Il commercio illegale del tabacco nasce in Cina e alimenta le mafie
Il commercio illegale di tabacco costa ai governi fino a 50 miliardi di dollari l’anno e aiuta a finanziare mafie e criminalità organizzata
Il commercio illegale di tabacco costa ai governi fino a 50 miliardi di dollari l’anno e aiuta a finanziare mafie e criminalità organizzata, ma si tende ancora a pensare che sia un traffico illegale minore.
Sulla pagina ufficiale della Philip Morris International, nella sezione dedicata a combattere il fenomeno del commercio illegale di tabacco, si legge: “Il commercio illegale di tabacco è una questione globale, con collegamenti alla criminalità organizzata e al terrorismo. Una sigaretta su 10 viene venduta sul mercato nero, con gravi conseguenze per i consumatori, e costa ai governi fino a 50 miliardi di dollari l’anno.”
Per avere un’idea più precisa, nello studio del Sun Report concentrato sull’Unione Europea Norvegia e Svizzera, si stima che il mercato nero delle sigarette nell’Ue abbia privato i governi di 10,2 miliardi di euro di entrate fiscali solo nel 2016. In Francia, Polonia, Regno Unito, Germania e Italia si fuma oltre il 62% delle sigarette illegali totali.
Il commercio illecito di tabacco si divide in:
• Contrabbando, quando vengono venduti prodotti originali tra paesi diversi senza pagare le imposte e violando le disposizioni sull’import-export.
• Contraffazione, dove copie di prodotti originali vengono prodotti e venduti illegalmente.
• La produzione nazionale non autorizzata, ovvero la fabbricazione di prodotti da vendere nella propria giurisdizione senza dichiararli alle autorità fiscali.
Oltre ai prodotti originali contrabbandati e le copie contraffatte, ci sono anche le cosiddette illicit whites. Si tratta delle sigarette fabbricate legalmente in un paese, con l’intenzione però di venderle in altri paesi dove sono in vigore divieti o limitazioni al loro commercio, generalmente perché non rispondono agli standard qualitativi e logistici.
Perché esiste un commercio illegale di queste dimensioni di un prodotto che si può comprare legalmente?
Perché costa meno. Con l’aumento costante dei prezzi delle sigarette (basta pensare che un pacchetto di Marlboro nel giro di pochi mesi è arrivato a costare 5,50 euro) tutti i consumatori che non possono più permettersi queste spese optano per un mercato più in linea con le loro disponibilità. La seconda domanda, molto meno scontata, è quanto sia utile continuare ad un aumentare il prezzo di un prodotto la cui richiesta viene ormai coperta illegalmente ad un prezzo inferiore. Insieme alle varie proposte per rendere legale la produzione e il commercio della marijuana, dovrebbero aggiungersi quelle sulla diminuzione dei prezzi esorbitanti dei prodotti del tabacco come antidoto a questo fenomeno.
In un’indagine pubblicata sulla Repubblica si nota come: “I picchi del consumo illecito (riscontrati nel primo trimestre 2015 e nel secondo trimestre 2016) non a caso hanno coinciso proprio con gli aumenti di prezzo delle sigarette lecite (pari al +0,20 euro a gennaio 2015 e a maggio 2016), a dimostrazione del fatto che spesso un incremento delle accise sui prodotti del tabacco può innescare un conseguente aumento del consumo di sigarette di contrabbando.”
Il contrasto al commercio illegale di tabacco è fondamentale per un’altra ragione: è un mercato interamente nelle mani delle organizzazioni criminali e terroristiche. Per queste organizzazioni il gioco è facilissimo, bassi costi operativi ed elevati guadagni. Le sanzioni previste per il traffico di sigarette, infatti, sono molto meno onerose di quelle per il traffico di droga, gli arresti minimi e i controlli alla frontiere più deboli. Bisogna poi considerare che il commercio del tabacco privo di marchio – quello venduto sfuso e senza nessuna etichetta (e quindi di avvertenza) – non viola la proprietà intellettuale altrui. Quindi un reato in meno di cui preoccuparsi.
Non dimentichiamo poi che il contrabbando ha importanti conseguenze sul piano sanitario visto che ostacola le politiche di prevenzione adottate dagli Stati e favorisce la diffusione di prodotti spesso contenenti sostanze nocive che non devono rispondere ad alcun standard di sicurezza.
I proventi derivanti da questa redditizia attività, inoltre, vengono utilizzati per finanziarne altre come il traffico di armi, droga ed essere umani. Ormai noti sono i collegamenti tra organizzazioni criminali dedite al commercio illecito di tabacco, e terrorismo. Nel saggio di Giorgio Cuscito sulla rivista Limes, vengono riportati alcuni esempi:
• Tra il 1999 e il 2004 l’Irish Republican Army (Ira) ha guadagnato circa 100 milioni di dollari contrabbandando sigarette nell’Irlanda del Nord.
