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tutte le foto di Michele Cardano

Il mestiere del fattorino-ciclista raccontato da tre donne che hanno deciso di mettersi uno zaino in spalla e pedalare.

Riders, fattorini, corrieri, pony express, ragazzi delle consegne; chiamateli come vi pare. Da Foodora a Just Eat, da Glovo a Deliveroo, il concetto è uno: pedalare per consegnare cibo (o altro) a domicilio.

Da quando sono nate le app di consegna, la gente ha smesso di scaldare surgelati e Milano (così come altre città) si è vista poco a poco invasa da cubi termici e giacche catarifrangenti.

Se però è del tutto frequente, tant’è che non ci si fa quasi caso, adocchiare un ragazzo che sfreccia nel traffico con il grosso marchio di una delivery app stampato addosso, vedere una ragazza fa ancora un certo effetto. C’è chi prova una certa ammirazione, chi una vaga sensazione di pena, chi non prende posizione. Ma una cosa è certa: le donne destano più curiosità perché il fattorino, come tanti altri, è considerato un “mestiere da uomo”.

Al di là di tutte le polemiche legate a questa nuova realtà, abbiamo parlato con tre donne che hanno scelto di mettersi lo zaino in spalla e pedalare, per curiosare nelle loro vite e rispondere ad alcuni perché.

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FABIOLA, RIDER PER DELIVEROO

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Fabiola vive in una zona residenziale di San Donato, non molto distante dal capolinea della metro. Ci accoglie con un vestito leggero e un enorme sorriso su di un viso acqua e sapone.

Ha 28 anni ed è originaria di Caracas, Venezuela.

Abita un appartamento ampio e luminoso insieme ad alcuni parenti e al marito David. All’interno c’è una bella atmosfera. Ci informa subito che in quella casa sono in tre a guadagnarsi da vivere facendo i fattorini, in attesa di trovare un posto nel settore in cui sono qualificati.

La rider, ha iniziato a farla da circa due anni. Più o meno da quando, da Caracas, ha raggiunto il marito David a Roma. Spiega di aver scelto questo lavoro perché, appena arrivata in Italia, non parlava l’italiano e fare la rider le è sembrato poco complesso dal punto di vista linguistico. Oltre a questo, suo marito David lavorava per Deliveroo ormai da qualche mese, perciò poteva aiutarla ad inserirsi.

OTTAVIA, (EX) RIDER PER FOODORA

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Ottavia non è più una ragazza, ma ne ha tutto l’aspetto. 44 anni, nata e cresciuta a Milano. Abita sola, o quasi, in una casa di ringhiera in Porta Venezia. Quasi perché non è solo una casa, la sua, è anche una piccola palestra. Ottavia, nella vita, fa l’acrobata e insegna questa disciplina alle giovani alunne che vanno e vengono dal suo angolo di mondo.

Quella della danza aerea è una passione nata tardi. Ottavia ha iniziato a dare lezioni intorno ai 38 anni, ma data la scarsità delle entrate faceva anche la cameriera. Quando il lavoro si è ben avviato però, un’amica le ha parlato di Foodora, una soluzione per arrotondare a fine a mese. All’inizio l’idea le è parsa assurda, pensava “non dovrei fare un lavoro da ragazzini.” Però si è fatta coraggio e ha deciso di provarci. Con il tempo la sensazione di essere “troppo vecchia” per questo lavoro le è passata, anche perché si è accorta di non essere l’unica over 40. Ora che la sua palestra va a gonfie vele, Ottavia ha smesso di lavorare per Foodora.

VIVIANA, RIDER PER GLOVO

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Viviana ha 28 anni e un cespuglio di capelli ricci e scuri in testa. Ha un modo delicato di parlare e sorridere e si imbarazza facilmente. Vive in un classico appartamento studentesco in Città studi, pieno di piante e oggetti colorati. Ci accoglie fresca di doccia, dopo una dura giornata di lavoro. Ha un appuntamento, a breve, con un pullman che la riporterà in Puglia per qualche giorno. Da grande, vuole fare la fotografa.

Viviana ha saputo dell’esistenza di Glovo qualche mese fa, tramite alcuni amici che ci lavoravano. In passato, si è sempre guadagnata qualcosa facendo la cameriera, ma dopo l’ultima stagione estiva non ha voluto riprendere, cercava qualcosa di diverso. E così, ha rimediato una bicicletta ed è diventata rider.

