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Soprannominate da sempre giganti dei mari, oggi le balene sono minacciate da attività come la pesca e dall’inquinamento da plastica.

Con 30 metri di lunghezza e 200 tonnellate di peso, la balena è la più grande protagonista indiscussa di tutti i mari e oceani del Pianeta. Le balene non sono dei pesci, come erroneamente molti credono, ma sono dei cetacei: cioè dei mammiferi acquatici. Il loro corpo è adatto a vivere nell’acqua; infatti hanno una forma simile a quella dei pesci (Figura 1). Gli arti superiori sono sostituiti da pinne pettorali molto lunghe, quelli posteriori sono mancanti e la grossa coda è trasformata in una enorme pinna, utile per spostare grandi masse d’acqua. Un enorme strato di grasso riveste l’intero corpo, garantendole un giusto calore interno e, quindi, di sopravvivere anche negli ambienti più freddi della Terra. La loro respirazione è particolare. Respirano in modo differente dai pesci. Dotate di polmoni di grosse dimensioni, riescono a compiere lunghe apnee. Due cavità nasali, gli sfiatatoi, poste in cima alla testa, le consentono di respirare. Prima di immergersi, gli sfiatatoi si chiudono, per poi riaprirsi una volta riemerse, generando un potente getto, il cosiddetto “soffio delle balene.”

Esistono diverse specie di balena, tra queste ricordiamo: la Balenottera Azzurra, la Megattera e il Capodoglio. I suoi “piatti preferiti” sono sicuramente il plancton e piccolissimi gamberetti, chiamati krill. Quando ha fame, la balena spalanca l’enorme bocca e, grazie a strutture al posto dei denti (i fanoni) riesce a filtrare l’acqua e a catturare queste prelibatezze in grandi quantità.

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Figura 1. Schema dell’anatomia di una balena.

Un’altra differenza con i pesci consiste nel modo di riprodursi. La madre, dopo una gravidanza di poco piú di un anno, dà alla luce un piccolo già di diversi metri di lunghezza. Provvista di ghiandole mammarie, la femmina produce il latte che serve alla nutrizione del cucciolo nei primi mesi di vita.

Questi animali rivestono un ruolo importante nel mare. Insieme ai delfini, rilasciano le loro feci ricche di nutrienti in superficie, garantendo la sopravvivenza del fitoplancton, anello indispensabile dell’intera catena alimentare marina.

I giganti rischiano la scomparsa

Attualmente, le balene sono particolarmente a rischio di estinzione per diverse ragioni. Prima di tutto, moltissimi esemplari vengono cacciati, sin dall’antichità, sia per la carne sia per il grasso, destinata alla produzione di olii per la cosmesi. Oggi la caccia è vietata e infatti la caccia alle balene viene compiuta illegalmente. Giappone, Islanda e Norvegia, da sempre in prima linea, non vogliono rinunciare al “bottino” (Figura 2). Qualche anno fa, ha suscitato molte polemiche il caso del Giappone che, durante una “falsa spedizione scientifica”, ha ucciso 333 balene. Tra queste, 122 erano incinte e 114 erano cuccioli.

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Figura 2. Il grafico mostra il numero di balene uccise da Norvegia, Islanda e Giappone tra il 2010 e il 2015.

Anche la pesca tradizionale può essere un problema poichè questi animali rimangono impigliati nelle reti, procurandosi gravi ferite soprattutto alla coda.

Molte organizzazioni ambientaliste, come Greenpeace, continuano a organizzare campagne per intercettare e fermare le attività delle baleniere, che però vengono alimentate dall’enorme domanda del mercato del pesce.

Anche i cittadini rivestono un ruolo importante nel preservare le comunità dei cetacei.

L’acquisto e il consumo responsabile di pesce e la riduzione dei rifiuti prodotti nel quotidiano sono due azioni che possono contribuire significativamente a ridurre l’impatto antropico sulla risorsa ittica.

Un’altra grave minaccia è il marine litter, ossia l’inquinamento delle acque marine, costituito principalmente dalle microplastiche. Tonnellate di rifiuti riversati in tutti i mari del mondo (Figura 3), finiscono sempre di più nello stomaco di questi animali, condannandoli a morte certa.

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Figura 3. Mappa dell’inquinamento della plastica nelle acque del Pianeta. (BBC)

Solo nel Mediterraneo, un capodoglio su tre muore dopo aver ingerito accidentalmente buste di plastica. In Thailandia, nello stomaco di una balena pilota spiaggiata, ne sono state ritrovate addirittura 80 e oltre alle balene, questa tipologia di inquinamento è un pericolo anche per tutta la biodiversità marina.

Di sicuro le aree marine protette, se correttamente gestite, giocano un ruolo fondamentale per la conservazione e la tutela di queste specie, ma lo stress antropico che colpisce delfini, balene e capodogli è decisamente fuori controllo e per limitarne l’impatto sull’ecosistema marino servono soluzioni mirate e una normativa ambientale più stringente.


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