Cosa dice la popolarità di Emma Bonino tra i giovani sulla salute della sinistra italiana

Bonino si presenta come alfiere della serietà politica, e questo affascina molti giovani non disposti a tollerare soggetti come Di Maio o Salvini.

Cosa dice la popolarità di Emma Bonino tra i giovani sulla salute della sinistra italiana

Bonino si presenta come alfiere della serietà politica, e questo affascina moltissimi giovani non disposti a tollerare soggetti come Di Maio o Salvini, che hanno fatto della loro rusticità un punto cardine della loro politica.

A capodanno +Europa non era nemmeno sicura di potersi presentare alle elezioni. Oggi è il miglior alleato del Partito democratico, con un consenso in costante crescita, soprattutto tra gli elettori più giovani. +Europa è capitanata da un volto riconoscibile, di grande e meritato prestigio in Italia in Europa, con una lunghissima storia politica: Emma Bonino, uno degli esponenti più in vista di quello che fu il Partito radicale, noto per le sue storiche battaglie su diritti civili come l’aborto e il divorzio. La relazione di Bonino con Matteo Renzi non è cominciata con rose e fiori: dopo essere stata ministra degli Esteri del Governo Letta, per quella carica Renzi le aveva preferito Federica Mogherini, una volta silurato l’esecutivo del suo compagno di partito.

Il segretario Pd però si è ricordato di lei dopo il clamoroso fallimento dell’operazione Pisapia che, ritirandosi dalla competizione ai primi di dicembre, gli aveva fatto perdere un elemento prezioso della propria strategia elettorale: un partito guidato da un personaggio di riferimento per una sinistra liberale, con una posizione forte sui diritti civili, in grado di pestare i piedi al progetto che sarebbe diventato Liberi e Uguali.

Si potrebbe pensare, visto che è un partito il cui scopo nella coalizione è erodere voti alla sinistra del Pd, che proponga un programma più di sinistra rispetto a Renzi. Niente di più diverso: a livello economico, Emma Bonino e la propria formazione sono schierati su posizioni neoliberiste e pro austerità. Ecco uno stralcio del programma, consultabile online e molto ben presentato:

I settori ancora non sufficientemente aperti alla concorrenza, dai trasporti all’energia, dai servizi pubblici locali alle professioni, vanno progressivamente liberalizzati.

+Europa è uno degli ultimi alfieri dell’austerità senza compromessi, spingendosi a proporre un blocco della spesa pubblica nominale per i prossimi cinque anni. Il partito è inoltre favorevole a ulteriori sgravi fiscali per le imprese da coprire aumentando l’IVA e reintroducendo l’IMU sulla prima casa. La prima proposta, in particolare, graverebbe in modo pesante sui ceti meno abbienti, rischiando di acuire le differenze sociali e bloccare i consumi.

Abbiamo chiesto ad alcuni giovani elettori di +Europa perché hanno scelto di affidare il proprio voto ad Emma Bonino.

“Sinceramente voto +Europa un po’ per votare Pd senza votarlo, ed un po’ per le politiche pro diritti civili che la componente radicale all’interno del partito può portare avanti,” ci risponde Riccardo, 24enne di Milano.

Francesca, milanese di 27 anni:

“La questione per me è: sono sempre stata sostenitrice di un cambiamento verso un sistema maggioritario non puro. Credo sia fondamentale per avviarsi verso una competizione tra partiti più sana. In definitiva credo serva un solido sistema per combattere le fake news che in Italia potrebbero in futuro avere un impatto ancora maggiore che negli Usa, visto che i partiti che hanno responsabilità di governo ne sono costantemente minacciati. Con un sistema maggioritario si eviterebbero campagne elettorali come questa, in cui i programmi contano meno di zero perché in definitiva non si sa chi governerà né con che alleanza. Non voto Renzi perché sono convinta che dopo fallimento del referendum abbia fatto male a restare dov’è. Economicamente, credo di essere neoliberista.”

Francesca ci dice anche che alle scorse elezioni ha votato la coalizione Italia Bene Comune. Lo slittamento è meno drastico di quanto sembri: il centrosinistra contemporaneo ha di fatto cancellato dai suoi programmi battaglie per i diritti economici e sociali, per presentarsi poi come progressista esclusivamente in base alla difesa e alla promozione dei diritti civili. Che è un’istanza legittima e sacrosanta, beninteso, ma che separato da una proposta giuslavorista ragionata appunto costituisce uno slittamento politico rilevante.