 

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Da fanciulla dai lunghi capelli svolazzanti, quando Fabiola indossa la sua tenuta da rider si trasforma: è sportivissima e il suo look è in perfetta armonia con la sua Pinarello.

Viviana dice di non amare molto la sua bicicletta, è un miracolo che abbia tenuto così a lungo. Non sembra neanche così comoda, ma se la fa andar bene. Ottavia, invece, ha la fortuna di non dover portare il cubo termico sulle spalle.

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Com’era, prima, il tuo rapporto con la bicicletta?

Fabiola Ho sempre avuto una discreta passione per la bicicletta. Quando abitavo a Caracas partecipavo alle gare. Era piuttosto pericoloso perché la città ha una viabilità disastrosa. Però devo dire che me la cavavo bene, e soprattutto mi piaceva. Quindi quando ho iniziato lavorare come rider lo vedevo più come un gioco che come un lavoro.

Ottavia (ride) Prima di iniziare non sapevo nemmeno se ero in grado di stare in equilibrio su una bicicletta, non salivo in sella da anni.

Viviana Non ho mai pedalato tanto. In un modo o nell’altro me la rubavano sempre prima che mi ci appassionassi. Però sono abituata a camminare tanto; ho fatto Santiago, la Francigena, tanti tanti chilometri. Ora che pedalo da un po’ mi sento più allenata, poi con il tempo si conoscono meglio le zone della città e diventa più facile. Prima di iniziare pensavo di conoscere bene Milano, invece ne ignoravo molte parti.

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Per quanto tempo pensi di continuare a fare questo lavoro?

Fabiola Io sono laureata in amministrazione commerciale, perciò mi piacerebbe trovare lavoro nel mio settore di pertinenza. Prima però devo superare il CILS, quindi sto seguendo un corso. Dopodiché cercherò lavoro, anche se so che è difficile trovarlo. Nel frattempo faccio la rider a tempo pieno.

Ottavia Ho smesso da poco. Per fortuna, il mio lavoro da insegnante si è ben avviato, perciò non ho più bisogno di fare la rider. Ma se dovessi avere ancora bisogno di arrotondare a fine mese, tornerei a farlo senza pensarci due volte.

Viviana Io penso che mi sposterò da Milano entro fine anno, quindi mi fermerò. Sicuramente continuerò a pedalare, ho scoperto un altro tipo di piacere, la bicicletta mi ha rivelato i benefici dell’allenamento.

 

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Un’esperienza spiacevole durante un turno di lavoro?

Fabiola Gli automobilisti dovrebbero essere più gentili con noi, avere un’attenzione in più. Invece spesso ti sfidano con l’auto e si mettono a litigare. Io non rispondo perché non mi piace litigare, ma anche perché non mi escono le parolacce in italiano (ride).

Una volta a Roma sono caduta sui sampietrini. Ero vicina alla fontana di Trevi, come sempre piena di turisti, e pioveva. Un giorno terribile per lavorare. Ero reduce da un turno di otto ore.

Sono caduta così forte che mi sono rotta il ginocchio. Piangevo, avevo ancora il cibo dentro allo zaino. Per fortuna, dopo un po’ i carabinieri mi hanno soccorsa. L’azienda mi ha chiamata da Milano chiedendomi perché ci mettevo tanto, si trattava di un cliente molto importante. Quindi sono andata a consegnare lo stesso. Fortunatamente, era gentile e mi ha lasciato una bella mancia.

Un altro episodio brutto è stato quando ho dovuto fare da formatrice a una ragazza, nel senso di doverle insegnare un po’ come funziona il lavoro assicurandomi che mi seguisse durante un turno. Il problema è che non sapeva andare in bici, stava solo sul marciapiede. Non era abituata al pavé, ai tram o alla folla. Così, a un certo punto un’auto l’ha investita. Per fortuna non si è fatta niente, ma per me è stato abbastanza scioccante. Le ho suggerito di cercare un altro lavoro, quello della rider era troppo pericoloso per lei.

Ottavia Un’esperienza brutta è stata quando, pedalando, ho preso in pieno una portiera aperta. Ho fatto un bel salto, mi sono spaventata. Ero comunque nel torto perché giravo senza luci, però guardando bene mi si vedeva. L’uomo alla guida si è arrabbiato, ma la moglie ha cercato di calmarlo dicendogli “stai buono che questa vuole soldi”. Perciò hanno finito per portarmi a fare la consegna in auto.

