Contro i concetti troppo sintetici e i toni troppo estremi. Intervista ad Andrea Laszlo De Simone
Lo scorso 17 marzo ha suonato al Circolone di Legnano regalandoci atmosfere woodstockiane intrise di passione musicale e senso di umanità.
Abbiamo parlato di musica e presente con Andrea Laszlo De Simone. Lo scorso 17 marzo ha suonato al Circolone di Legnano regalandoci atmosfere woodstockiane intrise di passione musicale e senso di umanità.
“Uomo Donna” – il suo secondo disco solista – è un album strepitoso, inesauribile e suggestivo. È uscito il 9 giugno 2017 ricevendo recensioni entusiaste da parte della critica musicale, risultando forse meno immediato rispetto ad altri dischi italiani usciti lo scorso anno, ma estremamente affascinante e ponderato.
Non so se te l’hanno già fatto notare ma in alcune foto assomigli a Frank Zappa. Sarà il baffo…
Sì, mi è stato già detto (ride)… Ma in realtà io sono uguale a mio padre con i baffi di mio zio.
Come sta andando il tour?
Direi bene, grazie.
Il 5 marzo è uscito il video di Gli uomini hanno fame. Fa un bell’effetto riascoltare il brano oggi dopo aver assistito allo sfaldamento di gran parte della politica tradizionale. Cosa ti inquieta del presente?
I concetti troppo sintetici e i toni troppo estremi. Ed è per questo che qui mi dilungherò. Anche parecchio.
Mi sembra che si stiano un po’ sottovalutando la complessità del pensiero e la pazienza necessarie a difendere le infinite sfaccettature delle cose. Capisco il periodo, capisco che gli animi siano saturi e inquieti, ma a mio avviso non può essere tutto nero o tutto bianco. Non credo che esista una ragione nata per prevalere sulle altre. E invece sembra proprio questo il gioco della politica in Italia oggi.
Qui siamo tutti nella stessa barca… Tutti. Ci sono i lavoratori, i precari, le famiglie, i single, i giovani, gli anziani, gli imprenditori, i ricchi, i poveri, gli estremisti, i razzisti, i guerrafondai, i pacifisti, i disinteressati e via dicendo. Ci sono infiniti punti di vista. Ma evidentemente per chi fa propaganda apparteniamo ad una sola categoria, infantile e poco informata. E mi sa che hanno ragione. Tendiamo con molta evidenza a lasciarci illudere e targhettizzare come degli acquirenti ad una fiera, con una facilità disarmante. Siamo poco preparati e troppo impulsivi nel formare le nostre opinioni.
È questo che mi inquieta. Eppure dopo tanti anni di linguaggi pubblicitari dovremmo essere un po’ più smaliziati, dovremmo essere in grado di capire immediatamente che “più bianco non si può” è solo uno slogan, ma che poi le cose vanno analizzate. E invece no, sottoposti a linguaggi semplificati stiamo diventando evidentemente più semplici anche noi. I toni dei politici oggi sono preoccupanti, estremi , eccessivi, esclusivi, mentre in politica lo scopo dovrebbe essere quello di includere tutti sotto allo stesso tetto di diritti. Ricercare il compromesso.
Il compromesso per definizione chiede a tutti di rinunciare ad un pezzetto di quello in cui si crede per ottenere una ragione comune, qualcosa che vada, tutto sommato, bene a tutte le parti. È una cosa difficile e che scontenta un po’ tutti, ma non schiaccia nessuno. Per riuscire a lavorare in direzione del compromesso ci vanno una grandissima preparazione e grandissime competenze. La politica non è una cosa che si può improvvisare.
È un mestiere. E per fare una buona politica, a mio modesto avviso, non basta essere una brava persona o una persona onesta. Bisogna essere anche un buon politico o, in tempi di magra come questi, almeno un politico. Ti faccio un esempio: tu, se non avessi alternative, preferiresti far operare tuo figlio di appendicite dal più disonesto dei medici o dal più onesto degli idraulici? Chiaro, la mia è una provocazione, ma è per dire che le competenze specifiche contano e contano tanto. Forse sarebbe il caso di dare più rilievo a questi aspetti, per evitare di andare a votare con la stessa leggerezza con cui si vota da casa un cantante in una trasmissione tv, per evitare di votare il volto più simpatico, o quello che ci somiglia, o quello che l’ha sparata più grossa, perché votare è una grande responsabilità e dobbiamo noi per primi essere preparati per riuscire ad onorare il nostro più prezioso “diritto-dovere.”
La politica non è un bel mestiere ed è per questo che la maggior parte di noi ha pensato di occuparsi di altro nella vita e di essere solo un individuo libero di esprimersi come crede.
L’istituzione invece a parer mio ha il dovere di tentare di essere “migliore” dell’individuo, di essere meno istintiva, meno fragile, meno feroce, meno arrabbiata di com’è la natura di un singolo uomo. Meno arrabbiata di tutti noi. Perché l’individuo al potere è il monarca o il dittatore.
Nel cortometraggio si assiste tra le altre cose al “match del secolo” (Italia-Germania 4 a 3) giocato però senza pallone. Perché?
Vuole essere una metafora triste e grottesca della vita reale. Persone private del loro scopo che lottano, si schierano e si affannano per nulla.
