dirittura d’arrivo. Quello uscito dal trilogo è di fatto la versione definitiva del testo, e si prepara ad essere votato al Parlamento europeo — le sessioni più probabili sono quelle del 25–28 marzo o del 15–18 aprile. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’europarlamentare Pd Brando Benifei per farci spiegare le conseguenze delle ultime modifiche apportate al testo.
Benifei ci conferma che il testo uscito dal trilogo comprende i nuovi confini delle eccezioni che erano trapelati la scorsa settimana. “Queste eccezioni verranno molto sbandierate nelle prossime settimane,” ci racconta Benifei. “Ma sono sostanzialmente false. Le piccole e medie imprese resteranno tutte colpite dalla nuova direttiva. Le eccezioni garantiscono copertura solo per pochissime start–up giovanissime.” A patto che non abbiano ancora avuto successo.
La proposta ammette che alcune piattaforme possano essere escluse dall’obbligo di filtri infatti — ma impone paletti che rendono internet in Europa una piattaforma illiberale e nella quale è impossibile pensare di costruire piattaforme di comunicazione o meno ancora, commerciali.
Per essere esclusi dall’obbligo di imporre filtri una piattaforma deve:
– essere online da meno di tre anni;
– avere un giro d’affari inferiore ai 10 milioni di euro;
– essere visitato da meno di 5 milioni di persone al mese.
Se uno di questi prerequisiti non dovesse essere più vero per qualsiasi realtà, il sito rientrà immediatamente nel regime a cui devono sottostare anche le piattaforme delle grandi multinazionali dell’industria.
È evidente che questi paletti siano stati costruiti ad arte per poter dire che non si è completamente oppressivi senza però limitare in nessun modo la pervasività della legge.
Il testo, inoltre, non definisce con margini precisi l’uso incidentale di materiali coperti da diritto d’autore, e non ammette nemmeno eccezioni in caso di ignoranza da parte dell’utente che il materiale stia riproducendo sia coperto da diritto d’autore. Benifei continua: “Sulle eccezioni non abbiamo assolutamente una armonizzazione certa — e non ci sarà insomma una vera tutela europea, la situazione resta stato per stato.”
Oltre ai già dibattuti dubbi sulla legalità di meme, remix, e fan fiction, la legge erge una barriera così alta attorno a ogni forma di contenuto da presentare problematicità gigantesche per la democrazia del continente. Nel testo uscito dal trilogo c’è una definizione molto vaga di eccezione per snippet di testo per la condivisione degli articoli, ma la norma non è abbastanza chiara su come si possano condividere e commentare le notizie nell’ambito della legalità — e il testo non presenta nessuna eccezione per l’informazione nei confronti di progetti non–commerciale, no profit — e nemmeno per i siti internet personali che producano anche un singolo centesimo attraverso pubblicità programmatica o donazioni degli utenti.
La direttiva europea sul diritto d’autore è un testo necessario per il futuro digitale del continente, ma è stato deformato sotto pressione delle richieste della lobby dei detentori del diritto d’autore, e presenta molti passaggi altamente problematici — in particolare gli articoli 11 e 13 del testo.
L’articolo 11 prevede obblighi artificiosi alla possibilità di pubblicare link di contenuti di terze parti: viene presentato come garanzia di compenso “consono” per i creatori di contenuti, ma di fatto si tradurrà in una circolazione drasticamente ridotta dei contenuti originali stessi, gambizzando qualsiasi produzione artistica o informativa indipendente e isolando i giganti del settore — che comunque certamente vedranno scendere drasticamente la propria circolazione.
L’articolo 13 prevede che ogni proprietario di piattaforma implementi un sistema di Filtro di Upload che impedisca la ripubblicazione di contenuti di cui non si è detentori di copyright. Il suo funzionamento dovrebbe essere simile al Content ID di YouTube. Come nel caso di Content ID, i nuovi filtri potranno essere usati non solo per garantire la protezione del diritto d’autore, ma per estorsioni, per rubare attivamente contenuti originali, e regala l’atomica a organizzazioni di censura statali, private, o internazionali.
Dietro la pretesa di essere norme a favore dei “creatori di contenuti,” se applicata la direttiva si tradurrà in alcune drastiche conseguenze per la forma e il funzionamento di internet.
La combinazione delle due leggi rischia di tradursi in un costo operativo semplicemente insostenibile per qualunque start up che voglia competere con Facebook, YouTube e gli altri giganti già affermati: Google ha speso finora piú di 60 milioni di dollari nello sviluppare il proprio sistema di riconoscimento contenuti, in uno sforzo economico che è semplicemente irriproducibile per qualsiasi altra azienda.
Le forze degli attivisti, capitanati dall’EFF, si concentreranno ora sull’alzare la pressione sul voto del prossimo marzo, ma Benifei ci dice che “Penso che purtroppo ci sia una maggioranza a sostegno. Sicuramente ci sarà qualche dubbio in più, ma alla fine la maggioranza ci sarà: l’attenzione del pubblico non è sufficiente per effettuare abbastanza pressione.” Con una petizione contraria firmata da più di quattro milioni e mezzo di persone è difficile pensare come ci possa essere più attenzione di così: ma non si può negare che il dibattito si sia sfibrato mentre la direttiva si trascinava attraverso il processo legislativo europeo. Il piano, più o meno premeditato, è di prendere internet per sfinimento.