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È probabile che Salvini sappia tutte queste cose ma abbia deciso di ignorare la ragionevolezza per ragioni di calcolo politico.

In questo primo mese e mezzo di governo, formalmente retto dal professore di diritto Antonio Conte, Salvini è stato il protagonista indiscusso del dibattito italiano. Come già prima delle elezioni, è riuscito a imporre la propria agenda al discorso pubblico del paese, che si è di fatto trasformato in un giudizio sulla sua politica e la sua persona.

Uno degli strumenti principi del ministro dell’Interno è la propria pagina Facebook che lo staff di Salvini mantiene in costante attività, sempre cercando di urlare un decibel sopra tutti gli altri. Ieri sera il segretario leghista ha pubblicato l’ennesimo post feroce verso i migranti, con il solo scopo di far discutere e indirizzare la rabbia del proprio elettorato — conquistato o da conquistare — verso qualcuno di ancora più debole di loro.

In questo caso, i più deboli sono i poveri migranti presi a bordo nel canale di Sicilia dalla nave della Guardia costiera italiana “Diciotti,” dopo essere stati salvati dal rimorchiatore Vos Thalassa — ed essere stati quasi ingannati e riconsegnati alle motovedette libiche, come si può leggere in questo sconfortante articolo di Repubblica.

I due “facinorosi,” un termine che non si sentiva da quando Berlusconi commentava le azioni dei militanti dei centri sociali un’era geologica fa, sarebbero i due migranti che si sarebbero opposti con più decisione alla propria riconsegna ai libici, e per cui il ministro Toninelli ha annunciato l’arresto, non si sa bene a che titolo. Il post di Salvini però, come abbiamo visto, va oltre le semplici accuse arbitrarie e sfida qualsiasi logica di buonsenso, visto che in un gran numero di questi paesi c’è la guerra.

Andiamo con ordine. In Pakistan, un’intera regione è controllata dai talebani. Nel 2016, il governo americano ha inserito il Pakistan al quarto posto nella lista dei paesi colpiti da più attentati terroristici, con un totale di 734 attentati e 1010 vittime. Inoltre, aree rilevanti del suo territorio, soprattutto al confine con l’Afghanistan, sono di fatto fuori dal controllo governativo e comandate da gruppi di affiliazione estremista islamica.

Il Bangladesh — da cui il nostro paese, in questa occasione, viene invaso addirittura da un migrante — è coinvolto in una rilevante crisi di rifugiati Rohingya, espulsi a centinaia di migliaia dal vicino Myanmar a causa di una pulizia etnica.

Stesso insopportabile carico di rifugiati arriva dal Chad, dove oltre a esserci stata una guerra civile fino al 2010 si registrano numerosi attacchi di Boko Haram dalla confinante Nigeria.

In Egitto c’è una dittatura ferocissima: il che d’altro canto non sembra importare minimamente a Salvini, visto quanto ha detto riguardo alla vicenda di Giulio Regeni.

In Libia la guerra civile dura dal 2011, e ha lasciato il paese in stato di completo sfascio. Sorprende che Salvini non lo sappia, visto che ci è andato in visita solo un paio di settimane fa.

In Palestina non dovrebbe nemmeno essere necessario commentare quello che succede: un’occupazione che va avanti da almeno 50 anni da parte dello stato israeliano, con continui soprusi e violazioni dei diritti umani, oltre che a moltissimi morti come quelli freddati dai cecchini durante le manifestazioni dello scorso mese.

In Sudan persistono le tensioni interne con la regione del Darfur, un conflitto che ha portato a più di 400.000 morti nel corso degli ultimi quindici anni. Il presidente sudanese Omar al-Bashir, inoltre, è stato accusato a questo riguardo nel 2008 di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. È ancora in carica, e il governo italiano coltiva con lui rapporti anche stretti, che hanno prodotto una vicenda assurda e tragica come il caso Mered.

In Yemen è attualmente in corso una feroce guerra tra i ribelli Houthi e i filo governativi del presidente Hadi, che rispondono di fatto all’Arabia Saudita — la quale si sta rendendo protagonista di crimini e bombardamenti indiscriminati grazie anche alle bombe made in Italy.

Tiriamo le somme dunque. Su 12 paesi di provenienza dei rifugiati a bordo della nave Diciotti, 8 vengono da paesi in cui sono in corso conflitti armati, dittature sanguinarie, stati del terrore.

È probabile che Salvini sappia tutte queste cose ma abbia deciso di ignorare la ragionevolezza per ragioni di calcolo politico. Bisogna però andare oltre la semplice conta di quante cose sbagliate sia riuscito a condensare Salvini in un solo post, e provare a offrire una lettura alternativa di quanto sta accadendo nel Mediterraneo e, in generale, nel mondo.

In particolare, è tempo di abbandonare del tutto la distinzione tra rifugiati e migranti economici. Questa discriminazione persiste ancora nei discorsi di tutto lo spettro politico italiano ed europeo. Se i rifugiati “da paesi di guerra” vengono trattati come pacchi postali e si cerca di rimpallarli tra paesi membri, il loro diritto all’accoglienza viene ancora riconosciuto — anche perché è sancito da numerose leggi internazionali. Chi invece scappa da posti in cui semplicemente si muore di fame, nell’ottica che con varie sfumature va dal Pd alla Lega, dev’essere auspicabilmente rispedito a casa e “aiutato a casa propria.”

Questa logica, appoggiata in pieno anche da Salvini, è pensata per avere nuovi argomenti con cui attaccare i migranti su un piano razzista e ideologico definendoli pigri, mantenuti, eccetera, e avere più argomenti per attaccare la loro stessa esistenza. Non si tiene conto che anche chi non ha una guerra in casa in senso stretto scappa da condizioni spesso ai limiti della sopravvivenza e da catastrofi climatiche visto che, come ci ha anche riferito l’europarlamentare Antonio Panzeri in un’intervista il mese scorso, le migrazioni climatiche saranno una costante drammatica del prossimo secolo.

In definitiva, non andrebbe messa in discussione la libertà di movimento delle persone, che dovrebbe essere un diritto fondamentale e inalienabile di ognuno di noi. Anche perché la stessa domanda posta da Salvini alla fine del suo post domanda può essere rivolta anche ai propri compatrioti: i 250.000 italiani che ogni anno si trasferiscono all’estero, che rendono l’Italia ottavo paese del mondo per provenienza di migranti davanti a Vietnam e Afghanistan, scappano forse da una guerra?

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