Guardando i video che hai pubblicato finora mi sembra che le immagini non abbiano un ruolo secondario, solo promozionale, ma servano ad aggiungere ingredienti e sfumature alla tua musica arricchendone il significato. È così?
Lo scopo promozionale in realtà non l’ho proprio considerato. L’idea è quella di fornire una chiave di lettura.
“Uomo Donna” è stato pubblicato il 9 giugno 2017. In questi mesi di tour avrai sicuramente analizzato e ripercorso mentalmente l’album. Come lo valuti oggi, a quasi un anno di distanza?
Guarda, onestamente è da parecchio che non lo ascolto. È solo una manciata di canzoni fra quelle che sono venute prima e quelle che ho fatto da quando è uscito il disco ad oggi.
Potendo, cambieresti qualcosa?
Sicuramente se registrassi quelle canzoni ora sarebbero completamente diverse, ma non per scelta. Le canzoni sono come fotografie ed è giusto che restino come testimonianza di quel che c’era quando sono nate.
Nel disco ti confronti con alcuni temi universali – uno su tutti l’amore – slegandolo dalla semplice quotidianità, magari idealizzandolo (Sogno l’amore). Forse è anche questo aspetto a non aver reso “Uomo Donna“ un album “virale,” completamente contemporaneo.
Non saprei. È un album nato per essere privato. Il fatto che ora si trovi anche nelle orecchie del pubblico non cambia la sua dimensione. Ma per quanto riguarda Sogno l’amore dato che la citi ci tengo a precisare che è una canzone che parla di come la passione sia motore dell’esistenza. Io non sono un credente ed è per questo che nel video il soggetto è una processione religiosa. Per me la religione è l’emblema di un amore, di una passione nei confronti di qualcosa che dal mio punto di vista neanche esiste, ma che riesce a dominare le intenzioni e ad essere motore di popolazioni intere.
Quella è l’ombra di cui parlo nel testo. Poi per alcuni quell’ombra può essere una donna, o un uomo, per qualcun altro può essere Dio, per altri ancora la musica. Insomma ognuno di noi ha una passione che è motivo di vita.
Oltre alla differenza di approccio e di linguaggio nell’album ci sono canzoni elaborate che contengono intro e outro strumentali piuttosto lunghe (penso ad esempio a Vieni a Salvarmi). Possiamo interpretare la scelta come un tentativo di smarcarsi da logiche radiofoniche e commerciali talvolta insensate che, in nome dell’attention economy, ingabbiano la musica limitandone lo svolgimento naturale?
Per come la vedo io quelle logiche non esistono proprio. Ripeto, non ho mai pensato alla divulgazione di queste canzoni. Gli intro sono semplicemente il contesto da cui un brano deve venir fuori, qualcosa che ti dice se vuole essere una consolazione o un’invettiva, una carezza o un schiaffo, inquietante o leggera. Ho pensato solo al senso di quello che stavo facendo. Ma non c’è nessun “affronto” al mercato in quel che faccio, semplicemente non mi interessa.
Trovo molto azzeccati anche i rumori di fondo che aprono e chiudono alcuni pezzi: quello dei tacchi lungo una via, il vociare per strada, il canto degli uccellini, gli schiamazzi dei bambini. Uomo Donna è un disco complesso, stratificato. Non dev’essere stato semplice lavorarci.
No, infatti… Semplice no, ma molto piacevole. È stato un lavoro lungo, ma naturale, senza pressioni e senza fretta.
Per concludere, come rispondi a chi dice che Sparite Tutti ricorda molto Weird Fishes dei Radiohead?
Ancora? (ride) Sì, come ho già detto molte volte, non è un caso. La batteria di quel pezzo è esattamente la stessa! O almeno vorrebbe esserlo. Però attenzione, parliamo della batteria… La canzone è oggettivamente diversa e non è neanche stata ispirata da quella.
Molti amici mi hanno suggerito di inserire un colpo di grancassa in più in modo da avere una canzone che non avesse nulla in comune con Weird Fishes, ma io non ne trovavo il motivo. Volevo che si sentisse quel ritmo, volevo rendere omaggio. Ma insomma, di un ritmo si tratta, mi auguro che questo non rappresenti un’offesa per nessuno. Anche perché se non si potesse suonare un ritmo già usato in un altra canzone la batteria sarebbe uno strumento ormai morto e sepolto.
Tutt’altro discorso invece per la strofa di Vieni a salvarmi che è pressoché identica alla strofa di Cry baby cry dei Beatles. Qui la testa mi ha giocato un brutto scherzo, perché è vero che io non ho mai comprato un disco in vita mia, è vero che non ascolto musica, ma è sicuramente vero che in qualche modo quel giro mi deve essere rimasto in testa, altrimenti non si spiegherebbe. La cosa assurda è che la prima persona che me lo ha fatto notare è stata una mia amica, ma solo dopo la pubblicazione del disco. Ho provato molta vergogna e ho chiesto scusa pubblicamente in più di un’occasione. Per fortuna Vieni a salvarmi dura più di 7 minuti e la parte uguale a Cry Baby Cry c’è soltanto all’inizio. Ho fatto anche un video in cui faccio cantare ai Beatles il ritornello di Vieni a salvarmi come per dire: “scusatemi per la strofa, ora vi do il mio ritornello.”
Andrea Laszlo De Simone suonerà l’1 aprile a Messina al Retronouveau e il 2 aprile a Catania ai Mercati Generali.
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