Perché l’acidificazione del mare mette a rischio tutta la vita del pianeta
La dimensione della popolazione di plancton può essere considerata un indicatore dello stato attuale del pianeta.
La dimensione della popolazione di plancton può essere considerata un indicatore dello stato attuale del pianeta.
In biologia si chiama fitoplancton l’insieme di tutti gli organismi vegetali di dimensioni microscopiche, con scarse capacità di movimento, che si lasciano trasportare dalle correnti e dai venti e quindi si spostano sulla superficie delle acque salate e dolci e anche in zone più profonde, senza mai entrare in contatto con il fondo. Uno dei compiti principali del fitoplancton è quello di rendere assimilabile da altri organismi l’energia solare indispensabile per la vita.
Il fitoplancton esisteva già quando ogni forma di vita era esclusivamente marina e ha creato, molto probabilmente, le condizioni ideali per l’origine e lo sviluppo della vita marina e, successivamente, di quella terrestre. Dalla sua interazione con l’ambiente dipendono gli equilibri degli ecosistemi acquatici e terrestri. È dunque innegabile la sua importanza e evidenti e catastrofiche appaiono le conseguenze per un eventuale deterioramento o peggio distruzione di questo anello.
Plancton e uomo convivono insieme inconsapevolmente da migliaia di anni.
Solo con la scoperta del microscopio si è cominciato a notare l’esistenza di questi piccoli fantasmi che abitano i nostri oceani. Successivi studi, hanno poi rivelato il ruolo chiave di questi organismi in importanti processi che si svolgono nelle acque del pianeta. Oggi questi preziosi abitanti delle acque sono a rischio e con loro tutto l’ecosistema marino.
Il Motore del mare
Il mondo del plancton comprende una gran varietà di piccoli “esserini,” che rivestono ruoli chiave diversi. Un esempio è il plancton vegetale, o fitoplancton. Questo, grazie alla luce solare e alla clorofilla, trasforma carbonio “inorganico,” cioè l’anidride carbonica e i suoi derivati, in “organico,” cioè zuccheri, attraverso la fotosintesi clorofilliana. Questo carbonio rimane nella biomassa del fitoplancton solo per breve tempo, perché viene continuamente trasformato con altri processi. Un esempio può essere la catena alimentare acquatica e il sostentamento della pesca. Il plancton vegetale infatti è cibo per il plancton animale che, a sua volta, lo è per i pesci di qualsiasi dimensione, fino ad arrivare ai mammiferi più grandi, al culmine dei quali c’è l’uomo. Inoltre, dal momento che uno dei prodotti finali della fotosintesi clorofilliana è l’ossigeno, favorisce l’ossigenazione delle acque e dell’atmosfera tanto da fornire più della metà dell’ossigeno che respiriamo.
Cambiamento climatico e acidificazione degli oceani
Combinando dati storici e analisi di campioni di microrganismi, i ricercatori dell’università canadese internazionale Dalhouise, hanno potuto valutare lo stato evolutivo del fitoplancton nel pianeta a partire dal 1989. La ricerca ha rivelato che il plancton vegetale si sta riducendo, soprattutto nelle zone tropicali e polari dell’1 % annuo. Dal 1950 ad oggi si stima una perdita complessiva del 40% delle cellule in sospensione. Principale causa di questo declino, secondo gli autori dello studio, rimane il surriscaldamento globale con il conseguente aumento della temperatura delle acque, infatti, provoca la cosiddetta “stratificazione degli oceani” e, di conseguenza, si riduce la quantità di nutrimento che arriva dalla profondità agli strati superiori, dove si trovano i microrganismi che necessitano di luce per fare la fotosintesi. Per comprendere meglio il meccanismo è utile sapere che: la stratificazione delle acque marine si ha per le forti differenze tra temperatura e salinità tra la superficie e la parte più profonda del mare. In superficie (strato superficiale) solitamente nei primi 100 metri, vi è maggiore temperatura e minore salinità e densità, l’acqua si rimescola continuamente. In profondità (strato profondo) in media oltre i 1000 metri, si trova minore temperatura, vicino allo zero, e maggiore salinità e densità, minimi sono i rimescolamenti delle acque. Tra la superficie e la profondità esiste uno strato intermedio di passaggio (strato termoclino), nel quale la temperatura diminuisce e la salinità aumenta per adattarsi agli strati profondi. La stratificazione degli oceani dipende dalla latitudine e dalla temperatura, maggiore è all’equatore a causa delle alte temperature della superficie e poi va diminuendo fino ad annullarsi alle latitudini polari, perché le acque sono molto fredde e non vi sono differenze tra la superficie e la profondità.
