A Ventimiglia è ancora crisi umanitaria
I migranti provano ancora a passare da Ventimiglia e le autorità provano ancora a presentarla come “un’emergenza.”
in copertina e nell’articolo, foto di Luca Swich, Sabina Candusso, David Rovida Alvarez
I migranti provano ancora a passare da Ventimiglia e le autorità provano ancora a presentarla come “un’emergenza.”
Nonostante le periodiche repressioni e la chiusura di fatto del confine da parte della Francia, moltissimi migranti provano ancora oggi a passare per la cittadina di frontiera ligure. Un gran numero di ragazzi, soprattutto africani, è stanziato nel letto del fiume
Roja, che divide la città in due con il suo ampio letto ghiaioso.
Nonostante sia stata vistosa in tutto il paese, da nessuna parte la crescita dei consensi della destra è evidente come a Ventimiglia: se alle elezioni del 2013 la Lega aveva preso in città il 2,5 %, il 4 marzo è arrivata al 29,6%.
In passato ci siamo occupati più volte di Ventimiglia. Nonostante il passare dei mesi e degli anni, la situazione è sempre la stessa: il flusso di migranti viene gestito dalle autorità centrali italiane — e francesi — in modo emergenziale, cercando di farlo notare il meno possibile. Con scarsi risultati sia sotto il profilo mediatico che, soprattutto, sotto quello umanitario.
“Qua, a livello locale, si fa quello che si può,” ci dice al telefono il sindaco Enrico Ioculano. “Negli ultimi due anni è cambiato poco: in sostanza c’è un numero cospicuo di migranti accampato nel letto del fiume, che oggi si possono stimare in circa 200 anche se è impossibile dare un dato preciso. E poi c’è il centro di Parco Roja, in cui oggi ci sono circa 250-300 persone, ma la cui capacità di accoglienza è più del doppio.”
Il centro è semplicemente un centro di prima assistenza, aperto dalla prefettura e dato in gestione alla Croce Rossa.
Lo scopo del centro è in sostanza quello di fornire un riparo ai migranti che provano a passare in Francia — la frontiera dista soltanto pochi chilometri, essendo Ventimiglia l’ultimo comune prima del confine di stato. In passato i migranti erano stati ospitati anche direttamente dalla Caritas in una parrocchia del paese e in un centro di fianco alla stazione, poi chiusi anche in seguito ad attriti coi residenti.
Oggi a creare tensione è soprattutto l’accampamento di fortuna sul greto del fiume, in cui molti migranti decidono di bivaccare per qualche notte prima di attraversare il confine. “C’è una disinformazione complessiva importante,” continua Ioculano. “Questi ragazzi partono e sono già stati informati su dove devono andare e in quali posti devono stare. Pensano che nel centro magari avrebbero più difficoltà a trovare un passeur che li porti in Francia, o che verrebbero rispediti a Taranto. In realtà non è così.”
L’accampamento lungo il fiume Roja è vecchio quanto la crisi migratoria che nell’ultimo decennio ha attraversato l’Europa. Il 5 marzo è scoppiata una rissa tra alcune delle comunità etniche stanziate in attesa del transito — pare tra afghani e sudanesi — dopo il furto di un cellulare. Il parapiglia si è trasformato in una sassaiola che si è estesa anche alla strada, dove sono stati danneggiati i vetri di alcune auto. “La sensazione di emergenzialità è data soprattutto dall’accampamento,” secondo Ioculano. “È chiaro che poi si rischia di perdere il controllo. Non è un momento facile — coi residenti intorno al campo la situazione è molto difficile,” come hanno dimostrato i risultati elettorali.
Negli ultimi giorni di febbraio la situazione umanitaria ha raggiunto un punto critico con l’arrivo di Burian, l’ormai nota perturbazione artica che ha portato neve e gelo anche sulle spiagge liguri. In quell’occasione, i migranti in transito si sono trovati ad affrontare condizioni climatiche in genere sconosciute a Ventimiglia, più consone ai valichi montani come quello di Bardonecchia. “Anche in quell’occasione, c’è stata un po’ di distorsione mediatica: è vero che sono entrate nel centro un po’ più di persone rispetto al solito, ma sono stati al massimo una quindicina di donne con bambini.”
Una delle preoccupazioni principali dei ragazzi è l’essere identificati e non poter chiedere asilo altrove se non in Italia. Secondo il trattato di Dublino, infatti, i migranti sono forzati a chiedere asilo nel primo paese dell’Unione Europea in cui arrivano. “In realtà il 99% dei ragazzi che passano di qui sono stati già identificati allo sbarco,” prosegue il sindaco, “ma hanno paura a lasciare le impronte qui. In occasione dell’ondata di freddo abbiamo chiesto al prefetto di non rendere necessaria la procedura di registrazione per entrare nel centro.”
Con l’arrivo della bella stagione, come ogni anno, i flussi sono destinati ad aumentare. “Qui ci si rende proprio conto in maniera quasi immediata dei flussi,” conclude Ioculano. “L’anno scorso la flessione degli sbarchi [in seguito ai provvedimenti del ministro Minniti, ndr] è stata notata. Le basi per un’accoglienza più ordinata ci sono, ma è impensabile che si possa gestire il fenomeno solo da noi.”
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