Perché serve fare filosofia con i bambini: intervista a Carlo Maria Cirino e Martina Ceravolo — di Filosofiacoibambini

Sono sempre più numerose le realtà che mettono al centro del proprio lavoro educativo con i bambini la filosofia.

Perché serve fare filosofia con i bambini: intervista a Carlo Maria Cirino e Martina Ceravolo — di Filosofiacoibambini

tutte le foto per concessione di Filosifiacoibambini

Sono sempre più numerose le realtà che mettono al centro del proprio lavoro educativo con i bambini la filosofia.

Abbiamo intervistato il direttore del progetto Filosofiacoibambini, Carlo Maria Cirino, e una delle insegnanti, Martina Ceravolo. Filosofiacoibambini è un progetto educativo nato nel 2008 all’interno del contenitore filosofico e artistico chiamato “Groviglio,” di Via Petrucci, a Pesaro. Il progetto negli anni si è espanso e porta oggi la propria ricerca sperimentale su parole, colori, concetti, materiali, suoni, sapori anche ai Festival e all’estero, creando una rete con le altre realtà educative italiane e non.

Come e quando è nata l’idea di fondare questo progetto educativo?

Carlo Cirino: L’idea è nata frequentando l’università, tra il 2007 e il 2008. Una forte critica sociale fa da preludio a tutto ciò che è stato fatto, scritto, detto, in seguito.

Come si svolgono i corsi per i bambini e quelli per insegnanti e genitori?

CC: Non si tratta di “corsi per,” così per dire. Di quelli ce ne sono fin troppi e il più delle volte non servono a niente. Si tratta d’imparare a “stare coi,” che è tutta un’altra cosa.

Ci puoi parlare del lavoro di ricerca teorica che si affianca al lavoro “sul campo” con i bambini?

CC: Il dottorato [che ha seguito parallelamente Filosofiacoibambini, ndr] si è concluso il 5 febbraio 2016. Posso dire che è servito a confermare quelle che erano le intuizioni alla base del progetto. Intuizioni che avremmo portato avanti in ogni caso, anche senza Dottorato. L’Università di Urbino, per motivi che ancora ci sfuggono, non finanziò il progetto. Il dottorato è stato condotto, oltre ogni immaginazione, con le sole nostre forze, anche finanziarie. L’Università, dopo quel giorno, non l’abbiamo più sentita. Tuttavia, la ricerca prosegue costante, ogni tanto accelerando anche un po’.

“Una classe filosoficamente allenata secondo il metodo originale di Filosofiacoibambini è una classe composta da persone che pensano con la propria testa e che possono consapevolmente dirsi libere,” leggiamo sul sito dedicato al progetto. Puoi riassumere per noi la cifra stilistica, la diversità, del vostro metodo educativo che lo rende unico nel suo genere e i suoi benefici obiettivi?

CC: Il nostro Metodo è unico perché raccoglie persone disposte a non prendersi troppo sul serio. Purtroppo, in Italia, il peggior difetto che attanaglia chi si occupa di materie umanistiche è la superbia, il narcisismo. Un/Una maestro/a superbo/a, narcisista, è deleterio/a per un bambino. Vale lo stesso alle Scuole Secondarie, all’Università, tra colleghi, sui palchi dei convegni, ai festival, o peggio, in televisione. Da tempo ormai domina un certo Narcisismo Umanistico. Prima di credere che ai bambini occorra qualcosa da noi o che solo noi possiamo dargli (come crederebbe un narcisista), proviamo a immaginare che gli occorra meno. Proviamo a pensare che occorra fare pulizia, che occorra farsi da parte.

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Leggiamo sul vostro sito che “Filosofiacoibambini” è sensibile anche rispetto a un intervento laddove il rischio sociale è più alto: nelle periferie, nei quartieri difficili. Pensate di riuscire a creare una rete capillare in tal senso?

CC: Per riuscire a realizzare una rivoluzione nelle periferie (ma non solo) occorrerebbe un coinvolgimento della politica, del potere. Quest’ultimo, però, non ha interesse che le cose cambino, dunque non ci aspettiamo aiuti. Compiamo la nostra rivoluzione silenziosa, a partire da noi stessi. Già saremmo a buon punto se tutti uscissimo dal circuito del consumo (specialmente da quello legato al mondo dell’infanzia).

Quali sono gli obiettivi prossimi e futuri del vostro progetto?

CC: Proseguiremo costantemente, senza fretta, attendendo il momento giusto per intervenire nella realtà che ci circonda.

Quali sono le varie attività che proponete alle classi e che di solito non fanno parte del percorso scolastico istituzionalizzato?

Martina Ceravolo: Tutte. Lo scopo è proprio quello di dare un supporto alla didattica istituzionalizzata proponendo attività diverse, spesso opposte al sistema scolastico; proviamo a dare ampio spazio all’immaginazione mediante Allenamenti e Laboratori di un’ora che non orientano i bambini, facendo domande di cui noi stessi non conosciamo la risposta.

Come ti sei avvicinata a Filosofia Coi Bambini e qual è stata finora la tua esperienza?

