Propositi per l’estate: attraversare in auto il Portogallo
Aprile è il mese ideale per programmare un viaggio perché i prezzi sono ancora bassi e ci si può permettere di spaziare oltre i confini dell’Italia.
Dopo un inverno che pareva interminabile la primavera è arrivata. I boccioli si aprono, gli allergici danno di matto e chiunque sia impaziente di godersi l’estate prenota voli, auto, appartamenti.
Aprile è il mese ideale per programmare un viaggio perché i prezzi sono ancora bassi e ci si può permettere di spaziare oltre i confini dell’Italia (per poi arrivare ad agosto a dover racimolare gli ultimi soldi da mamma e papà. Ma va bene così.)
Se la Francia l’avete già vista tre volte, la Spagna è inflazionata, la Germania d’estate non vi attira proprio e il nord Europa costa troppo, ci sono i paesi dell’est (vi abbiamo già consigliato la Romania e la Polonia) oppure, il Portogallo.
Certo, non è un paese snobbato, anzi, Porto e Lisbona sono mete piuttosto gettonate dagli italiani. Noleggiare un’auto e percorrere questa striscia di terra da cima a fondo, però, è un’altra cosa. E potrebbe essere un ottimo proposito per l’estate 2018.
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Il percorso
Il Portogallo è davvero piccolo. Misura 561 km di lunghezza, appena un terzo dell’Italia. Quindi una dozzina di giorni sono il periodo ideale per percorrerlo da sud a nord, da nord a sud, a zig zag o come vi pare senza rischiare di trascorrere troppo tempo in auto a sbriciolare merendine sul sedile.
Quella linea rosa indica grossomodo il percorso che ho fatto io, ma da bravi viaggiatori avete il dovere di stravolgerlo a vostro piacimento, considerando oppure ignorando completamente le tappe che vi illustrerò di seguito.
Ingredienti essenziali per il viaggio; una buona compagnia che potreste essere anche solo voi stessi, un paio di vocaboli essenziali di portoghese che vi torneranno utili appena metterete piede fuori città ma anche in città, e nel caso foste abituati al pallidume milanese, una crema solare protezione 50+++.
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Porto
Per quanto zeppa di turisti con il bastoncino da selfie sempre pronto a catturare facce con bocca a-culo-di-gallina, fare tappa a Porto almeno un paio di giorni è irrinunciabile.
Quando mi hanno chiesto com’è Porto, la parola che ho scelto per rispondere in modo conciso e un po’ misterioso a questa domanda è: un gioiellino. Incastonata a ridosso di una collina e tagliata dal fiume Duoro, Porto è romantica e al tempo stesso malinconica e decadente, nel senso che un buon numero di case sembra sul punto di cadere a pezzi.
A parte questo, Porto è chiese ricoperte di azulejos (sono piastrelle di ceramica dipinta che tenteranno di vendervi ovunque), viuzze acciottolate che si snodano per la collina, nostalgici musicisti di strada e vino a non finire.
L’unica raccomandazione che mi sento di farvi è di rinunciare a vestiti bellissimi ma scomodi o tacchi di qualsiasi genere; la città è costruita in forte pendenza, perciò o si cammina in salita o si cammina in discesa.
La Ribeira è il centro storico, patrimonio dell’umanità. Sopra alla vostra testa c’è invece il ponte Dom Luìs I, progettato da un allievo di Eiffel. Altro topico è la stazione di São Bento, l’apoteosi degli azulejos (ma secondo me vale la pena anche solo per guardare i treni).
Per il resto, la cosa migliore è vagare senza una meta precisa e scoprire cose a caso di cui custodire gelosamente qualche fotografia.
A Porto, e in Portogallo in generale, si mangia bene. Parliamo soprattutto di pesce (per ovvi motivi).
La seconda sera in città mi è venuta la febbre, perché sono così sfigata da non ammalarmi d’inverno quando tutti mi tossiscono addosso i loro germi bensì d’estate quando sto attraversando bei momenti della vita. Così ho accompagnato il mio ragazzo a procurarsi del cibo e abbiamo finito per fermarci in un posticino qualunque. Incuriosito dal nome, ha scelto di provare un noto piatto portoghese, la francesinha.