La stratificazione si comporta come una barriera in superficie gas e fitoplancton e in profondità i nutrienti. Il nutrimento del fitoplancton e la sua consistenza dipendono dallo scambio continuo, che viene favorito dalla miscelazione degli strati dovuto alle onde, ai venti e alle correnti, tra lo strato profondo e la superficie. Inoltre, un altro rischio per la catena alimentare marina è causato dall’acidificazione degli oceani, cioè della diminuzione del PH oceanico, derivato all’assorbimento dei mari di anidride carbonica (CO2) prodotta in eccesso dall’uomo nell’atmosfera. Infatti, circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera va a finire negli oceani dove si trasforma in acido carbonico (H2CO3) ed è provato che questa alterazione del PH determina la variazione delle diverse specie di fitoplancton presenti nell’oceano. Inoltre, diversi studi provano che tale fenomeno induce il fitoplancton e lo zooplancton a produrre in quantità superiori alla norma una particolare tossina a base di fenoli, la quale poi si accumula nelle altre specie che si cibano di tali organismi tramite il meccanismo della biomagnificazione.
Poichè questa tossina avrebbe l’effetto di aumentare la mortalità degli esseri viventi che la assumono, l’acidificazione degli oceani potrebbe ridurre drasticamente la biodiversità marina.
La spia d’allarme del pianeta
La dimensione della popolazione di plancton può essere considerata un indicatore dello stato attuale del pianeta e la perdita di questi organismi potrebbe costituire una minaccia per l’ambiente, l’uomo e le sue attività. A questo proposito, sono state generate mappe per monitorare la quantità di clorofilla in alcune aree del globo e tenere sotto controllo i cambiamenti nel corso degli anni.
A dimostrazione di quanto sia problematica la situazione, recentemente vi è un nuovo studio dell’Università del Maryland (2016) che ha preso in esame l’Oceano Indiano occidentale evidenziando per tale mare il rischio di una possibile trasformazione a breve termine di “un grande deserto ecologico.” Si è riscontrato infatti che all’aumento di temperatura delle acque del 50% è corrisposto negli ultimi 16 anni una diminuzione del 30% delle popolazioni del fitoplancton. Tutto questo si ripercuote sulla catena alimentare con danni conseguenti all’ecologia marina. A ulteriore prova di quanto affermato e per sottolineare quanto sia importante il fitoplancton, per il mantenimento degli equilibri e la sopravvivenza delle specie marine, basti notare, per esempio, come alla riduzione del fitoplancton sia corrisposta negli ultimi anni la minore pesca di tonno.
Attualmente la temperatura media globale è maggiore di circa 0,85°C rispetto ai dati del diciannovesimo secolo. Di fronte ai dati allarmanti forniti dalle diverse ricerche, una soluzione ci potrebbe essere per tentare di ripristinare, almeno in parte, l’equilibrio naturale. Innanzitutto, bisognerebbe cominciare a vivere in modo più sostenibile, riducendo la produzione di gas, effetto serra, che alterano il clima globale come: anidride carbonica, metano e ossido di azoto.
In definitiva, nell’universo tutto è energia: l’energia è il carburante che attiva e mantiene tutti i processi della vita sulla Terra. Il sole è la primaria fonte di energia terrestre, ma gran parte delle creature terrestri non la sa sintetizzare per utilizzarla. Il fitoplancton insieme alla maggior parte dei vegetali fa da mediatore in quanto riesce a raccogliere, sintetizzare e rendere bio-disponibile per ogni creatura l’energia solare e a produrre attraverso: la sintesi clorofilliana, il processo necessario a tale scopo, anche ossigeno da disperdere nelle acque e nell’atmosfera. Energia e ossigeno sono fondamentali per la vita, ragione per cui la salvaguardia e la tutela del fitoplancton è estremamente importante e indispensabile per la sopravvivenza, non solo del genere umano, ma della maggior parte delle forme di vita terrestri. È indispensabile, quindi, che l’uomo sia consapevole che ogni attentato alla salvaguardia e alla conservazione del fitoplancton in qualunque parte del pianeta è un atto inconsulto che ha immense ripercussioni e conseguenze in ogni angolo della Terra e su tutti gli ecosistemi terrestri.