Matteo Della Bordella: ritorno in Patagonia

“Sono tornato a marzo dalla Patagonia dove io e Silvan Schüpbach abbiamo scalato il Cerro Riso Patron, in Cile. È stata una spedizione molto particolare perché siamo andati in uno dei posti più remoti della regione.”

Matteo Della Bordella: ritorno in Patagonia

“Sono tornato a marzo dalla Patagonia dove io e Silvan Schüpbach abbiamo scalato il Cerro Riso Patron, in Cile. È stata una spedizione molto particolare perché siamo andati in uno dei posti più remoti della regione.”

Vivendo in un paese densamente popolato è difficile per noi immaginare di mettere piede in un luogo mai raggiunto da essere umano e quali sensazioni si provino. La Patagonia è uno di quei luoghi, come ci ha raccontato Matteo Della Bordella, alpinista e arrampicatore nato a Varese nel 1984, ospite speciale della 5a edizione del Milano Montagna Festival & Fuori Festival di quest’anno.

Matteo ha iniziato a scalare a 12 anni e nella sua carriera conta tra le imprese più spettacolari della disciplina. È entrato molto giovane a far parte dei Ragni di Lecco, un’associazione alpinistica di antica tradizione, fondata nel 1946, di cui è presidente da due anni; i Ragni sono famosi per le spedizioni che organizzano in tutto il mondo, specialmente in Patagonia, da dove Matteo è tornato da poco .

“Ho iniziato a scalare a 12 anni insieme a mio padre, ho iniziato ad appassionarmi negli anni, con una crescita graduale fino alle spedizioni da quando sono entrato nei Ragni di Lecco.”

Il rapporto con la montagna è cambiato molto con il tempo?

Sì, quando ho iniziato io era ancora un’attività legata all’alpinismo e potenzialmente pericolosa. L’arrampicata sportiva c’era dagli anni ’80 ma era meno conosciuta, era una cerchia ristretta. Io quando ho cominciato ero legato a una visione classica della montagna, con i suoi pericoli, diversa da quella sportiva. Poi con gli anni è cambiata ancora questa cosa: una decina di anni fa seppure io avevo iniziato a fare arrampicata sportiva, facevo veramente fatica a trovare coetanei con cui scalare, invece negli ultimi anni c’è stata esplosione del fenomeno arrampicata: ci sono tante palestre e molti appassionati che magari con la montagna non hanno molto a che fare. Questo si è riflesso su tutto l’ambiente della montagna: ci sono più appassionati, sta crescendo il pubblico dell’arrampicata come della montagna.

Raccontaci l’ultima spedizione che hai fatto.

Sono tornato a marzo dalla Patagonia dove io e Silvan Schüpbach abbiamo scalato il Cerro Riso Patron, in Cile. È stata una spedizione molto particolare perché siamo andati in uno dei posti più remoti della regione. Il Riso Patron ha due cime di cui una era ancora inviolata e si trova sul versante cileno. Siamo arrivati all’ultimo paese civilizzato e da lì siamo partiti: abbiamo fatto 100 km in kayak per arrivare sulla costa da cui partiva l’avvicinamento per la montagna — che sono stati altri 15 chilometri — prima di iniziare la salita vera e propria per la cima. Quindi una avventura che va al di là della parte alpinistica. La parete era misto ghiaccio e roccia e non essendo mai stata scalata potevamo scegliere di salire dove volevamo. Abbiamo scalato la parete di mille metri in un giorno, abbiamo bivaccato in cima e poi siamo rientrati.

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Avete nuove spedizioni in programma per il 2019?

Adesso ci sono Luca Moroni e David Bacci in Nepal, per scalare lo Jannu (7450 metri), di cui la cima est è inviolata. Intanto ci stiamo preparando alla nuova stagione patagonica: siamo in tanti ragni, suddivisi in gruppi, con tanti obiettivi che speriamo di portare a casa.

Per sentire i racconti di queste e di altre avventure potrete incontrare Matteo al Milano Montagna Festival tra il 22 e il 25 ottobre.


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