• Il terrorista islamico Muḫtār Bilmuḫtār, “Mister Marlboro,” ha finanziato le proprie operazioni facendo lo stesso nell’Africa settentrionale (un traffico del valore totale di circa un miliardo di dollari).
Un altro esempio è l’attentato alla sede di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015, dove, come spiega Louise Shelley – professoressa della George Mason University ed esperta mondiale sui rapporti fra terrorismo e criminalità organizzata – i terroristi si erano finanziati con la vendita di sigarette e scarpe da ginnastica contraffatte. “Ci si concentra troppo sul traffico di droga su larga scala e non abbastanza sui traffici di minore entità che sostengono le reti terroristiche,” scrive Shelley.
Il mercato del commercio illegale del tabacco è globale: segue e sfrutta rotte internazionali, la sua geografia e le fasi del processo di creazione e vendita dei prodotti illeciti interessa diversi paesi e prevede la creazione di veri e propri “network.” Sempre grazie allo studio di Cuscito possiamo provare a tracciare le principali rotte verso l’Unione Europea. Il primo paese di provenienza delle sigarette di contrabbando, è la Cina, che tra l’altro conta “300 milioni di fumatori, pari alla somma di tutti gli abitanti di Italia, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania messi insieme.” Seguono gli Emirati Arabi Uniti (Eau), Vietnam, Malaysia, Federazione Russa, Singapore, Bielorussia e Ucraina.
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La Cina è l’epicentro mondiale della produzione di sigarette contraffatte, da qui la merce parte via mare per l’Europa. “Prima di raggiungere la meta finale, le sigarette fanno scalo in destinazioni intermedie (Singapore e Malaysia sono tra le destinazioni preferite), dove spesso sono caricate su mezzi di trasporto diversi per proseguire il viaggio. I contrabbandieri sperano così di non rendere tracciabili i carichi — la chiave è ridurre al minimo i controlli doganali. Per questo motivo il commercio illecito dei prodotti a base di tabacco passa frequentemente per le free trade zones. Le zone di libero scambio – create dai governi per facilitare il commercio e attrarre investimenti in un dato paese – prevedono infatti numerose agevolazioni economiche e requisiti burocratici minimi,” scrive Cuscito.
La merce passa poi nei porti di Ğabal Alī e di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti per arrivare in Egitto e Turchia che sono tra gli ultimi scali prima di entrare nell’Ue, solitamente passando per la Grecia. Anche Russia, Ucraina e Bielorussia si stanno affermando come grandi produttori di illicit white.
Il commercio illegale di tabacco è una fonte sicura per le organizzazioni criminali e tra le più pericolose per le implicazioni che porta con sé. Una soluzione a questo fenomeno, che non accenna ad arrestarsi, potrebbe essere nella riduzione delle opportunità criminali piuttosto che nella creazione di politiche di controllo.
Tra queste ultime vanno sicuramente menzionate:
• Il protocollo dell’Organizzazione mondiale della sanità sull’eliminazione del commercio illegale dei prodotti del tabacco, conosciuto con la sigla FCTC, che tra l’altro è il primo trattato internazionale sul tema focalizzato principalmente sulla salute (attualmente non ancora in vigore in quanto manca ancora la ratifica di altri sei paesi per avere efficacia internazionale).
• L’istituzione di un Ufficio europeo per la lotta antifrode, conosciuto con il nome OLAF, che collabora con i quattro maggiori produttori mondiali di tabacco (Philip Morris International, Japan Tobacco, British American Tobacco e Imperial Tobacco Limited) e con cui ha stipulato accordi specifici per contrastare i casi di frode doganale.
• Il sistema di tracciabilità e sicurezza dell’Unione Europea, che prevede un identificativo univoco per ogni prodotto e nuovi requisiti di sicurezza per il riconoscimento degli articoli illeciti, che però non entrare in vigore prima del 2024.
Nonostante le dimensioni di questo commercio, la sua pericolosità per gli effetti che ha sulla salute delle persone e per gli attori coinvolti, di commercio illegale di tabacco si parla poco e niente. A tal proposito l’OLAF ha commissionato un sondaggio all’Eurobarometro dal nome “La percezione pubblica del commercio illecito di tabacco”, effettuato su 27.672 intervistati di diversi gruppi sociali in 28 Stati membri, proprio per capire quanto il fenomeno fosse familiare alla popolazione europea.
Tra i risultati abbiamo che quasi un quinto degli intervistati (19%) hanno comprato sigarette al mercato nero, sei intervistati su 10 (60%) affermano di aver comprato sigarette al mercato nero per strada e per la maggior parte degli intervistati (74%) il motivi principale per cui si fumano sigarette illegali è perché costano di meno. Quasi 7 persone su 10 (69%) affermano che le droghe illegali sono una delle più importanti fonti di reddito per il crimine organizzato, mentre solo il 14% prende in considerazione le sigarette del mercato nero. In 20 dei 28 Stati membri, la perdita di imposte per lo stato è il problema più citato del mercato nero delle sigarette — quindi né il contrasto al crimine organizzato, né la salute pubblica.
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