Quando glielo hanno servito, ho pensato sembrasse uno di quei paciughi che si preparano da piccoli quando la mamma lascia eccezionalmente carta bianca sulla sperimentazione in cucina, invece si tratta di un piatto pregiato di cui Porto rivendica l’invenzione. In pratica è un enorme tramezzino che contiene una serie infinita di cose tutte da scoprire di strato in strato (la versione culinaria della borsa di Mary Poppins); diversi tipi di salsiccia, uova, una bistecca, formaggio fuso a non finire, il tutto annegato in una salsa al pomodoro, birra e peperoncino e una prato di patatine tutt’intorno. Il mio ragazzo l’ha trovata gustosa, a me è salita la febbre. Confesso però non di non averla assaggiata, perciò può darsi che lo sia.
Parco naturale Serra da Estrela
È la più vasta riserva naturale del paese, che ne custodisce la più grande catena montuosa. Qui si trova il Portogallo più autentico e incontaminato; comunità che vivono ancora di agricoltura e allevamento, paesini deserti in cui si incontrano soltanto gang di anziani che giocano a carte, distese di campi e foreste. Se vi piace meditare nel silenzio o essere gli unici esseri umani nel giro di due o trecento metri, è ciò che fa per voi. Ogni tanto si incontra un laghetto naturale o artificiale, o nuvole basse che vi indurranno a chiedervi se siete in paradiso e quindi morti.
Nel periodo in cui ci sono stata, era il lontano 2015, un enorme incendio aveva appena devastato ampie aree del parco, rendendo glabre e nere le montagne; uno scenario tanto grandioso quanto triste. Per il resto i boschi sono di composti essenzialmente di farnie, pini e castagni.
Poi c’è un posto, che io non ho visto ma che varrebbe un ritorno, dove c’è una sorta di spettacolare buco nel lago. Che accidenti significa? Questo:
Io e il mio ragazzo ci siamo fermati a dormire a Manteigas, unico paesino che vanta la presenza di un ufficio turistico (chiuso) e di un paio di alberghi. Manco a farlo apposta siamo capitati il giorno della festa popolare.
Una meraviglia. Al calar del sole, dalle strade addobbate di festoni brillanti sono apparse le prime sciure in ghingheri per l’occasione, pronte a scatenarsi sulla pista da ballo. Gli uomini della pro loco si sono dati da fare ad allestire un ricco banchetto e la piazza è stata inondata dal profumo di sardina grigliata. Poi sono approdate giovani donne danzanti a ritmo d’orchestra con indosso abiti tradizionali e pian piano la piazza è stata invasa dagli abitanti dell’intera vallata crepitanti di entusiasmo. Se capitate a Manteigas un giorno così, la full immersion nella tradizione portoghese è garantita.
Una volta superati i confini dell’area del parco, direzione sud, si può fare tappa a Piodao, un paesino di montagna composto unicamente da casine di pietra di granito e scisto.
Il mio ragazzo ha giudicato la sosta “un’enorme fregatura,” dato che è una meta isolata che si raggiunge percorrendo per ore strade tortuose di montagna, ma per me vale la pena passarci. Negli anni ‘80 Piodao si è aggiudicato il gallo d’argento come paesino tipico, il che ne ha favorito il turismo e una grande cura per la conservazione.
E poi se non ci fossimo passati mia nonna non avrebbe quella bellissima calamita in pietra sul frigorifero.
A Castel Branco, una cittadina che potrebbe essere una versione portoghese di Gallarate, non ha troppo senso fermarsi, se non per fare la spesa in un supermercato o per dormire.
Noi abbiamo avuto la fortuna di imbatterci in donna Fernanda, una sciura che aveva appena trasformato la sua cascina in pietra sperduta nel nulla in un meraviglioso b&b in cui trascorrere una serata in silenzio a guardare le stelle.
Fatima
A Fatima, credenti o no, credetemi o no, bisogna passarci. Fosse solo per vedere dove vanno, ogni anno, ben sei milioni di persone o capire un po’ meglio la cultura religiosa portoghese.
