C’è un mostro alla Commissione europea
Martin Selmayr, il “Rasputin di Juncker,” da poco nominato segretario generale alla Commissione europea, è un lavoratore maniacale, spesso oltre il limite, e che potrebbe mettere nei guai il suo presidente.
Chi è Martin Selmayr, il “Rasputin di Juncker” da poco nominato segretario generale. Un eurocrate noto a Bruxelles per essere un lavoratore maniacale, spesso oltre il limite, e che potrebbe mettere nei guai il suo presidente.
“Queste istituzioni non vi appartengono, appartengono ai cittadini europei. È nostro diritto farvi domande e ripeterle quanto vogliamo, senza che voi ci possiate dare lezioni di moralità.” Così si è espresso nei confronti del portavoce della Commissione europea lunedì scorso a Bruxelles il corrispondente di Libération, Jean Quatremer, durante la conferenza stampa di mezzogiorno.
Quelle parole, che non lasciavano spazio a fraintendimenti, sono state il culmine di un botta e (mancata) risposta in sala stampa tra alcuni giornalisti e la Commissione sulla nomina a nuovo segretario generale dell’istituzione di Martin Selmayr, il potente ex capo di gabinetto del presidente Jean-Claude Juncker. La vicenda sta facendo scalpore a Bruxelles, dopo che alcune rivelazioni dello stesso Quatremer hanno sollevato molte perplessità sulla trasparenza e la legalità della procedura, fino a far pensare ad un colpo di mano di Selmayr per concentrare su di sé ancora più potere.
Se tali rivelazioni venissero confermate, il caso, ribattezzato dalla stampa internazionale “Selmayrgate,” potrebbe mettere nei guai l’esecutivo comunitario e in particolare il presidente Juncker, che rischierebbe così di dover lasciare il suo incarico prima del termine, fissato per la primavera del 2019.
Ma chi è l’uomo al centro dello scandalo, colui che viene considerato da molti il più potente burocrate nella storia dell’Unione europea?
L’irresistibile ascesa: da portavoce a braccio destro del presidente
C’è chi, nell’eurocrazia di Bruxelles, lo paragona a un “Dio.” Ma Martin Selmayr (pronuncia: “Selmaier”) può vantare molti altri nomignoli: dal “Rasputin di Juncker” al “Frank Underwood” di Bruxelles. Sembra che persino Juncker lo chiami a volte “il mostro” per la sua personalità dominante, che lo porta spesso a scontri coi colleghi. Soprannomi dovuti al piglio autoritario e la grande sete di potere dimostrati da Selmayr durante il suo lungo corso al servizio della Commissione europea.
La vita da eurocrate di Selmayr, avvocato tedesco di Bonn, comincia nell’autunno del 2004 come semplice portavoce della Direzione telecomunicazioni e media dell’esecutivo Ue. Nel 2010 la sua carriera prende la prima svolta, quando Selmayr diventa prima assistente e poi capo di gabinetto della commissaria alla giustizia Viviane Reding, una dei vice-presidenti dell’istituzione. Reding è una politica lussemburghese, come Juncker, affiliata al Partito popolare europeo (PPE), lo stesso di Forza Italia e della CDU di Angela Merkel, oltre che dello stesso Juncker. Alla scadenza del suo mandato, con le elezioni europee in arrivo, Selmayr è pronto a promuovere la candidatura di Reding alla presidenza della futura Commissione. Alla fine, Reding fa un passo indietro e l’idea di Selmayr rimane solo sulla carta. Siamo nel 2014, sarà solo il primo tentativo di scalata alla stanza dei bottoni.
Mentre è già pronto a prendersi una vacanza in Spagna con la moglie, arriva però una sorpresa: Selmayr viene chiamato per organizzare la campagna elettorale del nuovo candidato del PPE, quell’ex primo ministro del Lussemburgo dimessosi l’anno precedente, dopo che il suo governo era stato coinvolto in uno scandalo di corruzione e spionaggio: Jean-Claude Juncker. A fare il nome di Selmayr è stato Elmar Brok, eurodeputato tedesco della CDU e peso massimo del PPE, nonché mentore di Selmayr, che l’aveva incontrato nel 1997 quando Brok era impegnato nella redazione del Trattato di Amsterdam. Si dice che più che Juncker, sia stato Selmayr, “in cerca di un presidente” a cui fare da braccio destro, a cogliere l’occasione al volo.
Un mastino irremovibile e senza amici
Il PPE le elezioni le vince e Juncker diventa presidente della Commissione nel novembre 2014. Selmayr può così cominciare il suo prezioso lavoro di capo di gabinetto dell’attuale presidente. Fin dall’inizio del suo nuovo incarico, il pupillo di Brok si mette in luce per essere un vero e proprio mastino del presidente, mettendo in pratica i dettami di Juncker con una devozione e una cura dei dettagli ai limiti del maniacale. “Il presidente ha molto potere. Il mio non esiste, deriva soltanto da quello che il presidente mi dice di fare,” ha dichiarato Selmayr in un’intervista a Politico dai toni inquietanti, in cui sostiene che il suo compito è quello di salvare l’Europa.
Il suo viso da bravo ragazzo può ingannare a prima vista, ma Selmayr è tutt’altro che un angelo sul lavoro. C’è chi ha definito “tossica” l’influenza di Selmayr sulla Commissione. Come Kristalina Georgieva, ex commissaria al budget europeo, che rinuncia al suo incarico nell’ottobre 2016 per attriti con Selmayr, di cui non sopportava i metodi di lavoro, in particolare il suo decisionismo che non ammette repliche e la sua incapacità a consultarsi coi colleghi prima di prendere decisioni importanti.
