Spiegare una generazione dalla provincia leccese: una conversazione con la Municipàl

Se siete in vacanza nel Sud Italia nelle prossime settimane, magari vi potrebbe capitare di incontrare in qualche serata La Municipàl.

Spiegare una generazione dalla provincia leccese: una conversazione con la Municipàl

tutte le foto di Francesco Bassanelli

Se siete in vacanza nel Sud Italia nelle prossime settimane, magari vi potrebbe capitare di incontrare in qualche serata La Municipàl.

Abbiamo incontrato Carmine e Isabella Tundo dopo il soundcheck al Filagosto Festival. La Municipàl era a Filago  per aprire il concerto di Colapesce, insieme a Yosh Whale.

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Ciao, stasera aprirete il concerto di Colapesce, che aspettative avete su questa serata?

Carmine: Il Filagosto è un festival che conoscevamo già, siamo contenti di essere all’interno della lineup, e in realtà avremmo voluto anche fermarci domani sera per i Sepultura! Non vediamo l’ora di suonare su questo palco, un bellissimo palco.

Isabella: Io non vedevo l’ora anche solo di vedere suonare Colapesce, e addirittura suoneremo prima di lui. Si respira proprio un’aria da festival, da festa.

Due anni fa avete pubblicato Le nostre guerre perdute, un album interessante, che offriva molti spunti. Recentemente avete autoprodotto una raccolta di lati b, propriamente chiamata B-side.

C.: Sì, sono brani nati nel periodo di gestazione de La Municipàl, prima del secondo disco. C’erano dei brani che per noi raccontano storie importanti, e così abbiamo deciso di fare questo regalo ai nostri fans. È un disco light, sono meno brani rispetto il nostro lavoro precedente. È sì un disco in vendita, ma sono tracce che suoniamo regolarmente nei live, non ha uno scopo puramente commerciale; è soprattutto un regalo per i nostri fan del Sud, che ci seguono davvero molto.

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Ascoltando B-Side emergono riferimenti a molta musica italiana. Ad esempio la tua voce, Carmine, ne “I Mondiali del ’18,” ha una tonalità affine a quella di Luca Carboni in qualche vecchia hit estiva. In “Più veloce di me” vi è un chiaro richiamo ai Meganoidi, al loro secondo periodo più alternative rock, post-Ska potremmo dire…

C.: …io sono un super fan dei Meganoidi! Quando ho cominciato a suonare, ero in una band ska e reggae, e gli album da Zeta Reticoli in poi sono album importanti e che mi hanno influenzato nei miei inizi, quindi per me questo è davvero un complimento!

Se penso ad un’altra traccia, “Il Caffè del Teatro,” sono palesi e apprezzabili le sonorità brasiliane, anche di fado portoghese. Tutte le canzoni non sono pensate come insieme di un disco, ma hanno storie diverse, e si capisce benissimo.

C.: Esattamente. Devi pensare che sono canzoni nate anche da nostri progetti paralleli, ognuna con un’identità musicale differente una dall’altra. Queste sono scollegate a livello sonoro per questo motivo, ma anche per il fatto che ho mantenuto dei take originali, ci sono chitarre di certe tracce ancora del 2007 che ho mantenuto tali. Sono brani che abbiamo recuperato in questo modo.

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Nei tuoi testi, Carmine, riporti spesso fedelmente esperienze personali e generazionali. Nei testi indie e del nuovo cantautorato è più tipico il passaggio da tematiche generali che giungono al particolare, invece il tuo è uno stile di scrittura che ottiene lo stesso risultato comunicativo, ma con un processo inverso.

C.: Ti spiego, quello de La Municipàl è un progetto che è nato quasi per gioco, a partire da canzoni che scrivevo in maniera istintiva per una persona, la mia ex. Quindi il primo disco è stato un disco per me, senza censure, diretto, con i riferimenti precisi a situazioni reali. Questo mi ha incasinato giù, in provincia di Lecce, dove tutti si conoscono. Ma è stato anche questo il bello, nonostante i precisi riferimenti, ognuno ascoltando può ritrovarsi in questi testi. E poi la voce di Isa mischia un po’ le carte, e forse alleggerisce la pesantezza degli attacchi diretti, anche banalmente per il fatto che il soggetto passa dal maschile al femminile.

Il vostro modo di cantare è da sempre paragonato a quello dei Baustelle, anche forse per questo motivo. A proposito: ci racconti esattamente la genesi della canzone “Valentina Nappi” e come ti è venuto in mente di usare il punto di vista di un fratello per raccontare questa storia di rivelazione e travaglio emotivo?

C.: È un brano che nasce da una mia esperienza personale, di una mia amica di cui venni a sapere certe sue vicende. Tutto il paese sapeva, e io che ero una persona a lei vicina non sospettavo di nulla, e mai avrei pensato potesse fare certe cose. Allora ho cercato di raccontare questa storia, estraniando il tutto con un riferimento reale e conosciuto come Valentina Nappi, e ho reso soggetto del ruolo di vicinanza e inconsapevolezza un fantomatico fratello. Il senso della canzone è che ognuno della sua vita può fare quello che vuole, se non fa del male agli altri. Tutto è solamente una convenzione sociale, rispetto la grande divisione di cose che sono o solo giuste o solo sbagliate. Ognuno ha i suoi fantasmi e la sua strada a cui badare.

È chiaro che per voi sia davvero importante il legame con il vostro territorio, e i vostri fan locali, che conoscono di prima mano gli argomenti di cui parlate.

I: Ovviamente abbiamo questa fetta maggioritaria di pubblico perché suoniamo davvero molto dalle nostre parti, per questioni logistiche e quant’altro, ma ci tengo a ricordare che Le nostre guerre perdute è andato in tour per tutta Italia. In Puglia ci sono tematiche che noi affrontiamo relative alla provincia (esempio tra tutti “Lettere alla provincia leccese”) che sono proprie di queste zone e delle città meridionali, come i giovani che vanno a studiare al Nord per accedere a certe facoltà, o che vanno via dai loro paesi alla ricerca di un lavoro, tematiche in cui chi è giovane in questi luoghi vi si identifica più facilmente. Ma lo stesso succede anche a Milano e a Roma. Credo sia proprio la provincia un terreno dove in molti si trovano a interpretare la propria vita, e sì, è più facile identificarsi nel Meridione, ma alla fine è proprio vero che tutto il mondo è paese, e qualsiasi pubblico che abbiamo davanti può provare le stesse sensazioni.