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Uno studio della Banca d’Italia conferma che il reddito e il livello di istruzione sono sempre più correlati a quello dei nostri genitori.

L’articolo 3 della Costituzione italiana sancisce che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che, limitando l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.”

Uno di questi ostacoli, forse il principale, è la condizione sociale che si eredita dalla propria famiglia. Non si può scegliere di chi essere figli, ma si può scegliere cosa fare della propria vita, e lo stato dovrebbe essere in grado di rimuovere le differenze di partenza rispetto agli altri.

Chiunque viva in Italia però sa che non è così: spesso la classe sociale, la professione, addirittura la casa, sono ereditate. La scelta della famiglia in cui nascere — se fosse una scelta — sarebbe la più decisiva che in questo paese si possa compiere. L’impressione è quella di vivere in una società paralizzata, che priva sistematicamente i propri membri che si affacciano alla vita adulta di motivazioni per viverla con soddisfazione.

Non è solo una sensazione sgradevole.

Uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia pochi giorni fa ha messo nero su bianco questa situazione, mostrando una lunga serie di dati deprimenti, da cui emerge chiaramente che quella italiana è una società bloccata. In particolare: non solo il reddito di una persona è strettamente legato a quello dei propri genitori, ma lo sono anche altri fattori che definiscono il profilo di un individuo, uno su tutti il titolo di studio.

Secondo lo studio, il grado di istruzione è uno dei fattori nodali per la realizzazione di un individuo, ed è sempre più fortemente influenzato da quello dei propri genitori. Non è sempre stato così: questa correlazione era andata infatti indebolendosi per decenni. Gli autori della ricerca, Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio, hanno preso in considerazione dati anagrafici e fiscali che coprono decenni, ben riassunti in questo grafico. È evidente come qualcosa, negli ultimi venti-venticinque anni, sia andato storto nel progresso verso una società più giusta ed equa.

I dati sul reddito vanno in parallelo con quelli sull’istruzione. Chi è figlio di genitori ricchi e istruiti avrà più probabilità di essere ricco e istruito. Anche qui, non è una sorpresa.

Gli autori, comunque, fanno notare che “negli anni Novanta gli effetti delle condizioni di partenza sul reddito e sulla ricchezza erano decisamente più rilevanti nel Sud che nelle altre aree del paese. Nel corso degli anni questa differenza si è attenuata fino a scomparire nel caso del reddito e addirittura invertire il segno nel caso della ricchezza. Nel Sud rimane comunque relativamente più rilevante il fattore istruzione dei genitori mentre nel Centro e nel Nord sono più importanti i fattori legati al luogo di nascita (per gli stranieri in particolare, che spiegano una parte significativa dell’aumento della rilevanza delle condizioni di partenza intervenuto nel Centro Nord nel corso del tempo).”

“Questo studio in realtà non svela niente di nuovo: segue altri studi,” ci ha spiegato Paola Parravicini, professoressa di Economia Politica all’Università Statale di Milano. “E ha un problema dichiarato: per i dati più recenti, il campione scelto è poco rappresentativo.” Nonostante questi difetti, secondo la professoressa, lo studio coglie bene il punto.

“Sicuramente fino agli anni Settanta è confermata dalla letteratura la diminuzione dell’indice di relazione tra istruzione dei genitori e quella dei figli. Poi ricomincia a crescere.” Secondo la professoressa Parravicini, le cause di questa crescita, specie negli ultimi dieci anni, sono di natura economica. “La golden age spiega la tendenza precedente: era meno importante avere genitori istruiti. Soprattutto dal 2010 in avanti le cose cambiano per effetto della crisi, che abbiamo visto anche in università con un calo di iscrizioni. Diventa di nuovo importante avere una famiglia istruita ma anche con alto reddito: non parlo in senso stretto di ricchezza — famiglie che sono riuscite a garantirsi un reddito medio-alto hanno garantito più anni di studio ai figli.”

“Questo divario esiste in molti altri paesi, ma in Italia è particolarmente difficile liberarsi di questa tendenza alla staticità sociale.” Secondo l’opinione della professoressa, “emerge l’urgenza di una istruzione pubblica — sottolineo: pubblica — che garantisca livelli di formazione elevati. Impone due cose: uno, che ci sia una modifica seria della formazione scolastica e un miglioramento del capitale umano, su cui bisognerebbe lavorare già alle medie. Ci vorrebbe coraggiosa seria riforma del sistema scolastico che garantisca l’inversione del trend.” Altrimenti, “andiamo incontro a una somma negativa tra posti di lavoro creati e persi dallo sviluppo tecnologico.”

Ma la politica non sembra minimamente interessata ad affrontare il problema, e anche quest’anno siamo pronti a veder approvata una legge di bilancio che ignora completamente le politiche giovanili.


In copertina: foto da una manifestazione studentesca a Torino il 14 novembre 2014, CC Ivan Crivellaro / Flickr.

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