“È naturale avere nemici quando si è in una posizione di potere. Il problema di Martin è che non ha amici. Questo significa che probabilmente sta esagerando,” ha detto un funzionario europeo di lungo corso a proposito di Selmayr. Sulla stessa falsariga ha scritto di lui il quotidiano tedesco Tagesspiegel: “Viene rispettato per la sua rapida ascesa e per il modo irremovibile con cui gestisce la cosa pubblica europea, ma viene anche temuto per il suo atteggiamento da animale alfa.”
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Una volta, quando ancora non era a capo dello staff di Juncker, Selmayr arriva a mettere mano al testo della testimonianza che Cecilia Malmström, da poco nominata commissaria al commercio, è pronta a pronunciare davanti al Parlamento europeo. Il documento registra i cambiamenti, che sono resi pubblici, rivelando come Selmayr abbia modificato alcuni passaggi chiave del testo senza che Malmström ne fosse al corrente. Il tutto per evitare eventuali “disallineamenti” dalla linea ufficiale della Commissione. Per assicurarsi il controllo totale sui commissari, pare che Selmayr abbia vietato l’invio di email “dirette” al presidente, facendo in modo che chiunque voglia comunicare con Juncker debba prima passare da lui.
Alla luce di episodi come questi, si capisce come mai il funzionario tedesco sia temuto persino dai più alti commissari della Commissione Juncker. Del resto Selmayr sembra disposto a tutto, anche ad oltrepassare le sue competenze legali, pur di mettere in atto la volontà del sommo capo.
“Selmayr, però, ha anche una debolezza: è convinto di se stesso ancora più di quanto lo siano i suoi ammiratori,” sostiene lo Spiegel, che ricorda come a volte abbia messo il suo superiore in situazioni scomode. Nella primavera del 2017, dopo una cena a Londra tra Juncker e Theresa May per discutere di Brexit, Selmayr rivelò ad un amico giornalista un commento velenoso: “May vive in un’altra galassia.” Costringendo Juncker a difendersi dal sospetto che fosse stato lui a passare quelle informazioni alla stampa.
Il vero capo della Commissione?
Se qualcuno nutriva ancora dei dubbi sul grande potere accumulato da Selmayr nel corso della sua carriera alla Commissione, il modo in cui si è di fatto auto-proclamato a capo del suo apparato amministrativo è la prova definitiva di quello di cui è capace il brillante funzionario tedesco.
Sono molti gli elementi sospetti nella sua nomina a segretario generale, decisa all’unanimità dal collegio dei commissari il 21 febbraio scorso. Come rivelato da Libération, e confermato dal vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen al Sole24ore, i commissari erano stati tenuti all’oscuro fino all’ultimo della decisione. La promozione di Selmayr è stata inoltre possibile solo grazie a un ben orchestrato valzer di cariche ai vertici della Commissione.
Lo scorso 31 gennaio, la funzionaria greca Paraskevi Michu viene nominata direttore generale per l’immigrazione, lasciando libero il suo posto di vice dell’allora segretario generale Alexander Italianer. A fine febbraio Juncker può così presentare la nomina di Selmayr come successore di Michu. Salvo poi, a nomina avvenuta, annunciare anche le dimissioni di Italianer, secondo i racconti “pallido e tremante” durante la riunione, e l’immediata promozione di Selmayr come nuovo segretario.
In tutto, secondo Libération, dalla prima nomina di Selmayr come vice alla sua promozione sarebbero passati soltanto nove minuti. Il quotidiano francese ha sostenuto che un tale effetto domino sia stato pianificato dallo stesso Selmayr, che oltretutto era l’unico candidato in lizza per succedere a Italianer, per ottenere l’incarico di segretario generale. Una posizione alla quale non avrebbe dovuto avere accesso, non essendo ancora abbastanza in alto in grado nella complessa gerarchia della Commissione.
Conquistando la posizione di segretario generale, il ruolo amministrativo più elevato in assoluto, che non prevede un termine di mandato, Selmayr ha concentrato su di sé un potere immenso. Con una sua fedelissima, l’ex vice-capo di gabinetto Clara Martinez Alberola, alla testa dello staff di Juncker, c’è chi teme che Selmayr abbia in mano sia il potere amministrativo che quello politico, qualcosa di mai riuscito finora ad un funzionario della Commissione.
Ma perché mettere in atto una mossa così spregiudicata, e, a posteriori, maldestra rischiando di mettere di mezzo l’intero collegio? Secondo alcuni Selmayr, vicino alla Germania e a Merkel, ma inviso alla Spd, voleva tutelarsi di fronte alla possibilità che i socialdemocratici chiedessero la sua testa, una volta formato il nuovo governo di coalizione. Altri dicono che sia stata una mossa strategica di Juncker per garantire la continuità del suo operato nella prossima Commissione.
Certo è che Selmayr si è preso un grosso rischio, e ora che la sua nomina è finita, suo malgrado, sotto i riflettori mediatici, ha scatenato un caso che, dalle cronache dei corrispondenti a Bruxelles, si sta spostando velocemente in seno alle istituzioni. Oggi il Parlamento europeo discuterà in plenaria della sua nomina. Nessuno sa cosa succederà nella seduta a Strasburgo, ma se venisse confermato che il nuovo segretario generale è stato protagonista di un grave conflitto di interessi, le sue dimissioni sarebbero inevitabili. Il Selmayrgate può mettere nei guai Juncker, danneggiando fortemente l’immagine della Commissione agli occhi dei cittadini europei. Sarebbe un regalo ai peggiori nemici dell’Ue, ai Salvini e Le Pen. Un paradosso per chi annunciava di voler salvare l’Europa.
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