Il Movimento per l’Emancipazione della Poesia vuole riportare la poesia nella quotidianità, e sui muri
Se vi è capitato di imbattervi in fogli riportanti poesie lungo i muri della città o di leggere versi poetici di autori sconosciuti in qualche locale, vi sarete chiesti chi si cela dietro a quei pezzi di carta.
Se vi è capitato di imbattervi in fogli con su scritte poesie lungo i muri della città, o di leggere versi poetici di autori sconosciuti in qualche locale, vi sarete chiesti chi c’è dietro a quei pezzi di carta.
Si tratta del MEP, un gruppo di artisti che desiderano ridare valore alla poesia. Il Mep — Movimento per l’Emancipazione della Poesia — nasce a Firenze otto anni fa con l’intento di reintrodurre la poesia nella vita di tutti i giorni. Per farlo, i suoi membri hanno scelto un metodo semplice ma diretto: l’attacchinaggio di poesie sui muri delle città. Abbiamo intervistato alcuni di loro che ci hanno spiegato come è nato il movimento e quali obiettivi si pone.
Quando e in che modo il movimento ha preso forma?
Il primo nucleo del movimento è nato a Firenze nel 2010, quello di Milano è il secondo per fondazione e grandezza. È nato dall’idea di quattro o cinque amici di creare una forma di comunicazione alternativa, con un supporto alternativo: i muri. Con il passare del tempo il movimento si è espanso e oggi si contano una ventina di gruppi in Italia e all’estero.
Quali sono gli obiettivi del Mep?
L’obiettivo principale è portare la poesia alle persone — “la poesia prima di tutto,” si potrebbe dire. Per mettere la poesia in primo piano abbiamo deciso di essere anonimi, non usiamo mai il nostro nome, ma delle sigle. L’unico momento in cui sospendiamo l’anonimato è durante le autogestioni nei licei, in quei casi ci mettiamo la faccia, spieghiamo chi siamo e cosa facciamo.
Chi fa parte del Mep?
Accettiamo chiunque tra le nostre file, non c’è selezione all’ingresso. Per questo motivo consideriamo il Mep un movimento sociale più che artistico, siamo totalmente inclusivi. Quello che chiediamo a chi decide di farne parte è la militanza, la partecipazione. Al nostro interno ci sono persone che non scrivono poesie ma che in certi momenti si rivelano più utili di chi scrive. All’interno dei singoli gruppi può cambiare la composizione del nucleo ma la missione rimane sempre la stessa.
Di cosa si occupano le persone che non scrivono poesie?
Le persone che non scrivono si occupano dell’organizzazione. È necessario chiarire che il Mep è emancipazione della poesia e non scrittura della poesia, per questo organizziamo tante attività e non è necessario che ognuno di noi scriva. Ci sono alcuni membri che scrivono ma non vogliono condividere le loro parole, c’è anche questa possibilità. La cosa davvero importante è la militanza, il contributo. Dal 2010 ad oggi il movimento si è espanso, non abbiamo bisogno di così tanta gente che scriva.
Quello che facciamo nel momento dell’attacchinaggio è stampare in maniera casuale le poesie di tutto il movimento. I membri del Mep non fanno parte del movimento per mettere le proprie poesie sul muro, partecipano per mettere la poesia sul muro, quella di chiunque. Il contributo che da un membro che non scrive è lo stesso contributo che da chi scrive, non c’̀è nessuna distinzione.
Le vostre opere sono protette da copyright?
Siamo protetti da licenza Creative Commons. Tutto quello che scriviamo può essere riprodotto a patto che rimanga integro nella sua forma, che venga citata la fonte e che non sia a scopo commerciale. Le nostre poesie possono essere diffuse da chiunque ma ciò deve avvenire in maniera totalmente gratuita. I membri non hanno nessun tipo di guadagno.
Avete dei criteri per quanto riguarda la scelta dei luoghi in cui vengono attaccate le poesie?
Sì. In genere scegliamo dei muri sporchi o scrostati, non attacchiamo mai le poesie su edifici pubblici, chiese o monumenti. In certi luoghi non possiamo utilizzare la colla dunque optiamo per lo spago. Da qualche tempo abbiamo iniziato a stampare le poesie in formato A6, più piccolo del solito, per poterle lasciarle tra le pagine dei libri nelle librerie o nelle biblioteche. Cerchiamo di fare tutto ciò che si può diffondere la poesia in maniera immediata. Abbiamo un nostro codice e lo facciamo notare quando riceviamo delle lamentele. Fondamentalmente attacchiamo poesie sui muri. All’attività principale dell’attachinaggio ruotano poi intorno tante altre attività: interveniamo durante le assemblee scolastiche o a convegni tenuti dalle associazioni culturali che ci chiamano.
Collaborate con altri gruppi, con altre realtà?
Nel tempo abbiamo partecipato a tante attività ed è capitato di collaborare con altri artisti di strada. Ci capita spesso di essere invitati a tavole rotonde o convegni, per esempio, si è tenuto da poco a Bologna “Muri diVersi”, un festival sulla poesia di strada al quale abbiamo partecipato.
Come definireste il Mep?
Siamo un movimento ateo e apolitico, non vogliamo dare un anima schierata al Mep. Ci piace l’idea di agire sulla società, desideriamo partecipare e modificarla secondo il nostro fine.
Qual è il fine ultimo del movimento?
Il fine ultimo è far sì che il movimento smetta di esistere. Quando la poesia sarà tornata a far parte della vita quotidiana delle persone, allora il Mep avrà compiuto la propria missione e non avrà più ragione d’essere.
Che tipo di riscontri avete avuto da parte del pubblico?
Le persone scrivono tantissime cose sui nostri fogli appesi, dagli insulti ai completamenti. Alcuni cancellano qualche parola per dare un senso nuovo alla poesia. Non abbiamo un modo vero e proprio per valutare cosa pensa la gente delle nostre poesie tranne che attraverso i social. Non ci interessa così tanto quello che pensa la gente perché non cambierebbe comunque il nostro modo di operare, non è tra gli obiettivi rispondere al gusto delle persone, non vogliamo fare questo. Il Mep vuole semplicemente gridare al mondo ”ehi, la poesia esiste ancora ed è qualcosa che vale la pena leggere e che fanno tutti, non solo i grandi poeti”. Tutti i vari giudizi sulla liceità delle nostre azioni o la bellezza delle nostre poesie vengono lasciati al lettore ma è un passo successivo, non è la cosa che a noi interessa. Quello che ci interessa è creare uno spazio in cui la persona e la poesia siano incontatto.
Come si è diffuso il Mep all’estero?
Di solito si tratta di studenti o lavoratori italiani che hanno già partecipato attivamente in Italia e hanno deciso di portare in un altro paese la nostra missione. Credo siano pochissimi quelli che hanno aderito indigeni. Purtroppo all’estero nascono una serie di problemi che riguardano la lingua e i luoghi in cui attaccare le poesie. Al momento le poesie sono scritte in italiano e all’estero rischiano di perdere il loro significato, per questo stiamo cercando di tradurle in modo da averne un bacino in lingua straniera da utilizzare quando nascono dei nuclei in nuove città. Esistono anche delle difficoltà legate ai luoghi in cui appendere le poesie: Ci sono città, per esempio Londra, in cui molti pali vengono verniciati con un prodotto che impedisce di attaccare qualsiasi cosa.
Tutte le foto dalla pagina Facebook del Movimento per l’Emancipazione della Poesia
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