Viviana Una volta ho consegnato a una signora che aveva un problema con il pagamento. Evidentemente una nonna che aveva ordinato del cibo per i nipotini. Dato che dobbiamo assicurarci che il pagamento sia avvenuto prima di consegnare fisicamente la merce e che questo non avveniva, ho contattato il supporto. Erano lenti a rispondere, la signora stava perdendo la pazienza. Alla fine mi hanno detto che non avrei potuto consegnare finché il sistema non si fosse sbloccato. Data la situazione, ho deciso di lasciarle comunque la merce chiedendole di rimanere reperibile per effettuare il pagamento più tardi. Solo che non mi ha più risposto, né al telefono né al citofono. C’era un forte rischio che il pagamento fosse addebitato a me. Ero arrabbiatissima. Alla fine però il supporto ha risolto il problema, facendomi perdere un sacco di tempo.

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Com’è il rapporto con i colleghi uomini?

Fabiola Mi trovo bene con il colleghi maschi. Mi trattano normalmente, quasi come un uomo (ride). Non si fanno problemi a fare discorsi da uomini davanti a me. Devo dire che non mi sono mai trovata male con nessuno.

Ottavia Come sempre sul lavoro, mi sono capitati i piacioni. Se non ti sta bene, prendi la bici e te ne vai. Poi mi è capitato che si sorprendessero perché accettavo consegne molto lontane. Ma non mi sembrava logico rifiutarle perché sono donna.

Viviana Mi hanno aggiunta alla chat di gruppo, qualche tempo fa. Erano soprattutto uomini, e si lamentavano un sacco. Così l’ho abbandonata subito. Ho avuto l’impressione che gli uomini si lamentassero molto più delle donne.

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E con le colleghe donne? C’è solidarietà?

Fabiola Diciamo che sono davvero poche. Una che conosco ha due figli, e fa la rider solo per arrotondare. Poi ne conosco un’altra, studentessa. Come tanti altri studenti fa questo lavoro per una questione di flessibilità. In realtà non saprei. Non abbiamo molto tempo per parlare, perché quando inizi a chiacchierare una deve scappare per un ordine. In genere quando le altre donne scoprono che faccio la rider da due anni si sorprendono e mi chiedono consigli. C’è chi prova a socializzare e chi no.

Viviana Quando ci incrociamo ci salutiamo. Il rapporto però si limita a quando ci incontriamo nei punti di ritiro, nei ristoranti in cui si aspetta un po’ di più. Si crea una bella coda di riders, si chiacchiera, ma il tempo è sempre poco. Io conosco altre rider, ci salutiamo, ma niente di più.

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Come ti sei trovata, invece, con i clienti?

Fabiola Spesso i clienti mi dicono “oh, una donna, non pedalare troppo. Abbi cura!”

Sono specialmente gli anziani a preoccuparsi. Mi chiedono se sto bene, mi offrono da bere. Di tanto in tanto accetto un bicchier d’acqua. Non mi è mai capitato che mi trattassero male, a parte una volta: una ragazza che aveva dovuto aspettare a lungo non è stata troppo gentile.

Ottavia Ci sono stati quelli stronzi e quelli adorabili. Ci sono anche quelli che ordinano semplicemente perché non hanno l’ascensore e non hanno voglia di farsi le scale, oppure quelli che ti aspettano anche giù in strada, specialemente gli studenti. Non saprei dire se si stupissero del fatto che fossi una donna, sicuramente si stupivano di più per l’età.

Viviana Capita che si sorprendano del fatto che sono una donna, “oh, una Glovo femmina!”. Quando ad ordinare sono ragazzi, vedono che sono una donna perciò chiamano i coinquilini che, uno alla volta, si affacciano. A volte rientrano perché rimangono delusi, altre si fermano un attimo a chiacchierare. Sono scenette simpatiche, più che altro.

Invece situazioni poco piacevoli sono, ad esempio, le persone che aprono la porta in accappatoio, soprattutto gli uomini. Tramite l’app possono sapere che sta arrivando una ragazza, perciò sono veramente maleducati. Un uomo che ti accoglie mezzo nudo rende la situazione un po’ imbarazzante.