MC: Mi sono avvicinata a Filosofia Coi Bambini nel 2014 grazie ad una notizia letta su Facebook. “La filosofia spiegata dai bambini” era il titolo, o qualcosa del genere. Incuriosita, aprii il link e scoprii che si trattava di un metodo educativo indipendente, originale, nato proprio in Italia. Da quel momento ho iniziato a coltivarne l’interesse e dopo essermi laureata in Filosofia ho partecipato a un Workshop teorico tenuto a Milano da Carlo Maria Cirino. Poi ho fatto pratica nelle scuole di Pesaro (prima lì vi erano le Scuole Pilota) per poi concludere la mia formazione in una scuola del Consolato Italiano a Istanbul. Da allora ho iniziato a lavorare individualmente nelle scuole, ma anche ad organizzare eventi e a partecipare a diversi Festival di Letteratura e di Filosofia, chiaramente sempre per svolgere dei laboratori coi bambini.

Come si svolge una lezione di Filosofia Coi Bambini?

MC: Non c’è una tecnica. Coi bambini sarebbe assurdo seguire uno schema, avere delle aspettative sull’attività che si andrà a svolgere (purtroppo c’è chi lo fa). Sicuramente è importante studiare, conoscere bene l’allenamento o il laboratorio che si porterà in classe, anche solo per sperimentare. Ma sempre tenendo presente che una volta varcata la soglia della porta di qualsiasi classe, si sale su un palcoscenico assieme ai bambini a improvvisare. È come nel teatro, se reciti il copione a memoria la scena non funziona e fai solo una figuraccia, se stai in relazione, invece, hai qualche possibilità in più di non essere noioso o dannoso.

Qual è stato il riscontro di bambini genitori e insegnanti? Che tipo di benefici e reazioni avete riscontrato?

MC: Il riscontro dei bambini è sempre stato positivo. Partecipano con entusiasmo e interesse alle attività, anche quando la classe non sta bene. I genitori molto spesso chiedono consigli o spiegazioni su come gestire il comportamento dei bambini all’interno della sfera famigliare, e a volte vorrebbero che si facessero più ore di filosofia coi bambini (per esempio quando la scuola in questione dice di non avere abbastanza fondi per finanziare il Progetto per un anno intero o più).

Per quanto riguarda le insegnanti, beh, da un lato abbiamo riscontri positivi, dall’altro negativi. Negativi quando capita di trovare un insegnante distratta, presa da mille altre faccende burocratiche da sbrigare, non badando al lavoro che il filosofo coi bambini svolge in classe e non potendo così rispettare o proseguire il percorso tracciato dal filosofo. Per non parlare di quelle che invece non sanno proprio fare il lavoro che fanno, urlando e umiliando i bambini solo perché frustrate o perché per loro è troppo faticoso “gestirli”. E un’insegnante così come può comprendere il lavoro che fai? Per fortuna ci sono insegnanti che possono/vogliono approfondire il Progetto, prendono appunti, fanno domande, osservano con curiosità, ti chiamano il pomeriggio per chiederti come creare un’attività sulla storia di Pinocchio, rendendo il lavoro molto più soddisfacente e utile.

I benefici che abbiamo riscontrato sono sicuramente i benefici che hanno riscontrato tutti, bambini, genitori e insegnanti: la classe diventa più compatta; c’è più ascolto, più armonia, più concentrazione e meno insicurezze. I bambini si abituano a utilizzare il pensiero controfattuale, a riconoscere la costruzione ipotetica/condizionale, allenando così la loro innata capacità di immaginare mondi possibili, di trovare soluzioni a problemi astratti e concreti che si presentano durante la lezione o che incontrano quotidianamente.

Perché ritenete che sia importante insegnare queste discipline ai bambini? Pensi che la filosofia dovrebbe avere posto come materia di studio nei programmi di scuole elementari e medie?

MC: In realtà noi non insegniamo alcuna disciplina ai bambini. Anzi, a volte siamo proprio noi adulti che avremmo bisogno di disciplinarci! Direi che è importante La filosofia, dare gli strumenti per praticarla, viverla. E sicuramente questo dovrebbe avere posto nelle scuole elementari. Ma insegnarla potrebbe essere pericoloso, meglio lasciare che siano i bambini a insegnarci qualcosa.

Per quanto riguarda le scuole medie è un discorso diverso; i bambini non sono più bambini. E noi, per adesso, ci occupiamo di bambini.

Come definisci nel complesso il progetto educativo di filosofia coi bambini?

Rivoluzionario.

Perché hai scelto di lavorare con i bambini? Hai trovato in questo progetto quello che cercavi?

MC: La scelta di lavorare coi bambini, come tutte le scelte che ho fatto, è stata dettata dalla voglia di conoscere e fare esperienza di una cosa che mi affascina e mi appassiona. Per quanto riguarda il lavoro, prima che mi capitasse Filosofia coi Bambini, non avevo trovato nulla di entusiasmante in questo senso. L’idea di laurearmi in Scienze della Formazione per poter insegnare mi faceva venire voglia di spararmi, semplicemente perché credo che non dovrebbe esser quello a determinare una certa preparazione o capacità, soprattutto quando si tratta di bambini. Col team mi trovo da sempre perfettamente a mio agio, c’è un clima stimolante e di stima reciproca tra di noi, ci sentiamo continuamente per fare ricerche e studiare, questo è importante. Nelle classi, quando lavoro coi bambini, sento che è quello il posto dove mi piace stare. Ciononostante non ho mai abbandonato l’idea che sia un lavoro delicatissimo, difficilissimo e che richiede una grande disposizione a lavorare su di sé.


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