Come costruire una canzone d’autore pop: una conversazione con Colapesce
“Infedele”, infedele non lo è di certo, almeno per quanto riguarda le chiarissime esigenze musicali di Lorenzo Urciullo: tridimensionalità, cripticità e orecchiabilità.
tutte le foto di Francesco Bassanelli
Infedele, infedele non lo è di certo, almeno per quanto riguarda le chiarissime esigenze musicali di Lorenzo Urciullo: tridimensionalità, cripticità e orecchiabilità.
In occasione dell’edizione 2018 del Filagosto Festival, a Filago (BG), abbiamo fatto due chiacchiere col sicilianissimo Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo, alle prese con le date estive dell’Infedele Tour. Il suo ultimo album, Infedele, infedele non lo è di certo, almeno per quanto riguarda le chiarissime esigenze musicali di Urciullo: tridimensionalità, cripticità e orecchiabilità.
“Infedele”, ha una forte tematica religiosa per l’immagine di copertina e così anche la scenografia del tour in corso e i costumi che indossate sul palco. Come mai questa scelta?
Parte tutto dal titolo del disco, che si chiama “Infedele” per vari motivi. Innanzitutto perché sottolinea in qualche modo la diversità rispetto ai miei lavori precedenti, in quanto ho portato completamente all’estremo il concetto di forma-canzone in episodi come “Pantalica”, “Vasco da Gama” o “Sospesi”, quindi è un modo per voler sottolineare di non appartenere a nessuna parrocchia in particolare, idealmente. Il disco ha varie influenze che vanno dalla musica elettronica al fado portoghese, alla musica italiana, al jazz, ha varie anime. Anche a livello testuale ho usato vari linguaggi, che vanno dall’endecasillabo, quindi una metrica abbastanza rigida, a un immaginario più urban, più street. Questo mi ha permesso di realizzare il disco in maniera più tridimensionale.
La prima traccia dell’album, “Pantalica” ha dei momenti di free jazz e il sassofono, strumento tipico del jazz, ti accompagna durante il tour: in che modo sei legato a questo genere?
Lo ascolto fin da piccolo perché mio padre è un batterista jazz, quindi sicuramente è un genere che conosco e che ho metabolizzato negli anni. Poi ho avuto la fortuna di collaborare con Gaetano Santoro, che conosco ormai da vent’anni, di Siracusa pure lui, che è un bravissimo sassofonista. Addirittura in tour in alcuni momenti abbiamo due sassofonisti perché Adele (Nigro, in arte Any Other, ndr) suona sia la chitarra che il sax, il che ha arricchito ulteriormente il live, che rispetto a quello delle prime date invernali è molto diverso.
Recentemente ti è stato assegnato il premio Stil Novo 2018 per il valore Musical Letterario dell’album Infedele e in effetti i tuoi testi hanno un profondo lirismo, anche se letti senza musica: chi sono i tuoi poeti preferiti?
Ne ho molti, così come per la parte musicale non mi piace fissarmi solo su un genere. Bufalino è uno dei miei scrittori preferiti assieme a Sciascia, Luigi Capuana e tutta la scuola siciliana. Poi anche il minimalismo americano, Carver: veramente leggo in maniera molto trasversale, non ho una fissazione particolare. Le liriche non hanno influenze solamente letterarie ma anche quelle più pop dei film, di cronaca. Mi piace mischiare i vari linguaggi perché altrimenti non si crea questa tridimensionalità che personalmente, da lettore e da ascoltatore, non trovo molto nei lavori altrui, che trovo anzi molto bidimensionali, del tipo “andiamo al parco / ti offro un gelato” e finisce lì, non ci vedo profondità nel testo. Sicuramente questo ha una funzione più popolare e di immediatezza ma, da fruitore esigente, quando lavoro sulle mie cose cerco di dare più gradi di lettura all’interno del testo. La prima frase di “Pantalica”, ad esempio, “il fiume taglia la pietra / da quando Cristo non c’era” apre già diversi immaginari, ti fa capire il luogo quanto è antico, le implicazioni cristiane: questo per me è la tridimensionalità all’interno di un testo, che oggi è completamente annullata ed è un peccato.
