La vita in Capslock di MYSS KETA, da Porta Venezia a Parigi

“Secondo me l’immaginario di MYSS KETA parte proprio da quella cosa lì, dall’immaginario pop che dava la tv negli anni ’80 e negli anni ’90.”

La vita in Capslock di MYSS KETA, da Porta Venezia a Parigi

Secondo me l’immaginario di M¥SS KETA parte proprio da quella cosa lì, dall’immaginario pop che dava la tv negli anni ’80 e negli anni ’90.”

Le vetrate degli studi Universal si affacciano su un quartiere milanese tirato a lucido e rimodernato solo di recente, negli ultimi anni, con le aiuole ordinate e le piste ciclabili color porpora spento.

A cavallo di una di queste si ferma il taxi da cui scende mascherata M¥SS KETA, materializzandosi qualche minuto più tardi in una sala conferenze gremita di persone.

L’occasione è l’uscita del suo primo disco “UNA VITA IN CAPSLOCK”, pubblicato oggi appunto da Universal Music. Ma di Milano e dei suoi luoghi in questo nuovo disco della diva non si parla. Quando glielo facciamo notare lei ribatte: “È vero, sinceramente anche perché con i tour e con tutti questi movimenti vari mi sento un po’ di più italiana che milanese quindi diciamo che questo è uno dei motivi. Il secondo motivo è che in questo disco in realtà l’unico riferimento geografico è Parigi, in “L’ultima botta a Parigi”, perché volevamo appunto mantenerci un pochino misteriosi sui luoghi ed essere un pochino impalpabili.

Se è vero che non si trova traccia della Milano di Piazza Argentina o del Love di Le ragazze di Porta Venezia, uno dei primi singoli della diva venato da una forte attitudine punk, nel nuovo disco di M¥SS KETA non mancano i riferimenti al mondo trash, televisivo e festaiolo sbocciato agli albori del fenomeno Berlusconi e diffuso in tutta Italia dagli studi di Cologno Monzese a partire dagli anni ’80. “Sono nata e cresciuta con la tv e credo che un quarto del mio cervello sia stato occupato da immagini televisive che ho visto crescendo. Credo che la tv italiana, se cresci guardandola, ti formi da un certo punto di vista. Secondo me l’immaginario di M¥SS KETA parte proprio da quella cosa lì, dall’immaginario pop che dava la tv negli anni ’80 e negli anni ’90.”

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“UNA VITA IN CAPSLOCK” erge un immaginario grottesco in cui realtà e show si amalgamano continuamente evidenziando con ironia le doppie facce delle nostre vite votate quotidianamente all’apparire, puntellate da obiettivi iperbolici e connotate dall’assenza di limiti. Esistenze proiettate al successo o alla disillusione. Vite disincantate, nevrotiche, innaffiate di eccessi e tamponate dal fitness che, perse le fondamenta, si specchiano in una società di idoli esibizionisti con le facce tirate dal Botox. Delle vite sul piedistallo, VITE col caps lock, esistenze smarrite che devono emergere per sopravvivere. In questa prima, immaginaria, discesa agli inferi M¥SS KETA — una donna di spettacolo, o come preferisce essere chiamata lei e preferiamo chiamarla noi, uno spettacolo di donna — decanta le nostre nevrosi quotidiane, soprattutto metropolitane. Le canzoni — prodotte da artisti affermati come Riva, Populous (già in Xananas), Bot, Clap! Clap!, Zeus! e H-24 — conducono l’ascoltatore in un labirinto di suoni elettronici, talvolta cupi talvolta più aperti e ironici, che richiamano mondi distanti come il funk e la fidget house. In questa messa in scena surreale ma perfettamente orchestrata si inseriscono titoli-slogan (UNA DONNA CHE CONTA), testi esplicitamente provocatori e citazioni vanziniane (in MONICA), quasi a voler smascherare ed esorcizzare i vizi che la nostra società si cura di nascondere.

Finita la conferenza, uscendo dall’edificio, mi ricordo di quando un mio amico mi raccontò di aver lavorato per un frequentatore di secondo piano del mondo televisivo, un tipo losco che, non molto distante da lì, stava aprendo una di quelle cliniche dei ritocchini tanto amate da soubrette e modelle. Nella mia mente è diventato il dottore di BOTOX (interpretato nel video da Tea Falco), quello a cui la M¥SS rivela:

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“le posso confessare che mi piace un po’ il dolore?
sa, le donne come me qui a Milano
hanno un vizio che le porterà lontano
assetate di vendetta ed ambizione
e con un pizzico di autodistruzione
ed ora via con la nostra operazione
ed iniziamo una rivoluzione”

Ecco, non sono sicuro che quella clinica abbia già aperto ma sono sicuro che il nuovo album di M¥SS KETA rappresenti perfettamente tutti gli individui che entreranno e usciranno dalle sue porte. E di conseguenza parli fedelmente di noi che stressati, iperconnessi e alienati, percorriamo tutti i giorni quartieri luccicanti con le aiuole ordinate e le piste ciclabili, incrociando quelle persone e finendo inevitabilmente col dipendere dall’apparire degli altri.

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