Pare sia qui che, più di cent’anni fa, tre pastorelli abbiano visto apparire la Madonna; sono Francisco, Jacinta e la più nota cugina Lucia, morta solo nel 2005.
Se una volta era un ameno paesino di campagna dove si pascolavano le pecore, ora Fatima si presenta come il trionfo del cemento, costituito essenzialmente da pensioni per turisti, negozi che vendono esclusivamente busti di papa, rosari o croci fluorescenti e infinite distese di parcheggi.
Cuore pulsante di tutto questo è l’enorme santuario; una colata di asfalto lunga un km delimitata da due gigantesche chiese dall’aspetto asettico. Un’area invasa da pellegrini che, in atto di penitenza, percorrono in ginocchio una parte della lunga spianata fino a raggiungere la cappella, dove arde un fuoco in cui gettare le proprie offerte.
E vederli sotto il sole rovente di agosto fa un certo effetto, soprattutto se si tratta di signore di una certa mole.
Foz do Arelho
Se sapete surfare, questo è il posto ideale. Se non sapete surfare, questo è il posto ideale per contemplare prestanti surfisti dai capelli lunghi (di entrambi i sessi) o scottarvi la faccia al sole.
Il tutto inframezzato da un bel bagno tra le violente onde dell’oceano.
L’Atlantico non è proprio la calma piatta del lago di Como, perciò se siete il tipo di persona che ama spaparanzarsi sul materassino a farsi cullare, Foz e la costa portoghese vi renderanno nervosi. Il mare è sempre mosso, freddo e sulle spiagge tira un vento appena sopportabile.
Però tutto questo va benissimo nel momento in cui ci si può divertire così:
Nel punto in cui il lago di Obidos sfocia nel mare, la sabbia crea sinuosi disegni con l’acqua e passeggiare sul bagnasciuga vi farà sentire protagonisti di un’apparizione divina.
Se piove, il villaggio di surfisti è pressoché deserto ma si può mangiare una zuppa di pesce in uno dei locali alla mano lungo la foz.
Attenzione, i marciapiedi vengono completamente invasi dalle lumache. E se siete particolarmente sensibili alla loro salvaguardia rischierete di trascorrere la serata a spostare queste fragili creature in zone sicure.
Vicino al lago Obidos sorge l’omonima cittadina, forse il centro più turistico della zona. La Rua Direita, la via principale, è totalmente devastata da negozi di souvenirs, ma imboccando le viuzze laterali si può godere di un po’ di pace e contemplare la perfezione di questa piccolo centro storico.
Obidos è scandalosamente ordinata; le sue case imbiancate a calce sembrano appena uscite da un bagno di candeggina, linee di blu e di giallo si alternano armoniosamente e non c’è nemmeno un bidone della spazzatura che stoni con il resto.
Qui è nata la ghinjihna, un liquore fatto di amarene imbevute nell’alcol. A me fa schifo ma se a voi piace potete ubriacarvene ovunque.
Peniche
Peniche è una tranquilissima cittadina di pescatori situata a ridosso della costa.
A parte un paio di chiese e una fortezza trasformata in carcere durante il regime dittatoriale di Salazar, Peniche è nota per le sue incantevoli spiagge.
Ad esempio, questa di cui non possiedo una foto perché sono stata così sciocca da venire a sapere della sua esistenza solo dopo essere tornata in Italia. Vi prego, non commettete il mio stesso errore.
Per il resto il paesino è rimasto fermo agli anni ’60, tra una macelleria con la tenda a fili perlinati, un vecchio calzolaio o un baretto disadorno che di sera fa girare la strobo sfera trasformandosi in una piccola discoteca per i ragazzini del paese. Totalmente in contrasto con quest’atmosfera ferma nel tempo, il lungo mare è costellato di ristoranti turistici pseudo-italiani o alberghi anonimi.
Algarve
L’Algarve è la regione più gettonata del Portogallo, situata all’estremo sud del paese. Io e il mio ragazzo non avevamo previsto di passarci ma, diretti da Peniche verso Lisbona, ci siamo guardati qualche foto su google e abbiamo optato per una doverosa deviazione verso sud. La cosa che ci ha attratti, oltre al paesaggio, è stata la possibilità di raggiungere la punta più occidentale d’Europa, mica roba da tutti i giorni.