Quando capita faccio in modo di essere il più rapida possibile. Oppure mi è capitato il classico tizio che, in albergo, tira fuori solo la testa dalla porta. Se ne vedono di tutti i colori. Per me che amo la fotografia, ho in mente scatti meravigliosi sull’uscio della porta.

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Come mai, secondo te, sono così poche le donne che scelgono questo mestiere?

Ottavia Per una questione di pregiudizio da parte delle donne stesse. Una ragazza, di base, comincia a pensare che lavorare di sera, in bici e da sola sia pericoloso. In quanto donna, si sente più esposta al rischio.

Poi, senz’altro, per una questione culturale. Si pensa che una donna certe cose non possa e non debba farle.

Per me queste inibizioni non c’erano, ho sempre fatto lavori un po’ mascolini, come l’assaggiatrice di whiskey o la direttrice di una sala da gioco.

E mi sono sempre sentita dire “ma scusa, sei una donna.” Non so se le donne in generale aumenteranno in questo settore, sicuramente aumenteranno le ragazze giovani; a vent’anni se la menano di meno.

Viviana Da quel che vedo negli ultimi tempi le donne stanno aumentando un po’. Fino a due mesi fa eravamo in tre a lavorare tutti i giorni, più qualcuna nei fine settimana.

Poche donne scelgono questo lavoro perché è un lavoro duro. Non per una questione di genere, il lavoro è duro per tutti. Però le ragazze come me, spesso preferiscono lavori part time nella ristorazione o nei negozi.

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Un lavoro fisico e stancante. Com’è essere una rider quando hai il ciclo?

Fabiola Ovviamente è scomodo. Ma fare sport è più salutare che non farlo, le endorfine ti permettono di controllare meglio l’umore. Poi alcuni giorni prima del ciclo si è più predisposte ad allenare la resistenza. In pratica lo si gestisce un po’ come fanno le atlete.

Certo, a volte mi fa molto male la schiena perciò non riesco proprio a portare lo zaino, sono costretta a saltare il turno. Soprattutto quando piove; questo materiale assorbe tutta l’acqua perciò lo zaino diventa 5 chili più pesante.

Viviana Per me è una questione mentale. Comunque il lavoro si può un po’ rallentare. Non c’è nessuno che ti punta la pistola addosso. Sicuramente è più faticoso, poi ora che fa caldo.

A proposito di ciclo; una volta, sotto la neve, portavo nello zaino una spesa. Ma si trattava solamente di un pacco di assorbenti. Mi sembrava assurdo attraversare la città per portare una cosa così ridicola, ma cercavo di convincermi che stavo portando a qualcuno la cura per il cancro o chessò. Era proprio incredibile.

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Amici e familiari. Come vedono il tuo lavoro da rider?

Fabiola Bene, anche perché sia mio marito che mio cognato fanno lo stesso mestiere.

Ottavia Mia sorella ha sempre pensato che stessi facendo una cazzata, ma in generale non ha mai visto bene le mie scelte professionali. Continua a chiedermi quando metterò la testa a posto e andrò a fare l’impiegata.

I miei amici sono molto giovani, spesso sono mie allieve, quindi non si fanno problemi.

Alcuni uomini mi hanno detto che sono affascinante, mi vedono come la donna sportiva che non invecchia mai. Ecco, non ho avuto feedback negativi proprio perché frequento gente giovane. Tempo fa però frequentavo un uomo che mi guardava in modo un po’ pietoso, infatti ci siamo lasciati.

Viviana In realtà non mi sono confrontata molto a riguardo ma sono abituati al fatto che non faccia cose proprio classiche. Gli amici o il mio compagno, quando si rendono conto di com’è il mio lavoro, magari si complimentano per la forza che dimostro. Le mie coinquiline invece si preoccupano un po’ per i pericoli che corro sulla strada.

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L’immagine che ci portiamo a casa di queste di tre donne è un’immagine forte.

È quella di Fabiola che inizia il turno serale con un entusiasmo unico, è quella di Viviana che si sbriga a preparare una borsa per tornare in Puglia, ed è quella di Ottavia, che, mentre usciamo dal suo appartamento, ci tiene a confidarci un’ultima cosa: “A me questo lavoro rimanda un’immagine di me positiva, perché ho fatto una cosa che non pensavo avrei potuto fare. È stata una scommessa, una conquista.”


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