Che poi questa tridimensionalità non preclude all’orecchiabilità, come dimostrano in particolare le più radiofoniche “Ti attraverso” e “Totale.”
Assolutamente, devono essere orecchiabili! Il progetto nasce con un intento di canzone d’autore pop, ovvero unire la melodia al significato e alla profondità del linguaggio; sono un appassionato sia dell’aspetto melodico che di quello cantautorale, quindi mi sembrava che sia da un lato che dall’altro mi mancava qualcosa. Se mi dedicavo troppo alla melodia c’erano dei testi molto sterili e viceversa, focalizzandomi sul cantautorato, mi mancava l’aspetto melodico, perché spesso ne vengono fuori dei sermoni che ti raccontano una storia ma la rendono piatta.
In “Ti attraverso” affermi che Sogniamo di essere compresi ma subito dopo arriva il Ti vedo/ti attraverso/ma non ti capisco e in “Sospesi” invece canti E il lasso di tempo in cui non lavoro mi dedico a te/ma a dirla tutta lo faccio/soltanto per me: mi sembra di percepire un certo pessimismo verso le relazioni umane.
In realtà non ho punti di vista e in genere non amo spiegare molto i testi perché perdono poi il loro fascino criptico, è giusto che il lettore si faccia il suo percorso. Molti mi hanno detto di aver avuto percezioni completamente diverse, quindi mi fa pensare che in qualche modo il lavoro è giusto. In “Sospesi” canto di un gesto d’amore molto profondo, mentre in “Ti attraverso”, che è sempre una canzone d’amore, ci sono sicuramente degli aspetti di incomunicabilità che sono abbastanza contemporanei, siamo la generazione di mezzo tra l’era analogica e quella digitale, dobbiamo ancora assestarci, probabilmente migliorerà ma adesso la situazione è questa e io ci tengo a raccontare la mia epoca.
Parlando invece del tour, all’estero sei stato apprezzato per la tua musica con dei riconoscimenti: non hai mai pensato di fare qualche data fuori dall’Italia?
Giusto cinque minuti fa abbiamo annunciato il tour europeo!
Di cosa non puoi fare a meno quando sei in tour?
Di diversi riti, come ad esempio quello della lettura, se sono spostamenti lunghi, o del computer, perché continuo a lavorare e la sera tardi, dopo il concerto, spesso non mi addormento subito perché devo smaltire l’adrenalina accumulata e allora guardo dei film o delle serie tv.
Nelle tue canzoni c’è sempre stata la Sicilia, la tua terra natia, ma ora spunta anche Milano in “Maometto a Milano”. Il mare è comunque imprescindibile per Colapesce: ma cos’è il mare per un siciliano a Milano?
Il mare a me fa pensare subito a casa, alla mia adolescenza, perché dall’infanzia fino ai diciott’anni sono vissuto in posti di mare. Paradossalmente da quando sto a Milano mi è peggiorato l’accento siciliano e scrivo le canzoni ancora più focalizzato: “Vasco da Gama”, che è un pezzo profondamente marino, l’ho scritto sui Navigli. Nonostante la distanza il mare resta uguale, se mi butto in una grotta al centro della Russia il rapporto non cambia mai.
In ultimo, la classica spaventosa domanda: programmi per il futuro?
A parte il tour europeo, sto lavorando con due attori, Riccardo Goretti e Stefano Cenci, ad uno spettacolo teatrale comico che sarà un’analisi contemporanea sul disagio della nostra generazione. Io mi occupo di tutta la parte musicale e in parte anche della scrittura dello spettacolo. Poi continuo a fare il mio lavoro di autore per la Sony e ho altri progetti di scrittura, sicuramente per un nuovo album.
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