Si è conclusa la settimana scorsa la conferenza annuale organizzata da “YES Europe,” un’organizzazione no profit che opera nel campo dell’energia.
L’obiettivo di questa NPO è di creare un network di giovani professionisti del settore che ogni giorni si scambino informazioni di tipo tecnico, generale o anche semplici consigli su come l’affrontare determinati argomenti.
I partecipanti sono sia ragazzi tra i 20 e 25 anni, quindi universitari di ogni facoltà, sia professionisti del settore energetico e non, che si prestano a domande di ogni tipo e sono sempre disponibili.
Il maggior vanto di questa organizzazione è la sua interdisciplinarità accompagnata da un’internazionalità che deriva proprio dal suo nome. All’annual conference, infatti, erano presenti più di 80 giovani provenienti da tutto il mondo. Detto questo, cerchiamo di capire perché in un contesto non solo Italiano ma mondiale è importante interessarsi sempre di più alle trasformazione del settore energetico.
È ormai noto a tutti che, a causa delle attività antropiche, la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera ha raggiunto livelli mai visti negli ultimi 800.000 anni: le ultime stime parlano di 410 ppm (parti per milione).
Ogni anno la politica globale da adottare per mitigare il cambiamento climatico viene discussa durante la Conference of the Parties (COP), una riunione mondiale dove i rappresentanti politici di ogni nazione cercano di prefissarsi degli obiettivi a lungo termine per cercare di ridurre le emissioni di gas climalteranti.
Tutto è partito dal primo “Summit della Terra”, dove vari stakeholders di tutto il mondo si incontrarono a Rio de Janeiro nel 1992 con l’obiettivo dichiarato di “raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico”.
L’entrata in vigore del primo accordo sul clima avvenne nel 1994 e da quel momento in poi ogni anno le nazioni sono tenute a presentare i dati sulla quantità di gas climalteranti immessi in atmosfera (il cosiddetto inventario delle emissioni di gas serra) e gli obiettivi di riduzione che si sono prefissati per il futuro.
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Con il tempo le minacce poste del surriscaldamento globale sono diventate sempre più evidenti e di conseguenza gli accordi e le restrizioni sono diventate sempre più ambiziosi e vincolanti. I più famosi sono senz’altro lo storico Protocollo di Kyoto (1997) e il recente Accordo di Parigi (2015). Tra i principali obiettivi di queste riunioni vi è quello di mettere in atto la cosiddetta “decarbonizzazione,” ossia di ridurre progressivamente a zero l’utilizzo di carbone per la produzione di calore ed energia.
Infatti, a parità di energia liberata tramite combustione, il carbone è il combustibile fossile che libera in atmosfera la maggior quantità di anidride carbonica, e che perciò contribuisce maggiormente al surriscaldamento globale.
Eliminare il carbone dalle risorse energetiche della società non è semplice, in quanto si tratta di un combustibile ancora molto usato, sia per la produzione di energia elettrica sia per il riscaldamento delle abitazioni, ed è evidente che se si smette di usarlo, bisognerà rimpiazzarlo con altri tipi di energia meno inquinanti ma altrettanto convenienti dal punto di vista economico.
Osservando i grafici relativi al processo di decarbonizzazione è possibile vedere se e come il lavoro svolto si stia rivelando efficace.
Il grafico mostra l’andamento del consumo di materie per la produzione di energia primaria dal 1973 al 2016. Come si può vedere la richiesta è aumentata di molto a causa del processo di industrializzazione ma le cose che saltano subito all’occhio sono molteplici:
- La quota di nucleare è aumentata di molto, ricordiamo che nel secondo grafico le percentuali sono riferiti a una richiesta di energia primaria molto maggiore rispetto al primo e questo dovrebbe far riflettere in un periodo come quello attuale dove si tende a mettere al bando il suo uso.
- L’uso del carbone in proporzione all’energia primaria prodotta è rimasto quasi costante, non bisogna farsi ingannare infatti dalle cifre e dalla riduzione della percentuale nel secondo grafico per i motivi detti sopra. Infatti nel 1973 se ne sono usate 825,24 Mtoe mentre nel 2016, 898,947 Mtoe e questo rappresenta un paradosso per quanto detto prima.
- Aumentata di molto anche la quota “Other” e questo è un bene perché quella quota rappresenta proprio la parte di energia rinnovabile.
- È diminuita di molto la quota di energia primaria prodotta da petrolio e questo rappresenta ancora un bene poiché inquinante quasi quanto il carbone.
Alla luce di quanto detto si rimane scettici in quanto non appare molto evidente un’uscita dall’era del carbone come fonte di energia primaria. Per fare chiarezza allora, andiamo ad esaminare il seguente grafico che mostra la produzione del carbone negli anni:
In questo caso appare molto chiaramente la diminuzione della produzione di carbone dopo il picco iniziato negli anni 2000 e finito nel 2013. Il grafico mostra chiaramente la volontà da parte delle nazioni di tutto il mondo di attuare il processo di decarbonizzazione abbattendone la produzione.
Inoltre, a sostegno di ciò, basta vedere come sono cambiate le risorse atte a produrre energia elettrica negli ultimi anni:
Come possiamo vedere, il consumo di energia elettrica è aumentato negli anni ma ciò che diventa subito evidente, oltre all’aumento di energia elettrica prodotta da carbone, è il notevole incremento delle fonti rinnovabili.
È proprio in questo contesto che si inseriscono i giovani studenti di svariate facoltà che si approcciano al mondo dell’energia in quanto nutre di un notevole fermento ed a confermarlo sono i numeri, si stima infatti che nel 2016 gli investimenti nel settore della green economy hanno registrato un record nel 2016 di 329 miliardi di dollari con conseguente creazione di 22.300 occupati diretti e 16.000 indiretti, nel triennio 2012-2015. Una crescita di quasi il 3% rispetto al 2012.
Le prospettive inoltre sono ben chiare se andiamo a guardare uno studio del 2014 condotto dall’UKERC (Uk Energy Research Center, un importante centro studi sulle energie rinnovabili britannico) che ha eseguito una stima sulla capacità di generare posti di lavoro delle varie fonti energetiche. Da tale studio emergono dati molto positivi in favore delle rinnovabili che vincono contro il carbone e il gas per la generazione di posti di lavoro ogni milione di sterline, più nel dettaglio:
- Carbone: 7 posti di lavoro
- Gas: 5 posti di lavoro
- Rinnovabili: 16 posti di lavoro
La produzione annua di carbone sta scendendo e ciò è un bene, nonostante attualmente rappresenti ancora la maggiore fonte di energia primaria atta a produrre energia.
I dati sono comunque confortanti in quanto se andiamo ad analizzare la produzione di energia elettrica negli anni vediamo il boom del settore rinnovabile che ad oggi è in grado di produrre più del doppio dell’occupazione rispetto a Carbone e Gas.
Le nazioni mondiali lo sanno e stanno iniziando ad investire in modo consistente su questo settore, sia per risolvere i problemi climatici, sia per creare occupazione in un settore che può portare numerosi benefici alla società.
Grafici fonte Qualenergia
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