Ha senso abolire il bonus cultura, come vuole il ministro Bonisoli?
Il bonus cultura è stata una delle poche misure espansive degli ultimi quindici anni, ma è stato anche ampiamente criticato per come è stato erogato.
in copertina, foto cc Mikael Altemark
Il bonus cultura è stata una delle poche misure espansive degli ultimi quindici anni, ma è stato anche ampiamente criticato per come è stato erogato.
“La 18 App vale 200 milioni. Meglio far venire la fame di cultura ai giovani, facendoli rinunciare a un paio di scarpe.” Non è una frase pronunciata da Dolores Umbridge ma dal nuovo Ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli, con cui ha di fatto annunciato che il bonus cultura non verrà rinnovato nei prossimi anni. Il bonus cultura è stato pensato dal governo Renzi per i ragazzi che avrebbero compiuto 18 anni nel 2016, ed è stato riproposto nelle annate successive. Gli interessati hanno avuto a disposizione 500 euro da spendere in vari ambiti culturali, come l’acquisto di libri, corsi di teatro o biglietti per concerti.
Il bonus cultura è stata una delle poche misure espansive pensate da qualsiasi governo degli ultimi quindici anni, specie in quanto a politiche giovanili. Abbiamo chiesto un parere a qualche diretto interessato per capire se e quanto un contributo di 500 euro potrebbe mancare ai futuri diciottenni residenti in Italia — potevano accedere al buono, infatti, anche gli stranieri residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno.
“Purtroppo ho saputo della proposta di abolizione, e mi dispiace molto perché é un buon modo per invogliare i giovani a comprare libri, oppure ad andare a vedere dei concerti o musei” secondo Melisa [sic], una ragazza del 1999 che frequenta una scuola a nord di Milano. “Io l’ho usato principalmente per comprare libri, per i concerti e per andare al cinema. E ho intenzione di utilizzarlo ancora per altri libri. Credo che sia una buona iniziativa.”
Il bonus ha ricevuto generalmente pareri favorevoli dai ragazzi con cui abbiamo parlato. Nonostante ciò si è sempre prestato a diverse polemiche, alcune ripetute dagli ragazzi stessi ragazzi che hanno formulato giudizi positivi. Una di queste riguarda proprio il fatto che non desse accesso a tutti i servizi culturali, e che desse accesso a servizi che culturali non sono — anche per il fatto che, com’è noto, non è immediato stabilire cosa è “culturale” e cosa no. Ad esempio: nel 2018, un computer è uno strumento di cultura? No, secondo il governo Renzi. Inoltre, soprattutto all’inizio della campagna, non tutti i servizi definibili in modo unanime come “culturali” rientravano nel potere di acquisto offerto da 18app, in parte anche perché vari fornitori come cinema ed enti culturali non avevano ultimato la procedura per aderire.
“Non sapevo volessero abolirlo, sono fuori dall’Italia da 1 anno e mezzo ormai. Sinceramente credo che toglierlo sia una cosa sbagliata,” ci racconta Elena, una 21enne della provincia milanese. “Sicuramente ci sarà stata gente che non avrà utilizzato il bonus nella maniera corretta o se ne sarà fregato, ma a tanti altri è servito per i libri universitari, per corsi di lingua e molte altre cose. Io ho usato il mio bonus soprattutto per libri e musei: libri di tutti i generi a partire dai libri di lettura di tutti i giorni, fino a corsi di lingua e guide. Musei pochi, perché non c’erano mostre incluse nel bonus che potessero piacermi.”
“Banalmente siamo andati a teatro e museo in una gita scolastica ho chiesto in segreteria se potessi pagare con il bonus e mi è stato negato,” ci racconta Martina, una ragazza nata nel 1999 della provincia a Nord di Milano.
“C’erano problemi con la fattura… voglio dire, se è un bonus cultura valido per la cultura perché non lo posso utilizzare nelle gite scolastiche? Alla fine se un ragazzo/a che ha il bonus non è attratto dalla cultura alla fine ne utilizzerà pochi, quindi perché non si può trovare un modo per pagare le gite scolastiche (ovviamente in teatri e musei) con il bonus cultura senza avere problemi?! In generale io sono rimasta soddisfatta e sarebbe un peccato eliminarli.”
Un altro punto critico del progetto infatti sono state le modalità di erogazione. I diciottenni interessati infatti, dopo aver registrato il proprio profilo SPID, devono scaricare un’app — da cui, appunto, il termine 18app — per poi usufruire dei servizi desiderati. Così facendo si sono scavalcate le scuole, che sarebbero potute essere un buon regolarizzatore di un’iniziativa fin dall’inizio non ben definita. Probabilmente però con il passaggio dalle scuole si sarebbe perso una buona parte dell’effetto mediatico, qualcosa su cui il governo Renzi contava molto.
“Per avere il buono serve un iter lunghissimo che ha fatto sì che molte persone non riuscissero neanche ad ottenerlo, e molte librerie o teatri non accettano il bonus,” ci fa notare Paolo, uno studente milanese. “Io personalmente l’ho usato molto, principalmente per libri, perché mi ha dato la disponibilità in ogni momento di comprarne quando ne trovavo uno. Alcune volte l’ho usato anche per mostre e teatro ma non tantissimo. Sicuramente ritengo possa essere una cosa positiva e che possa incentivare i ragazzi della mia età a dedicarsi a qualcosa di culturale, se così vogliamo dire, ovviamente però non si può negare che il buono per i diciottenni non sia stato altro che una trovata elettorale in linea con gli ottanta euro, prosegue Paolo. “Io la reputo sicuramente una cosa positiva ma bisogna capire se ci sono le disponibilità per una tale spesa e quali sono le motivazioni per le quali si fa, dunque mi fa un po ridere l’attacco del Pd, che in queste ore si comporta come se fossero dei benefattori della cultura.”
Il Pd in queste ore sta infatti attaccando duramente la posizione del neoministro Bonisoli. Oltre alle prese di posizione dei vari membri, Arianna Furi — che con i suoi vent’anni è il membro più giovane della Direzione Pd — ha lanciato una petizione per invitare il ministro a rinnovare il bonus cultura anche nei prossimi anni. “Un Governo che vuole investire sui giovani dovrebbe rendere questo strumento permanente anche per i futuri 18enni, non cancellarlo! Un provvedimento che anche altri Paesi ci stanno copiando non può diventare in Italia solo un esperimento temporaneo,” ha scritto Furi. “Caro Ministro Bonisoli, ascolta e abbi fiducia nei giovani: permettici di vivere in un Paese che crede davvero che la formazione delle nuove generazioni possa e debba partire dalla cultura.”
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