Il conservatorismo fiscale traspare anche dalla politica di +Europa riguardo alla scuola:

“Criteri di valutazione da estendere anche ai dirigenti scolastici, efficacia dei meccanismi premianti, soddisfazione degli utenti. Ogni scuola deve ricevere obiettivi formativi e essere valutata sulla base del progresso verso questi obiettivi. L’alternanza scuola-lavoro va rafforzata e resa stabile con un sistema di valutazione che innalzi la qualità dei percorsi, tutor territoriali che aiutino le scuole a incontrare le imprese e nuovi investimenti su laboratori aperti nel territorio.”

“Le università migliori — individuate secondo parametri che includano la quantità e la qualità della produzione scientifica e valorizzino la reputazione acquisita tra gli studenti — devono beneficiare di maggiori risorse, mentre le università peggiori andranno penalizzate.”

Sono fronti su cui i governi di Renzi e Gentiloni poi sono stati aspramente criticati dalla sinistra: dai test Invalsi alla famigerata alternanza scuola-lavoro. Completamente estranea alla retorica progressista è anche questa visione distorta del criterio di meritocrazia applicato alle università, che intende in sostanza accentrare la cultura e il sapere accademico in pochi poli — in sostanza, i grandi capoluoghi, soprattutto del nord — per dimenticarsi dei luoghi più svantaggiati. Che forse, non avrebbero bisogno di penalizzazioni — intenzione addirittura dichiarata senza mezzi termini! — ma di un programma di investimenti efficace e ponderato.

Abbiamo raccolto anche il parere di Alberto, milanese di 23 anni:

“Sono al quinto anno di medicina alla statale e alle scorse elezioni ho votato SEL. Quest’anno voterò +Europa per due motivi principali: il programma e la dispersione del voto. La cosa che mi ha maggiormente colpito del programma è l’assenza di una vera e propria promessa elettorale, quanto invece la presenza di un’analisi approfondita sulle problematiche italiane. +Europa non sta promettendo di abbassare le tasse o di chiudere le frontiere, non promette nuovi posti di lavoro o un bonus di 80 euro, quanto sembra voler agire su questi temi senza fare demagogia. Anche in televisione Emma Bonino non porta dati su manovre pubbliche o assurde promesse di pensioni d’oro, quanto sembra invece una voce posta ad evidenziare i problemi attuali e a ragionare su questi in maniera semplice. È una persona che mi ha convinto sia da un punto di vista umano che politico.

Inoltre naturalmente non voglio disperdere il voto e non voglio fare in modo che la frammentazione della sinistra lasci campo libero né alla coalizione di centro destra (rabbrividisco al pensiero di Salvini a palazzo Chigi) né ai 5 Stelle (che trovo invece tragicamente impreparati). La retorica dell’unica alternativa possibile ha effetto su di me, ma penso che per fortuna quest’anno all’interno dell’unica alternativa possibile vi sia qualcosa di meglio del primo partito, sia ideologicamente che come persone. Sento tante persone che dicono che voteranno PD “turandosi il naso”: penso che ci sia la possibilità di mandare un messaggio di cambiamento e di stacco rispetto alla scorsa legislatura votando +Europa e facendo sentire una voce diversa.”

+Europa è dato dai sondaggisti negli ultimi giorni di campagna elettorale intorno al 3,5%. Questo successo è anche dovuto a una buona campagna elettorale, tutta incentrata sul volto efficace della leader Bonino, innestato su una comunicazione oggettivamente ben studiata — a differenza, ad esempio, di quella di Liberi e Uguali, che nonostante le proposte progressiste non solo in campo civile ma anche in campo economico non sembra sia riuscito a far presa tra i giovani di centro sinistra. Bonino si presenta come alfiere della serietà politica, e questo affascina moltissimi giovani non disposti a tollerare soggetti come Di Maio o Salvini, che hanno fatto della loro rusticità un punto cardine della loro politica.

La politica contemporanea è caratterizzata da una grandissima desensibilizzazione sui temi economici e sociali. Chi è nato dopo il 1990 non conserva che sporadiche memorie della difesa a spada tratta dell’articolo 18, con battaglie politiche che infiammarono i primi anni 2000, e tutto quello che sa della sinistra operaia gli arriva necessariamente di seconda mano. Non sorprende, insomma, che molti elettori giovani siano attratti da qualcuno che si presenta come ragionevole quando dice che l’austerità è l’unica politica possibile nella testa delle persone serie — anche quando lo fa nel contesto di una forza che si inquadra nel contesto del centrosinistra.