La lettera al Corriere di Salvini, tradotta in italiano
in copertina, Salvini a Sulmona dice alla folla il contrario di quello che avrebbe scritto al Corriere 48 ore dopo, via Twitter Salvini deforma la realtà, fa la vittima vantandosi […]
in copertina, Salvini a Sulmona dice alla folla il contrario di quello che avrebbe scritto al Corriere 48 ore dopo, via Twitter
Salvini deforma la realtà, fa la vittima vantandosi del proprio coraggio ma cercando in tutti i modi di scansare il tribunale, e scrive anche veramente male.
Questa mattina sul Corriere della Sera è uscita una lettera di Matteo Salvini, con cui il ministro dell’Interno si difende dalle accuse morali e soprattutto giudiziarie nei suoi confronti in seguito al caso Diciotti. Il Senato sarà chiamato infatti nei prossimi giorni a pronunciarsi sull’autorizzazione a procedere ai danni di Salvini, richiesta dal tribunale dei ministri di Catania.
Il virgolettato con cui il Corriere presenta la lettera è diretto: “Ecco perché il Senato deve negare l’autorizzazione ai giudici.” Ma Salvini ha ripetuto diverse volte che per lui non era assolutamente un problema farsi processare, anzi, che era fiero del proprio operato: “Chi sono io per non farmi processare?”
Ma come si dice, fascista in the streets, cagasotto in the sheets.
Salvini apre la lettera “facendo parlare i numeri.” Scrive:
Nel 2018 ci sono stati meno morti, 23.370 sbarchi contro i 119.369 dell’anno precedente. Il trend è confermato anche dalle prime settimane del 2019. Dall’inizio dell’anno a ieri si sono registrati 155 arrivi sulle nostre coste. Nello stesso periodo di un anno fa gli sbarchi furono 3.176.
Questa analisi, con la sua apparente obiettività, è il piú pericoloso tipo di propaganda possibile: non una fake news, ma una selezione accurata dei numeri, che deforma profondamente la realtà.
È vero che che il numero degli sbarchi è calato, ma meno di quanto dica il ministro, perché sono in forte aumento gli sbarchi “fantasma.”
È vero che sono arrivate meno persone, ma appunto non meno quanto dice Salvini.
Nota a margine: ovviamente il problema non è quante persone arrivano — perché quantitativamente il flusso delle persone che arrivano in Italia non ha niente dell’emergenziale. Ma stiamo commentando un testo di Salvini, facciamo un passo alla volta.
Quello che i numeri di Salvini non dicono, perché sono stati selezionati accuratamente per non dirlo, è come si è arrivati a questa riduzione. Secondo stime del ricercatore ISPI Matteo Villa il rischio di mortalità nel Mediterraneo è triplicato rispetto al 2017 e solo il 10 percento totale delle persone che partono dalla Libia riesce ad arrivare in Europa sano e salvo — il 70% viene intercettato e riportato in Libia, dove, ricordiamo, i migranti sono sistematicamente costretti in condizioni disumane.
Salvini continua:
Per la prima volta dopo anni, i rimpatri (306) sono superiori agli arrivi. E ancora. Nel 2018 gli immigrati in accoglienza erano 183 mila, oggi scesi a 133 mila. Calano gli immigrati, aumentano i risparmi. Risultato: abbiamo liberato risorse significative, subito investite per un piano di assunzioni straordinario per circa 8 mila donne e uomini delle forze dell’ordine.
Definire questa analisi semplicista è molto caritatevole: le risorse di uno stato non si muovono con semplici operazioni di addizione e sottrazione e, se proprio vogliamo ridurre il discorso beceramente “ai risparmi,” sarebbe interessante sapere se il ministro ha valutato anche il costo dei rimpatri: altro che posti di lavoro nelle forze dell’ordine — il dl sicurezza prevede 3,5 milioni di euro su tre anni per rimpatriare persone senza documenti. Risparmiamo anche quelli già che ci siamo! Mi sembra una grande idea. Per non parlare di quanto si potrebbe risparmiare a non fare messe in scena una volta ogni due settimane quando una nave si avvicina alle coste italiane.
In tre paragrafi assolutamente non scritti da uno dei propri avvocati, Salvini invoca l’articolo 96 della Costituzione, e la legge costituzionale n. 1/1989 — sostanzialmente per rivendicare il suo diritto a essere protetto dal Senato. Nei mesi scorsi ha detto sostanzialmente tutto e il contrario di tutto — “io sono eletto, i pm no,” “Mi processino pure”— e ora che il Senato lo deve pure proteggere.