L’Algarve è noto per le immense scogliere a picco sul mare, le rocce che formano archi e gallerie da esplorare a piedi nudi e acque cristalline.
Tuttavia l’enorme afflusso turistico degli ultimi anni ha portato alla costruzione di orrendi alberghi in cemento armato appena dietro ad angoli di paradiso naturale e all’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche e in generale a tutto ciò che succede quando alcune persone si accorgono che un posto potrebbe fruttare molti soldi.
Lagos è una cittadina con un bel centro storico e un lungo mare pensato su misura per i turisti, una Rimini portoghese che può essere una buona base per le escursioni o per raggiungere Cabo de São Vincente, l’estremità sud-occidentale d’Europa.
È a questo promontorio che gli esploratori davano l’addio prima di avventurarsi verso l’ignoto. Cabo de São Vincente si presenta come un faro isolato nel nulla, in cui i turisti parcheggiano la macchina e scattano furtivamente qualche foto prima che il vento, qui più violento che mai, li soffi via.
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Lisbona
Se Porto è un gioiellino, Lisbona è, banalmente, una bellissima città. È così calda e accogliente che ogni volta che mi sento giù mi viene voglia di tornarci, magari per sempre.
Lisbona è la Baixa (città bassa), il primo quartiere a pianta reticolare, ricostruito dopo il terremoto del 1755. Qui troverete la Rua Augusta, nucleo dei negozi di souvenirs made in China, enormi piazze come Praça do Comércio, una volta principale via d’accesso alla città o l’elevador di Santa Justa, un ascensore verticale che ha il solo scopo di sollevarvi in aria per ammirare il panorama. Secondo me non ha troppo senso prendere un ascensore quando per godere della vista basta imboccare una qualsiasi salita, che a Lisbona non mancano. Tanto per ricaricarvi di energie ci sono le pasticcerie portoghesi.
Lisbona poi è il Chiado, il quartiere letterario dove si trova la statua di Pessoa. Locali retrò, boutiques vintage molto care e palazzi sfarzosi; il Chiado è un quartiere molto fighetto. Ma qui si trova il convento do Carmo, le magnifiche rovine di una chiesa distrutta durante il terremoto del 1755. Quello che vedrete è lo scheletro di una struttura imponente a cui fa da tetto il cielo.
Lisbona è anche il Rato, un quartiere moderno di grattacieli e centri commerciali, in totale contrasto con il resto. È qui che si trova il cafè Orquidea dove Pereira consuma quotidianamente la sua omelette alle erbe e una limonata piena di zucchero, ma i camerieri non ne sanno nulla.
Una limonata senza paragoni però l’ho trovata nell’Alfama, forse il mio quartiere preferito. Se in tre giorni di permanenza tornate sei volte nello stesso posto vuol dire che vi piace proprio da matti.
Guardate oltre il tram 28 zeppo di turisti, oltre la splendida terrazza della cattedrale di Sé, oltre il castello São Jorge e perdetevi nelle vie, quelle piccole, scovate meraviglie solo vostre negli anfratti, alzate il naso e fermate per un attimo lo sguardo sui panni stesi che svolazzano nel vento e solo allora il vostro amore per la città sarà sincero.
Lisbona è anche una delle scene di street art più belle d’Europa. Antichi edifici abbandonati ospitano, ad esempio, il Crono Project di Os Gémeos, Blu e Sam 3.
Infine, Lisbona è Belèm, un quartiere periferico che si estende lungo il Rio Tejo.
Qui sorgono una serie di monumenti importanti ma secondo ma vale la pena saltare sul tram 15 e farci un giro anche solo per dimenticare qualsiasi tipo di restrizione alimentare e abbuffarsi di pasteis de Belèm nell’antiga confeitaria di Belèm, dolci di pasta sfoglia farcita di crema pasticceria spolverati di cannella.
Ecco, secondo me se siete arrivati a leggere fino a questo punto è ora di prenotare un volo.
Io sicuramente ci ritorno.
Le foto più belle sono di Michele Cardano
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