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A Tashirojima gatti ed esseri umani vivono in simbiosi, ed è grazie alla reciproca solidarietà che la comunità dell’isola riesce a sopravvivere.

Da domani fino al 2 maggio, in esclusiva alla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, si potrà vedere Cat Heaven Island, il documentario del filmmaker americano Landon Donoho sull’isola di Tashirojima, situata nella parte orientale del Giappone ed entrata a pieno titolo nelle location più strane da visitare ― hashtag #catsofinstagram ― da quando ci si è accorti un particolare singolare: ci abitano più gatti che esseri umani.

L’isola, però, ha una storia ben poco lieta: gli abitanti, originariamente un migliaio, sono stati letteralmente decimati a un esiguo numero di 50, 60 persone. La popolazione, costituita per la più parte di anziani, poteva un tempo contare sulla produzione agricola e sui prodotti ricavati dalla filatura della seta, ma la quasi totalità si è spostata sulla pesca, un’attività faticosa e in un momento non particolarmente florido.

A seguito del terremoto ― e del conseguente tsunami ― di Tohoko nel 2011, gli abitanti dell’isola sono stati ulteriormente colpiti, lasciando poche speranze a una eventuale rinascita della comunità. In maniera del tutto straordinaria, tuttavia, la popolazione felina, inizialmente adottata dagli abitanti contro gli attacchi dei topi alle provviste, ha avuto un prospero sviluppo, grazie anche all’attenta cura ― se non una vera e propria venerazione ― ricevuta dalla popolazione di Tashirojima.

Il legame simbiotico fra questi due “popoli” e la loro medesima lotta per la sopravvivenza è il fulcro del documentario di Donoho, un progetto nato nel 2014 che, a seguito di una campagna di crowdfunding, è riuscito a raccontare con occhio attento la vita degli abitanti dell’isola, mettendo in luce sia la straordinaria solidarietà che costituisce la linfa vitale della comunità, sia la loro nostalgia per un passato più felice — la stessa nostalgia che li spinge a non andarsene.

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Ed è proprio il senso di appartenenza degli abitanti quello che colpisce di più: un attaccamento non solo territoriale, ma anche a un’idea di società solidale verso tutti coloro che sono in difficoltà, verso tutte le specie viventi. Proprio grazie a questa reciproca solidarietà l’isola riesce ancora a sopravvivere.

I gatti non potrebbero davvero sopravvivere senza l’aiuto reciproco, l’inverno qui è particolarmente rigido. Chiamiamo “neko dango” (torte di gatti), quando si raggruppano vicini fra loro durante l’inverno, si avvicinano e fanno affidamento l’un l’altro, altrimenti il freddo sarebbe letale.
— Dr. Kress veterinaria dell’isola.


Per informazioni sugli orari delle proiezioni, qui.

In copertina, foto via Flickr.

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