Se lo volete sentire con le vostre orecchie, Salvini che due giorni fa dice che per lui è OK farsi arrestare, lo potete fare qui sotto, io ve lo sconsiglio vivamente:
https://youtu.be/1YRYCLY67MY?t=119
(È il video dei “ragazzoni a torso nudo,” per cui l’unico motivo serio per ascoltare il discorso è se vi serve ispirazione per una vostra slash fic.)
Gli avvocati del ministro continuano sottolineando che il Senato non dovrà esprimersi sulla sua colpevolezza o meno, ma solo se le azioni del senatore Salvini sono state, o meno, nel preminente interesse pubblico. Si tratta insomma, per il Senato, di un voto prima di tutto ideologico: se la sentiranno i senatori di confermare che tenere in ostaggio 177 persone su una nave della marina italiana fosse per “l’interesse pubblico”? Se la sentiranno gli alleati di governo di fare da parafulmini tra la giustizia e il ministro dell’adorata Lega?
Salvini, essendo vagamente parte in causa, si tiene giustamente fuori dalla questione:
Dopo aver riflettuto a lungo su tutta la vicenda, ritengo che l’autorizzazione a procedere debba essere negata.
Continua dichiarando che “il contrasto all’immigrazione clandestina corrisponde a un preminente interesse pubblico” — ma attenzione, le persone che erano a bordo della Diciotti, è fondamentale ricordare, non erano ancora “immigrati,” se proprio dobbiamo usare questa parola merdosa, e avevano tutto il diritto di fare richiesta di protezione internazionale. Salvini non ha contrastato in nessun modo l’immigrazione clandestina, perché le persone che arrivano nei porti italiani vengono largamente processate nel contesto dei meccanismi dell’accoglienza per rifugiati politici e richiedenti asilo — il che non significa che la protezione venga accordata a tutti, né che questo sistema sia esente da critiche, ma che nel contesto fattuale del limitare lo sbarco, Salvini non stava contrastando in nessun modo l’immigrazione clandestina.
Non è finita qui — (ma finisce presto) —
Il governo italiano, quindi non Matteo Salvini personalmente, ha agito al fine di verificare la possibilità di un’equa ripartizione tra i Paesi dell’Ue degli immigrati a bordo della nave Diciotti
Dice il ministro. Si tratta di un’affermazione non nuova ma non per questo meno strana, perché entrambi i partiti di governo hanno bocciato (il M5S votando contro, la Lega astenendosi) la riforma del trattato di Dublino sui rifugiati — che avrebbe, tra le altre cose, reso le deportazioni la ripartizione tra stati europei automatica. Solo due mesi fa, di nuovo, il governo si è trovato nelle condizioni di poter partecipare alla discussione di come “gestire” il flusso delle migrazioni, quando si è discusso con il resto del mondo di Global Compact per migranti e rifugiati. Anche in questa occasione i partiti di governo hanno preferito confortarsi nelle teorie del complotto invece che far parte del mondo reale.
Salvini continua, in ultima battuta, citando le conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno del 2018:
“…è necessario eliminare ogni incentivo a intraprendere viaggi pericolosi. Occorre a tal fine un nuovo approccio allo sbarco di chi viene salvato in operazioni di ricerca e soccorso, basato su azioni condivise o complementari tra gli Stati membri.”
A prescindere dal valore di una citazione così completamente estrapolata (esattamente zero) Salvini di nuovo si dimentica che sta parlando della realtà e non della propria ideologia — e che delle sue ragioni politiche, la giustizia deve infischiarsene. Il dato di fatto, ampiamente comprovato, è che la presenza di navi delle Ong non rappresenti in nessun modo un pull factor dalla Libia. Ignorando il sottotesto comunque nazista di questa idea — per cui il modo per “salvare la vita” delle persone sarebbe quella di fargli capire che se attraversano il mare muoiono — il dato di fatto è un altro: il meccanismo dei salvataggi in mare non fa partire più persone, perché le persone partono dalla Libia perché vittime della più completa disperazione.
Salvini, finamente, conclude:
Non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto. E non mollo.
Capito? Non fugge dalle proprie responsabilità, semplicemente non vuole essere processato per i crimini che potrebbe aver compiuto. Tutto chiaro? Certo.
Non perdo tempo nel sottolineare che l’espressione “non mollo” è un riferimento diretto a un motto tradizionale fascista e in ampio uso tra neofascisti. L’uso di linguaggio e felpe fasciste da parte del ministro non è nemmeno più una notizia.