Dall’Oscar di Whoopi Goldberg, spedito per una lucidatura e ritrovato in un cestino dell’aeroporto di Ontario, a quello di Margaret O’Brien, mai restituito dalla signora delle pulizie e ritrovato quarant’anni dopo in un mercatino delle pulci a Pasadena — quando la statuetta sparisce.
Il titolo di questo articolo non è né una metafora giornalistica per descrivere il disastroso risultato del PD alle elezioni né lo spunto per una riflessione post cerimonia su quale film, regista o attore avrebbe dovuto vincere l’Oscar. In questo caso il furto – che più avanti diventerà plurale – è concreto come l’oro a 24 carati con cui è rivestita la statuetta del premio cinematografico più prestigioso d’America.
Dal proprio divano, mentre si segue oziosamente la cerimonia, sembrerebbe più facile compiere una rapina in banca o orchestrare una truffa come Hollywood ha sempre descritto magnificamente piuttosto che provare a rubare un Oscar, invece quella statuetta dorata che rimane sotto gli occhi di tutti durante i festeggiamenti è stata trafugata più e più volte nella storia dell’Academy – in ultimo, due giorni fa, durante la 90° edizione degli Academy Awards.
Mentre da noi Mentana concludeva la sua seguitissima maratona elettorale, qualcuno approfittava dei fiumi d’alcol offerti nelle esclusive feste di Los Angeles per rubare la statuetta a Frances McDormand, premiata poche ore prima come miglior attrice protagonista per Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
Il maldestro ladruncolo è Terry Bryant, il quale, una volta preso possesso della statuetta, decide di pubblicare un video su Facebook in cui si pavoneggia della vittoria post-verità: “Sup babies, look, my team got this tonight. Who wants to tell me congratulations? This is mine. We got it tonight, baby!” La gloria di Bryant è però durata poco. Fotografato da una giornalista del NYT nei dintorni del Governors Ball party, l’uomo è stato identificato e arrestato, mentre la statuetta è tornata alla sua legittima proprietaria.
Security at the Governors Ball are looking for this guy, who grabbed Frances McDormand’s Oscar and ran out with it. Wolfgang Puck’s photographer stopped him, got the Oscar back, and the guy disappeared back into the ball. Apparently Frances has said to let him go. #Oscars #Drama pic.twitter.com/5tlsx4Ulwt
— Cara Buckley (@caraNYT) March 5, 2018
Ma la storia dei furti di premi Oscar (in senso letterale e non figurato) è lunga quasi quanto il premio stesso. Nell’arco di novant’anni, su 3,097 premi assegnati, ne sono scomparsi 79. Le tipologie di furti sono tra le più varie, ma se da una parte danneggiano la credibilità del premio e dell’istituzione che li conferisce, dall’altra arricchiscono di aneddoti e storie il mito di Hollywood.
Il furto stesso parte da una contraddizione: l’oggetto materiale non ha un gran valore, è forgiato in britannium – una lega usata soprattutto per la produzioni di teiere – e solo successivamente placcato in oro (all’inizio del ventesimo secolo veniva usato il bronzo al posto del britannium). Il valore di produzione non supera i 400 dollari, ma quando il ladro riesce a trovare un compratore nel mercato nero la statuetta può raggiungere un valore compreso tra i 50,000 e il milione di dollari. Spesso sono gli stessi protagonisti di Hollywood ad attivarsi per recuperare le statuette: Steven Spielberg ha comprato e restituito all’Academy tre Oscar: quello vinto da Clark Gable per l’interpretazione in It Happened One Night, comprato per 607,500 dollari, quello per miglior attrice di Bette Davis in Jezebel per 570,000 dollari e sempre di Bette Davis in Dangerous per 180,000 dollari.
A partire dal 1950 nessuno dei vincitori può vendere il premio senza permesso dell’Academy — i vincitori, una volta ritirato il premio, firmano un contratto che li obbliga a offrire prima all’Academy il premio per il valore di 1 dollaro. Questo non ha ovviamente fermato malintenzionati, collezionisti o inconsapevoli scassinatori.
Una delle studiose che ha indagato con più attenzione i furti degli Oscar è Olivia Rutigliano, ricercatrice di Letteratura comparata presso la Columbia University. La Rutigliano ha pubblicato l’anno scorso un ottimo articolo per Vanity Fair HWD in cui racconta i sei casi più famosi di scomparsa: da quello di Whoopi Goldberg, spedito per una lucidatura, sparito e poi ritrovato in un cestino dell’aeroporto di Ontario, a quello di Margaret O’Brien, mai restituito dalla signora delle pulizie che lo aveva portato a casa per pulirlo e ritrovato quarant’anni dopo in un mercatino delle pulci a Pasadena — senza dimenticare il furto di 52 Oscar trafugati da un camion dell’Academy nel 2000. L’attenzione dell’Academy verso i furti è comunque efficace: delle 79 statuette scomparse, 67 sono state alla fine riconsegnate ai proprietari o riprese dalla società.
Per descrivere i furti degli Oscar con il linguaggio pertinente del cinema viene in mente il siparietto di Ocean’s Eleven in cui Reuben Tishkoff – interpretato da Elliott Gould, il Philip Marlowe di Altman – racconta sardonicamente i tentativi di derubare i casinò di Las Vegas. “He came. He grabbed. They conquered.” In cui i they, ovviamente, sono i poliziotti.
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