Ketama126, l’acqua cheta del rap italiano

“Se uno contestualizza mettendoci la propria cultura, la trap è come se diventasse la musica country, intesa come popolare, però del 2020, del futuro.”

Ketama126, l’acqua cheta del rap italiano

in copertina, foto di K.A.M.I.S.A.L.A.K.

“Se uno contestualizza mettendoci la propria cultura, la trap è come se diventasse la musica country, intesa come popolare, però del 2020, del futuro.”

Il suo nome d’arte gli è rimasto incollato quando il padre di Gordo, un amico d’infanzia di Ketama, avvisò il figlio: “Stai attento, quello è un’acqua cheta!”. Dopo aver ascoltato l’album, e riflettendo sulla giovane carriera di Tama, non si può che ammettere che l’intuizione del padre di Gordo era giusta.

Membro della crew romana Lovegang, di cui fanno parte i più noti Carl Brave e Franco126, ma anche Pretty Solero, Drone126, ASP126, Ugo Borghetti e Nino Brown, Ketama126 ci ha raccontato la prima metà del suo ultimo album: Rehab. La seconda parte dell’album uscirà tra qualche mese per “tenerci caldo d’inverno.” Tra le altre cose, abbiamo parlato del ruolo che un cantante ha nel contesto sociale in cui vive e dell’affettazione di tanta parte del rap italiano, passando per il rapporto di Ketama con le droghe e il cristianesimo.

In un’intervista a Rolling Stone hai detto: “La mia musica è la mia rehab. Se non ce l’avessi non saprei proprio che cazzo di ruolo potrei avere nella società.” Perché è importante definire per sé un ruolo all’interno della società?

Per avere una propria indipendenza. Ruolo lo intendo come lavoro, quindi un’attività con cui mi possa mantenere. Voglio fare qualcosa che sia anche “utile” in qualche modo alla società, diciamo: la musica è un’arte quindi è una cosa che sicuramente non fa male. Mi piace pensare di poter dare il mio contributo.

Hai collaborato con Generic Animal, voi due siete rappresentativi delle scene musicali più floride in Italia al momento. Non pensi che sia la trap sia l’indie siano già arrivati a un punto di saturazione? Che, di nuovo, non ci sia più nulla di nuovo?

Sicuramente alcuni esponenti di queste scene fanno gli stessi pezzi da una cifra di tempo e non fanno più nulla di nuovo, ma penso che il bello della musica stia proprio nella possibilità di mischiare diversi generi. Infatti ho collaborato con Generic Animal, che è rappresentante dell’indie, e abbiamo creato qualcosa di nuovo fondendo due cose che non erano mai state messe insieme prima, quindi si può sempre creare qualcosa di nuovo.

Hai deciso di pubblicare l’album a sorpresa, per evitare l’hype. Cosa ti dà fastidio dell’hype?

Mi dà fastidio il fatto che crea un sacco di aspettative nella gente che poi magari non vengono rispettate e deludi quelle persone. In generale non sono una persona che ama stare sotto i riflettori inutilmente — cioè, non sono timido, ma nemmeno mi piace stare al centro dell’attenzione a buffo se non ho niente di concreto da proporre.

In maniera profana tocchi molti temi cristiani, penso a tracce come “Oh Madonna”, “Angeli Caduti” o “Triste.” In “Angeli Caduti” l’outro è un estratto di “Mean Streets” il cui protagonista è fortemente combattuto tra la sua vita criminale e il suo forte senso religioso. Qual è il tuo rapporto col cristianesimo?

Io, come la maggior parte degli italiani, sono cattolico e ho fatto battesimo e comunione, la cresima no, però sono stato educato con certi principi — non che la mia famiglia sia particolarmente religiosa, anzi, alla fine so del Vangelo e su certe cose, nonostante io non sia religioso e praticante, penso che quelle parole, al di là di tutto il contorno, diano un bel messaggio che è valido anche ad oggi.

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Hai dichiarato che la trap negli Stati Uniti è la musica dei rinnegati, mentre in Italia non è molto più che un compitino; che in America nessuna madre potrà essere contenta che il figlio ascolti Gucci Mane, mentre in Italia Ghali è ascoltato da madri e figli assieme. C’è in Ketama una certa pulsione che lo spinge a voler essere un rinnegato?

Può essere, non lo so, come ho detto prima non mi piace stare al centro dell’attenzione a buffo e comunque sono sempre stato dalla parte dei più deboli. Io non voglio essere un rinnegato, però faccio musica per rappresenta sempre un po’ gli emarginati della società. Mi piace fare musica per descrivere questo lato, non voglio raccontare il potente ricco che schiavizza il lavoratore, quindi sì, voglio far musica per la gente che è come me, vera, che non c’ha una lira magari, piuttosto che per il proprietario di azienda.

Come si fa ad evitare di essere de plastica in un paese come l’Italia che, in ogni caso, mutua sempre le proprie scene musicali da quelle estere?

Comunque puoi sempre contestualizzare quello che fai. La trap è un genere figo perchè è globale, in ogni punto del mondo si mischia con la cultura del luogo. In Sud America con il reggaeton e la musica latina, gli arabi la uniscono con il loro modo di cantare, e via dicendo. Quindi, se uno contestualizza mettendoci la proprio cultura, il risultato non credo sia di plastica, anzi, è come se diventasse la musica country, intesa come popolare, però del 2020, del futuro.

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foto di K.A.M.I.S.A.L.A.K.

C’è per te un valore nella ribellione a una “società che fa schifo al cazzo”? Oppure ormai ribellarsi è inutile ed è meglio fare schifo, quanto fa schifo il contesto in cui viviamo?

Non ti dico che sia tutto inutile, però mi sembra l’impressione che ha la gente. Le persone non si ribellano mai e accettano tutto, un po’ di spirito critico non penso farebbe male, per come la vedo io, ma la percezione che ho è che non ci sia la voglia di reagire.

Un aspetto molto interessante della tua poetica è il tuo alternare, in modo anche improvviso, immagini alte e basse. Un esempio: “Troia sul divano sembra un Modigliani, eh.” Qual è l’intento dietro a queste contaminazioni?

Boh, mi è sempre piaciuto accostare concetti opposti e giocare su questo. Penso che se si mettono vicine due cose completamente diverse una mette in risalto l’altra, quindi dai più valore a quello che stai dicendo. In più un quadro e una prostituta sono due forme d’arte, in un certo senso, ci trovo della poesia in entrambe.

La scelta di fare uscire Rehab in due spezzoni è dovuta a una differenza di contenuti o sonorità tra la prima e la seconda parte? Cosa dobbiamo aspettarci per quest’inverno?

Per quanto riguarda le sonorità penso di voler mantenere più o meno lo stesso filone, anche se nella prima parte, nonostante ci sia un filo conduttore, credo di aver sperimentato diverse cose a livello musicale. Cercherò di mettere per la prima volta dei feat diversi da quelli che faccio di solito, quindi non più solo la Lovegang con cui ho sempre collaborato ma altri personaggi della scena. Inoltre, mi piacerebbe usare più strumenti suonati dal vivo.

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